Il Front populaire ha vinto ma non basta a governare: per i partiti che formano l’unione queste sono ore di incontri frenetici. La promessa è di indicare un candidato premier entro la settimana. La sfida è tenere insieme chi ostacola il dialogo – come Jean-Luc Mélenchon – e chi in nome del dialogo sacrificherebbe il resto. Ecco i personaggi chiave per il Fronte, dalla sinistra verso il centro.

Mélenchon: l’ala dura

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Contro negoziati e compromessi: questa è la linea del fondatore della France Insoumise, dettata non appena sono usciti i risultati. «Nessun sotterfugio, nessun accrocchio o combinazione sarebbe accettabile»: solo un governo in capo al Front populaire. «Nessun compromesso sul programma», ha insistito il suo fedelissimo Manuel Bompard, coordinatore degli Insoumis.

Fosse per Jean-Luc Mélenchon, sarebbe lui il premier. Fosse per gli altri della coalizione, no. Sempre il primo a rilasciare dichiarazioni, Mélenchon si comporta da leader del Fronte, che è ben più composito e trova in lui forza e debolezza. Nel 2022, quando le componenti di sinistra si erano presentate sparigliate alle presidenziali, erano stati i francesi – indirizzando su Mélenchon il loro voto utile – a indicare l’urgenza di una unione, poi materializzatasi alle legislative di quell’estate con la Nupes, l’unione antesignana del Fronte.

Gli Insoumis restano la componente più votata del Fronte, e il populismo radicale di Mélenchon mobilita. Ma è anche facile bersaglio di macroniani e destrorsi che provano a demonizzare la sinistra. Il leader presta il fianco a queste strumentalizzazioni quando opera in modo dispotico nel suo stesso partito: aver purgato le voci critiche dalle liste ha irritato pure i più leali.

Faure: il timoniere

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Il leader del Parti socialiste tenta un’operazione più complessa: non dice no al dialogo ma tenta di orientare il progetto di governo a sinistra. «No alle coalizioni tra opposti: prolungherebbero le politiche macroniane». Nel 2022 Olivier Faure ha portato i socialisti dentro la Nupes – rischiando di lasciare l’egemonia agli Insoumis – quando c’era chi non voleva saperne di unirsi a sinistra (come François Hollande).

Il leader socialista si risparmierebbe volentieri un Mèlenchon premier ma non abdicherebbe a una sinistra alla guida, e infatti ha sùbito posto tra le condizioni di stralciare la riforma delle pensioni. Alle presidenziali 2017 il partito socialista era uscito distrutto dall’èra Hollande, nel 2022 era ancillare rispetto agli Insoumis; alle europee si è ripreso, e domenica la distanza dai mélenchoniani si è accorciata.

Da Ruffin a Berger: gli aiuti

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Per ancorare il governo a sinistra aiutano le spinte della società civile, sindacati per primi: la Confédération générale du travail (CGT), orientata a sinistra e guidata da Sophie Binet, ha chiesto a Macron di rispettare la volontà degli elettori. Laurent Berger, ex leader del principale sindacato CFDT, più moderato, viene chiamato in causa da settimane come possibile nome che concili le varie anime.

Da non tralasciare il ruolo di François Ruffin: giornalista prestato alla politica, inizialmente con gli Insoumis, ha rotto con Mélenchon. Primo ad aver lanciato l’idea del Front populaire, anima a sinistra, è per gli altri del Fronte l’occasione fatta persona di mantenere un contatto con l’elettorato “indomito” facendo al contempo da contraltare a Mélenchon.

Marine Tondelier: il ponte

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Trasformata da invisibile a fenomeno mediatico del momento, la segretaria degli Ecologisti si è proiettata a nome di punta per un motivo: lei parla con tutti, e con lei tutti parlano. Pare che sia stata lei a mantenere i contatti con gli Insoumis nei momenti tesi, e ha un canale aperto coi macroniani dai giorni in cui bisognava negoziare le desistenze nei collegi.

Tondelier ha stilato una lista dei criteri per la scelta del premier che a suo dire soddisfano molti nel Fronte (e che escludono di fatto Mélenchon): «Calmare e ricucire il paese» è uno di questi, oltre a «generare consenso, avere competenza, esperienza, essere in linea col programma».

Glucksmann e i dialoganti

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«Bisogna dialogare e comportarsi da adulti». Promotore di Place publique, Raphaël Glucksmann ha rianimato i socialisti alle europee. Noto per essere a dir poco critico verso Mélenchon, si è attenuto alla linea dell’unione fino al voto. Ma il suo obiettivo – lo stesso di alcuni macroniani in cerca di futuro dopo il 2027, come Bruno Le Maire – è «creare un campo socialdemocratico». Macron si era rivolto a lui quando invocava la «federazione di progetto».

Da tener d’occhio anche la presidente socialista dell’Occitania Carole Delga, tanto ostile a Nupes e Mélenchon quanto estimatrice di Glucksmann: è l’ala centrista che coi macroniani dialogherebbe meglio; in quest’ala va incluso l’ex presidente François Hollande, che dopo essersi opposto alla Nupes ha sostenuto il Fronte facendosi eleggere deputato: difficilmente si rassegnerà a fare il soldato semplice.

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