I sondaggisti danno il partito di estrema destra al 32 per cento in Sassonia e al 30 per cento in Turingia. Finora il muro di fuoco contro di loro aveva retto, a parte collaborazioni spot con la Cdu. Ora non è più detto
Sintomi da “elezioni del destino”, come le chiamano i giornali tedeschi: l’ultima campagna pubblicitaria della più grande catena di supermercati della Germania, la Edeka, è costruita intorno allo slogan «Ecco perché da noi il blu non è disponibile». Ebbene, il blu nel paese di Goethe e Beethoven sta per AfD, il partito dell’ultradestra. E il riferimento, quasi esplicito, è al voto di oggi in Sassonia e in Turingia.
Sul manifesto sono ritratti vegetali verdi, frutta rossa come pomodori, banane gialle, rappresentative per tutte le altre forze politiche, dalla Spd di Olaf Scholz agli ambientalisti di Robert Habeck e Annalena Baerbock. «I blu sono la maggiore minaccia per una società plurale: noi amiamo la diversità», conclude Edeka. Un altolà drammatico arriva anche dal presidente dei vescovi tedeschi: «I partiti di estrema destra come l’AfD non possono essere eletti dai cristiani», ha affermato in un’intervista al Tagesspiegel il capo della conferenza episcopale tedesca, Georg Bätzing, «perché i loro programmi contraddicono i principi cristiani fondamentali, la dignità umana, la carità e la solidarietà cristiana».
Che in una doppia elezione regionale come quella di questa domenica si pronuncino finanche i supermercati e i vertici della chiesa la dice lunga sul clima che si respira in Germania.
Gli ultimi sondaggi sono spietati: stando a un rilevamento dell’istituto Insa, AfD – che, com’è noto, è sotto indagine presso il Verfassungsschutz, ossia l’intelligence interna tedesca – potrebbe conquistare il 32 per cento dei consensi in Sassonia e il 30 per cento in Turingia, mentre i partiti attualmente al governo a livello nazionale (la cosiddetta “coalizione semaforo” formata da socialdemocratici, Verdi e liberali) in questi due Land si troverebbero tutti e tre schiacciati intorno a un umiliante 6 per cento.
Altro vincitore annunciato della consultazione è il BSW di Sahra Wagenknecht, formazione che fonde istanze sociali di sinistra radicale con pulsioni di ultradestra (da quelle sui migranti alle simpatie putiniane): ecco, mentre la Linke – il partito della sinistra di cui un tempo Wagenknecht fu leader carismatica – appare anch’essa ridotta ai minimi termini, il neo movimento viaggia dal 13,4 per cento in Sassonia a un portentoso 18,2 per cento in Turingia. Per quanto riguarda i socialdemocratici, in Sassonia per la prima volta dal Dopoguerra a oggi potrebbero finire fuori da un parlamento regionale.
Il muro di fuoco e Solingen
«Le elezioni che potrebbero cambiare la Germania», incalza la Bild, il tabloid più letto dai tedeschi, e i motivi sono evidenti: per la prima volta AfD potrebbe ritrovarsi ad avere responsabilità di governo. Finora il “muro del fuoco” contro la formazione dell’ultradestra estrema aveva retto, a parte qualche voto locale e qualche tentazione di collaborazioni-spot, soprattutto in casa Cdu: proprio in Turingia, un’operazione per esprimere un governatore con i voti congiunti di cristiano-democratici e ultradestri precipitò grazie all’intervento deciso dell’allora cancelliera Angela Merkel. Ora questo potrebbe cambiare, con un’AfD prima forza in Turingia e forse anche in Sassonia.
E si profila un corto circuito: o coalizioni con l’ultradestra al proprio centro o una ingovernabilità di fatto, dato che i partiti “tradizionali” non avranno la forza di costruire alleanze prescindendo dall’ultradestra o dalla formazione (che in Italia qualcuno chiamerebbe “rossobruna”) di Wagenknecht. Non solo: due Land dell’ex Ddr governati (anche) da AfD potenzialmente potrebbero rappresentare una pesante spada di Damocle su tutti gli equilibri istituzionali in Germania, data la sua struttura federale, con una potenziale capacità di interdizione senza precedenti, una sorta di permanente inceppamento dei meccanismi parlamentari. La Germania vede nero, insomma. Anzi, blu. E l’attentato di Solingen certo non aiuta.
