Secondo le proiezioni il partito che fu di Willy Brandt è avanti. Gli spettri della Turingia e della Sassonia oggi appaiono un po’ meno cupi
L’ultimo concerto brandeburghese si conclude, per ora, con la prima battuta d’arresto della marea nera in Germania. Al termine di una corsa elettorale al cardiopalma, nella quale sembravano essere in gioco i destini di tutto il paese, questa volta le urne tedesco-orientali portano un primo sospiro di sollievo (condizionato e a solo a tempo) del cancelliere Olaf Scholz, una clamorosa rimonta dei socialdemocratici locali in barba al precipizio nei sondaggi nazionali e un’ultradestra dell’AfD che pur raggiungendo di nuovo un risultato-monstre si deve accontentare del secondo posto. Ebbene sì, secondo le proiezioni, il voto nel Brandeburgo vede il partito che fu di Willy Brandt, la Spd, prima forza politica del grande Land dell’ex DDR che circonda Berlino, con il 31,8 per cento dei consensi, mentre l’ultradestra – pur crescendo di oltre sei punti rispetto alle elezioni del 2019 – si ferma poco sopra il 29 per cento. Gli spettri della Turingia e della Sassonia oggi appaiono un po’ meno cupi.
I meriti del governatore
Su una cosa sono però tutti d’accordo, a Potsdam – capitale del Brandeburgo – come a Berlino: la “remuntada” dell’Spd è innanzitutto merito del governatore uscente Dietmar Woidke, che ha costruito la rincorsa su una strategia fondata sul prendere le distanze da Scholz, dal partito nazionale e dal governo cosiddetto “semaforo” (Spd più Verdi e liberali), i cui consensi nei sondaggi degli ultimi mesi sono precipitati negli abissi di uno scontento che attraversa diagonalmente tutte le fasce sociali e che ha trovato terreno fertile soprattutto nell’ultradestra, che – anche via social media – è stata molto efficace nel cavalcare tutte le pulsioni più feroci della xenofobia, senza rinunciare all’armamentario estremista che l’hanno fatta “attenzionare” permanentemente dai servizi segreti.
Da parte sua, Kevin Kuehnert, segretario generale dell’Spd, subito alle prime proiezioni riconosce che «Woidke è riuscito a mettere a segno una risalita furiosa dei consensi». E lo stesso Woidke, anche lui a urne ancora calde, mostra di non aver perso l’abitudine a parlar chiaro: «Il nostro obiettivo era che il nostro Land non avesse un grosso marchio marrone» (intende le camicie brune dei nazisti, ndr). Nondimeno, rimane tutto da vedere se il “concerto brandeburghese” scongiuri quello che la Zeit ha chiamato «l’effetto Biden» per Scholz: ossia la possibilità che la Spd decida di cambiare candidato alla corsa per la cancelleria in vista delle elezioni federali del 2024.
Tra i socialdemocratici la tentazione di presentarsi alle urne tra un anno con un nome diverso da quello dell’attuale cancelliere è altissimo, si parla di riunioni più o meno carbonare dove gli ultimi sondaggi sul gradimento di Scholz passano di mano in mano: secondo Politbarometer, la popolarità del cancelliere rimane inferiore a quella di tutti gli altri candidati. A cominciare da Friedrich Merz, leader della Cdu (partito che dopo il voto regionale ha chiesto elezioni anticipate), fino al capo dei liberali, Christian Lindner. Inferiore persino a quella del leader nazionale dell’AfD, Tino Chrupalla. «Le prossime elezioni saranno salvabili solo senza Scholz», è il mantra che si sente ripetere a Berlino. Perché se è vero che il primo stop all’ultradestra – dopo le elezioni-tsunami in Sassonia e in Turingia – è targato Spd, è altrettanto vero – e riconosciuto pure alla Willy Brandt Haus – che il successo di oggi ha il volto di Woidke.
Le coalizioni
C’è poi l’intricatissima cabala delle coalizioni. Dato che tutti gli altri partiti hanno escluso di potersi alleare con l’AfD, stando ai sondaggi sembrava che rimanesse praticamente solo carta BSW per evitare il gorgo dell’ingovernabilità: stiamo parlando del partito personale dell’ex leader della Linke Sahra Wagenknecht, che ha conquistato almeno il 12 per cento incarnando da una parte le paure dei tedeschi scatenate dalla guerra in Ucraina e con esse le suggestioni di un dialogo con la Russia, dall’altra rubando all’AfD l’esclusiva dei timori verso quella che chiama un’immigrazione «senza controllo». Tutto dipenderà dalla conta finale: se i Verdi riusciranno a rimanere sopra la soglia del 5 per cento, la coalizione uscente formata da Spd, Cdu e ambientalisti potrebbe continuare il proprio lavoro. Altrimenti, sarà la formazione dell’ex pasionaria rossa Wagenknecht l’ago della bilancia: e non sarà semplice trovare la quadra sull’Ucraina.
Brandeburgo, regione dei paradossi: qui l’economia è in crescita, ma non lo sono gli stipendi medi. È anche il Land con uno dei tassi d’immigrazione più bassi, eppure la paura degli stranieri ha avuto la parte del leone nella corsa dell’ultradestra. È anche la regione che per 34 anni è stata governata dai socialdemocratici: ed è qui che la Germania riesce, per la prima volta da mesi, a resistere alla marea nera dell’ultradestra.
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