Alla vigilia delle elezioni si parla sempre dell’astensione, analizzando previsioni ed elencando i motivi che potrebbero spingere elettori ed elettrici ad andare al mare, come disse una volta Bettino Craxi.
Alla vigilia di queste elezioni europee, le preoccupazioni sono molte. Ma che cosa direbbe un astensionista razionale, cioè una persona che volesse difendere con argomentazioni razionali la propria scelta di non andare a votare?
Le ragioni del non voto
Forse direbbe questo: «Votare è un costo e spesso non vale la pena di pagarlo, anche assumendo che eleggere uno o l’altro candidato o candidata vada a favore dei miei interessi. Come minimo, infatti, per andare a votare devo perdere un po’ di tempo per informarmi, andare alle urne, e così via. Tempo nel quale potrei fare altre cose utili o piacevoli. Ora, anche in un’elezione proporzionale come saranno le prossime europee, possono succedere tre cose. Il candidato o la candidata che vorrei votare saranno eletti anche senza il mio voto. Oppure non saranno eletti, nonostante il mio voto. Oppure ancora, saranno eletti proprio grazie al mio voto, che risulterà quello decisivo. Ma la terza ipotesi è molto improbabile. Siccome negli altri due casi il mio voto da solo è inutile o ridondante, tanto vale che vada al mare. Tanto, il mio candidato o vincerà comunque o perderà comunque. Non andando a votare, non perdo nulla e guadagno una giornata al mare».
Il voto conviene
Contro l’astensionista razionale si possono dire varie cose. I candidati che vincono con una larga base elettorale hanno più efficacia o prestigio. Quindi, ti conviene andare a votare per il tuo candidato anche se il tuo voto non è decisivo per farlo vincere. E forse chi perde di poco ha più potere di opposizione rispetto a chi raggranella pochissimi voti. Per cui, meglio andare a votare anche se il tuo voto non sarà sufficiente.
E, peraltro, votare non è importante solo per determinare l’elezione di un candidato o una candidata.
Votando si esprimono idee, visioni della vita, adesioni a certe politiche. Il voto ha valore simbolico, e quindi qualsiasi voto è importante, come esercizio di libertà di pensiero. Inoltre, votare è un dovere civico e chi non lo fa mostra un colpevole disinteresse. Non votando ci si rende complici di eventuali malefatte che verranno commesse dai politici corrotti che sono stati eletti grazie all’astensione.
Ma forse le armi dell’astensionista razionale si possono volgere contro chi le brandisce. Gli si può dire: «Per i candidati destinati a vincere, il voto di un singolo non è decisivo solo se la maggior parte degli altri elettori va a votare, perché ci sono già tanti voti a favore di quei candidati. Per i candidati destinati a perdere, il voto singolo non fa la differenza solo se pochi voti andranno comunque a quel candidato, perché la maggior parte degli altri elettori voterà per altri o non andrà a votare. In altri termini, non conviene andare a votare se molti ci andranno o se ci andranno troppo pochi. Ma come fai a sapere quanti altri elettori ed elettrici andranno a votare e quanti per il candidato che voterai tu? Ti fidi così tanto dei sondaggi?».
Rischio Tafazzi
L’astensionista razionale può permettersi di andare al mare solo se è ragionevolmente sicuro di non trovare in spiaggia molti degli altri che sostengono il suo candidato. In caso contrario, rischia di perdere l’occasione di fare la differenza, e magari di fare eleggere l’unico candidato che difenderà i suoi interessi.
D’altra parte, se l’astensionista non va a votare perché pensa che il suo candidato sia perdente, e questo lo pensano pure gli altri (magari nella sua bolla, fra i suoi amici), magari influenzati da lui, allora aumenta la probabilità che veramente il suo candidato preferito perda.
In tutti i casi, insomma, non votare è molto rischioso: rischia di avere costi superiori ai guadagni. Nessun singolo voto è decisivo. Ma nessuno può mai essere sicuro che il proprio voto non sia quello decisivo. La razionalità dell’astensionista è irrazionale, in realtà. Il furbo astensionista si rivela l’ennesimo Tafazzi.
Si può dire che anche l’astensione è un voto, un’opinione, e continuare a citare il Saggio sulla lucidità di José Saramago. Ma, se, come abbiamo detto, votare è spesso l’unico modo di fare la differenza, insieme agli altri cittadini, l’unica cosa da dire all’astensionista razionale è che il suo è un calcolo sbagliato.
Quale che sia il nostro candidato preferito, il nostro partito, l’Europa che vogliamo, dovremmo andare a sceglierlo al seggio.
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