Mentre AfD soffia sul fuoco gridando al «multiculturalismo assassino», i tre morti uccisi e gli otto feriti alla “festa della diversità” per mano di un richiedente asilo siriano hanno scatenato una gara su tutti i possibili giri di vite in tema migrazioni anche sugli altri partiti, con il capo della Cdu, Friedrich Merz, che è arrivato a pretendere di bloccare l’accoglienza di «tutti gli afghani e i siriani».
Pure il cancelliere Olaf Scholz vuole moltiplicare rimpatri ed espulsioni, in tutto il paese si dibatte freneticamente di limitazioni all’uso delle armi da taglio, provocando le ironie di comici e satirici in tv. «L’attentato di Solingen portare un oscuramento autoritario nelle urne», afferma sulla Zeit il celebre analista politico Karl-Rudolf Korte.
Il leader
Se poi sovrapponiamo questa immagine al ritratto di Björn Höcke, controverso leader dell’AfD in Turingia, il quadro si fa ancora più inquietante. Capo dell’ala più nazionalista dell’AfD, Höcke si è visto negare per ben sette volte l’immunità parlamentare. Spesso al centro di polemiche per le sue esternazioni (anni fa provocò una bufera quando definì «una vergogna» il memoriale dell’Olocausto a Berlino), la sua corrente è stata messa “sotto osservazione” da parte di 007 e inquirenti per i sospetti di rapporti con le frange di una destra estrema ai limiti dell’eversione.
Non solo: persino i suoi discorsi pubblici sono attentamente monitorati, per la sua tendenza a inserirvi parole d’ordine e armamentario verbale che riecheggiano la retorica del Terzo Reich.
Molto presente sui social ma quasi assente dai tg (mercoledì scorso ha annullato all’ultimo momento un’intervista con la televisione pubblica accampando “motivi di salute” che non gli hanno impedito di riprendere subito la campagna elettorale), Hoecke è stato definito “neonazista” dal governatore sassone Michael Kretschmer.
Dal punto di vista mediatico è il contrario di Sahra Wagenknecht: sempre a detta di Korte, quest’ultima ha un «mandato da talk show», dove negli anni ha costruito con attenzione la propria popolarità. «Il suo movimento è una piattaforma elettorale, che non conosce il classico lavoro di un partito, bensì agisce in modo plebiscitario e diretto. Si nutre di un’aura protestataria fatta di risentimenti ma all’elettorato appare meno radicale dell’AfD», ragiona sempre il politologo Korte.
Questo fa sì che potrebbe entrare in gioco come possibile alleato nelle coalizioni inedite – date il rivoluzionamento dei rapporti di forza – che si profilano nei due Land. Visto che Wagenknecht stessa esclude di poter governare con l’AfD (ma non esclude la possibilità di accordi su temi specifici), per esempio in Sassonia si fa strada l’ipotesi di una “coalizione delle more” (dal colore dei rispettivi partiti), ossia formata da Cdu (nero), movimento Wagenknecht (viola) e rosso (Spd).
Certo, il moltiplicarsi delle ombre di una crisi economica che pendono sulla “locomotiva d’Europa” non aiuta. L’istituto Ifo ha certificato un crollo nella fiducia delle imprese, il Pil nel secondo trimestre si è ridotto allo 0,1 per cento e se continua così nel terzo, la Germania è ufficialmente in recessione. Ecco perché c’è allarme tra economisti e aziende: stando ad un rapporto dell’Istituto per l’economia mondiale (Ifw), il 60 per cento delle aziende tedesche si dice estremamente preoccupato della prospettiva di un’assunzione di responsabilità di governo da parte di AfD e BSW. Ed ecco spiegata anche la colorata pubblicità dei supermercati Edeka.
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