- Tra tutti gli eurodeputati Pd ce n’è solo una che durante la competizione interna si era schierata con Elly Schlein, e che ora rientra nella cerchia più ristretta della segretaria. Ci si può aspettare perciò che Camilla Laureti – così si chiama l’unica schleiniana d’Europa – sia una figura di rottura, di sinistra spinta, radicale.
- E invece: «Disruptive io? No!», dice lei, incarnazione della regola aurea che in politica le aspettative sono un’illusione da principianti. «Mi ritengo una moderata». Di dirompente c’è solo l’ascesa europea: da prima dei non eletti a capodelegazione ombra di Schlein.
- Per il resto la moderazione traspare in tutto, compresa la visione per le europee: non è neppure una visione. Come vede l’Europa dal 2024, e le coalizioni? «Bisognerà vedere i numeri», dice. Intanto è partita la contesa per le liste.
Tra tutti gli eurodeputati Pd ce n’è solo una che durante la competizione interna si era schierata con Elly Schlein, e che ora rientra nella cerchia più ristretta della segretaria. Ci si può aspettare perciò che Camilla Laureti – così si chiama l’unica schleiniana d’Europa – sia una figura di rottura, di sinistra spinta, radicale.
E invece: «Disruptive io? No!», dice lei, incarnazione della regola aurea che in politica le aspettative sono un’illusione da principianti. «Mi ritengo una moderata».
Di dirompente c’è solo l’ascesa europea: da prima dei non eletti a eurodeputata, subentrata a Sassoli nel 2022; poi da ultima arrivata a capodelegazione ombra schleiniana, ora anche in segreteria – alle Politiche agricole – e punto di riferimento in Ue per Schlein.
Per il resto la moderazione traspare in tutto, compresa la visione per le europee: non è neppure una visione. Come vede l’Europa dal 2024? Solita coalizione coi popolari, o un fronte progressista? «Bisognerà vedere i numeri», dice prudente. Intanto è partita la contesa per le liste.
Dagli scout a Bruxelles
Nell’edificio di rappresentanza dell’Europarlamento a Roma, ci sono due messaggi che Laureti trasmette subito. Il primo, col viso privo di trucchi e i modi informali, è la spigliatezza. Il secondo è il suo legame genealogico con la politica.
«Ho studiato e vissuto a Roma, ma le mie radici sono a Spoleto, dove la mia famiglia paterna fa politica da sempre: il mio bisnonno ha fondato il partito socialista umbro, poi sono stati sindaci mio nonno, socialista, e mio zio, democratico di sinistra». Le cronache locali lo ricordano come il sindaco «dell’equilibrio»: un tratto di famiglia.
Camilla Laureti fa risalire i suoi inizi in politica agli scout, «perché è come iniziare a fare politica, c’è la promessa, c’è l’aiuto verso il prossimo». È il segnale di un’appartenenza al cattolicesimo democratico? O si sente più a suo agio sotto un’ala di sinistra spinta? «Un mix: non li considero due binari separati».
Mentre si laureava in Storia, «durante la campagna per Veltroni sindaco mi sono impegnata nell’ufficio stampa». Inizia una lunga fase di frontiera tra giornalismo e politica: dopo l’esperienza in una radio romana, «Marrazzo mi chiese di entrare nell’ufficio stampa. Ho iniziato così a lavorare in Regione Lazio, ma ogni volta che arrivava un governatore di destra, come Polverini, me ne andavo: non volevo lavorare per chiunque».
Nel passato non lontano di addetta stampa, Laureti ha lavorato anche per Italia Futura; se non fosse bastato lo scoutismo che evoca Renzi, questo passaggio è in comune con Calenda; ma «erano altri tempi», si schermisce lei.
Sposa il dem Gian Paolo Manzella, listino Zingaretti alle regionali Lazio 2013, assessore, poi sottosegretario nel Conte bis.
Il cursus honorum politico vero e proprio di Laureti è tardivo: «Nel 2016 al sindaco di Spoleto serviva una quota rosa e mi ha chiamata come assessora alla Cultura; nel 2018 poi mi sono candidata a sindaca. Ho perso al ballottaggio per un’ottantina di voti, sono entrata in consiglio comunale all’opposizione e dopo due anni e mezzo il sindaco è stato sfiduciato: abbiamo trovato un nome alternativo che unisse il campo largo».
Nel 2019 «il Pd Umbria mi ha chiesto di candidarmi alle europee, ho preso 47mila preferenze».
L’avamposto di Schlein
Subentrata in Europarlamento dopo la morte di Sassoli, diventata pure vicecapodelegazione, Laureti si è trovata in una posizione singolare: «Non solo tra gli eurodeputati, anche nella classe dirigente umbra sostenere Schlein è stato una rarità». Al Pd «serviva una carica diversa, e sarebbe stata cruciale anche per il nostro ruolo nei socialisti europei: mi sono schierata con Elly prima ancora di conoscerla».
La posizione singolare diventa ora posizione strategica. Laureti non nega che le piacerebbe un altro mandato in Ue, e con l’intera squadra - compreso il capodelegazione Benifei – schierata alle primarie per Bonaccini, lei può giocarsi il ruolo di avamposto schleiniano.
Ma non lo usa come leva per lanciare sfide interne o predicare rotture: insiste semmai sul «dialogo con le varie anime del partito», sollecitata sulle discontinuità rivendica piuttosto convivenze pacifiche.
Ora ci sono almeno due partite cruciali legate al voto 2024: una è quella delle liste; «Elly tornerà a Bruxelles a fine maggio, c’è anche Provenzano in segreteria con la delega europea, si deciderà insieme».
L’altra sfida riguarda le alleanze: pensa, come la capogruppo socialista García Pérez, che sia ancora da tentare il matrimonio coi popolari, pur vicini a Meloni? O come la leader della sinistra Aubry lancerebbe un fronte ecologista di sinistra?
Laureti qualche speranza sul Ppe sembra ancora coltivarla: precisa che «la vicinanza a Meloni è praticata soprattutto dall’area weberiana». Niente fronte progressista, niente visione alternativa? «Bisognerà vedere i numeri», dice: «Ora noi socialisti siamo il secondo gruppo, ma se fossimo il primo...».
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