- Cuffaro e Lombardo si preparano alle prossime sfide, per prima quella delle imminenti europee che segneranno il vero livello di diffusione di alcuni partiti che oggi in Sicilia uniti contano più del 23 per cento
- Lo spunto per cominciare a fare i conti e testare alleanze lo ha dato il dopo Berlusconi che per i gattopardi di Sicilia è un’occasione per intuire come piazzarsi in un centro che vuole essere alleato della destra di La Russa
- «Stiamo lavorando da un po’ di tempo per rimettere insieme i frammenti dei moderati di Noi per l’Italia, la mia Dc, l’Udc di Cesa e Forza Italia», dice Cuffaro
Entrambi da tempo impegnati nella politica sono oggi alleati, ma con due idee parallele che forse non si incontreranno mai. Sono però entrambi maestri nell’arte della “annacata” politica (dondolata), tipicamente siciliana, caratterizzata da passi indietro e di lato, come a volersi fare da parte per poi tornare prepotentemente al Centro, dove, d’un tratto, te li ritrovi di nuovo a dettare linee e indirizzi. Ad accomunarli non è poi neanche quella professione che mai hanno esercitato, quella del medico, ma, al contrario, quella dell’amore per la terra. Entrambi proprietari di appezzamenti che dimorano sperduti tra la calura e l’aria umida della Trinacria, si dilettano ad affondare le mani nella nuda terra per far germogliare le loro piante e allo stesso tempo le loro idee.
Traendo spunto dai gattopardi grandi latifondisti del passato, affondano la zappa, piantumano e aspettano che la terra dia loro i frutti sperati. Anche un altro governatore, Nello Musumeci, oggi ministro meloniano al Mare e alla Protezione civile coltiva la stessa passione per la terra in quel di Militello, paese barocco dell’assolata piana di Catania, dove Musumeci prima di sfondare nella politica ha fatto il bancario e anche il giornalista di paese.
Stiamo parlando di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, entrambi ex governatori siciliani e oggi indicati tra i nuovi gattopardi di Sicilia, due irriducibili della diaspora democristiana sicula che hanno avuto vicissitudini giudiziarie di non poco conto.
I protagonisti
Il primo, il ras di Raffadali, è stato condannato a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. È stato anche interdetto e poi alla fine, riabilitato. Oggi Totò Cuffaro guida da segretario nazionale la nuova Dc che a Catania ha ottenuto una percentuale di tutto rispetto, quel 6,75 per cento – ci tiene lui stesso a precisare – che gli ha permesso di piazzare un suo assessore di peso al Bilancio e alle partecipate.
Cuffaro si rende anche simpatico. Come dimenticare la sua ultima gaffe, quando, recentemente, a una tv locale per parlare di un sogno e parafrasando Martin Luther King ha detto «I have a drink», confondendo «dream» con un bel bicchiere di vino.
L’altro, il Raffaele sotto l’Etna, psichiatra mancato, ma scaltro e grande mente manipolatrice, si è incuneato tra i meloniani ed è riuscito a piazzare due assessori nel capoluogo etneo. Uscito fuori totalmente assolto dopo 13 anni dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ha deciso di rimanere al momento nell’ombra.
Ma come un grande burattinaio ha piazzato le sue pedine al posto giusto tornando ad essere un protagonista della vita politica siciliana. Mica roba da niente visto che con le sue liste che hanno rastrellato il 17 per cento dei voti è tornato ad essere il vero vincitore politico di Catania e dintorni. Entrambi adesso si preparano alle prossime sfide, per prima quella delle imminenti europee che segneranno il vero livello di diffusione di alcuni partiti che oggi in Sicilia uniti contano più del 23 per cento.
Laboratorio nazionale
Lo spunto per cominciare a fare i conti e testare alleanze lo ha dato la scomparsa di Silvio Berlusconi che se per alcuni ha scompaginato le carte in un centrodestra ancora attonito, per altri, e soprattutto i gattopardi di Sicilia, suona come una ghiotta occasione per intuire come piazzarsi in un centro che vuole essere alleato della destra di La Russa, ma senza apparire subalterni o cagnolini fedeli. Anche in Sicilia dove il presidente del Senato Ignazio La Russa (“Gnazio”, per gli amici) ha messo le mani in pasta, guidando tutte le ultime operazioni di Fdl e della coalizione, dalla nomina del governatore Renato Schifani sino alla cavalcata del centrodestra etneo per l’avvocato Enrico Trantino, Lombardo e Cuffaro vogliono dire la loro.
Lombardo però, alla richiesta di incontro per svelare le carte, preferisce non rispondere. Si limita a far dire al suo addetto che non intende rilasciare dichiarazioni. Salvo qualche settimana prima farsi intervistare da una testata locale alla quale a lasciato intendere che il suo Movimento autonomista (L’Mpa) «È decisivo. Quindi il centrodestra rifletta».
Sul dopo Berlusconi Lombardo si è già espresso e ha dichiarato che «È impossibile una Forza Italia senza Berlusconi e non penso che ci saranno altri Berlusconi che si impegneranno. Si dovrà discutere anche perché abbiamo le elezioni europee e non c’è dubbio che dovremo dare un segnale forte in Sicilia anche all’interno della maggioranza del governo regionale». Quindi il fine Raffaele ha inviato un segnale al governo Meloni, aggiungendo che «Non sarà facile riorganizzare una formazione liberal democratica di centro, alleata con la destra, alla luce degli ipotetici scenari del palcoscenico politico dopo la scomparsa del leader di Forza Italia».
Parla l’eterno Totò
Più incline a parlare è, invece, Totò Cuffaro che di getto, riferendosi a Lombardo, dichiara: «Con lui non si sa mai cosa pensi quando parla, ma è chiaro che sta tastando il terreno per preparare la sua candidatura alle europee». Quanto al dopo Berlusconi, l’ex governatore dice chiaramente che da leader della nuova Dc sta già lavorando per una grande coalizione di centro che sia alleata alla destra, ma senza servilismo: «Stiamo lavorando da un po’ di tempo per rimettere insieme i frammenti dei moderati di Noi per l’Italia, la mia Dc, l’Udc di Cesa e Forza Italia. Noi riteniamo che tra i moderati vada ricompreso anche l’Mpa di Lombardo. Quindi in Sicilia puntiamo a una aggregazione di queste varie anime di Centro che cammini accanto al centrodestra. Ora se troveremo la possibilità di metterci insieme a livello nazionale a questo punto potremmo andare tutti insieme sotto la sigla del Partito popolare europeo. E in Sicilia se a questa unione di centro dovesse partecipare anche l’Mpa saremmo vicini al 40 per cento».
È questo il sogno di Cuffaro che aggiunge: «Dobbiamo giocarci la nostra partita perché rimanere autonomi non paga. E mi riferisco anche a Lombardo con il quale il ragionamento è aperto e se ci dovesse essere il Ppe allora anche lui potrebbe far valere le sue ragioni all’interno di questa unione. Quanto a noi se non riusciremo a fare il Ppe allora continueremo a presentarci da soli con la Dc, facendo una battaglia di testimonianza».
Sull’invito a Forza Italia a compattarsi nel Centro arrivano le parole del coordinatore azzurro in Sicilia, l’assessore regionale al Bilancio, Marco Falcone. «Ognuno la pensi come vuole. Le ipotesi su una grande unione di Centro sono tutte parole e chi spera questo rimarrà deluso. Noi di Forza Italia anche in Sicilia rimaniamo fortemente ancorati nel centrodestra».
Cuffaro si sofferma infine sulla polemica tutta siciliana sul suo appoggio al sindaco di Palermo Roberto Lagalla insieme a Marcello Dell’Utri e chiarisce: «Non mi pare affatto che Lagalla abbia preso le distanze, tant’è che noi oggi siamo al governo di Palermo con i nostri quattro consiglieri comunali e il nostro assessore. Lagalla ha chiarito che essere in maggioranza non significa che dettiamo a lui delle disposizioni. Quanto a Dell’Utri non so neanche cosa c’entri, non ha mai fatto politica in Sicilia». E si congeda con una battuta sui gattopardi: «Il gattopardo siciliano credeva in alcune cose, le difendeva e le portava avanti raccogliendo i fili della sua storia senza per questo cedere a tentennamenti e a nuovi scenari. Noi della Dc crediamo in alcuni valori in Sicilia che intendiamo portare avanti. L’idea che “tutto cambi perché nulla cambi” non ci appartiene. Noi siamo perché le cose vere in cui crediamo non debbano cambiare, ma devono essere difese e tutelate, come la famiglia in senso tradizionale che deve essere difesa nel suo diritto naturale», dice.
Secondo Cuffaro, inoltre, «se si cambia l’idea di famiglia accade una cosa che noi non condividiamo. E potremmo dire lo stesso nella politica. Il sistema uninominale ha cambiato la politica per quel che mi riguarda in peggio. Venivamo da un sistema proporzionale. Se avessimo difeso il vecchio sistema non è vero che oggi saremmo a questo punto. Quindi non è vero che quando tutto cambia tutto resta per com’è… Quando si cambia si va incontro a cose che non sempre sono migliori di quello che abbiamo lasciato».
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