- «Stop au mépris», basta con sprezzo e indifferenza: è uno degli slogan. Lo sciopero che il mondo della scuola realizza oggi in Francia è il più imponente da inizio pandemia, inedito per natura, ampiezza e varietà dei partecipanti. La scuola è stanca, la protesta sta diventando movimento.
- L’obiettivo è mettere in luce un paradosso: il presidente Macron, il governo Castex e lo stesso ministro dell’Istruzione Blanquer vogliono tenere a ogni costo la scuola aperta, ma allo stesso tempo non tengono affatto la scuola in considerazione.
- Non le dedicano risorse, non garantiscono la sicurezza, cambiano e alleggeriscono protocolli, scaricano su scuole e famiglie le conseguenze. «Non protestiamo contro il virus ma contro il governo», hanno risposto i sindacati al ministro quando ha provato a scrollarsi di dosso il conflitto.
«Stop au mépris», e cioè «basta con sprezzo e indifferenza»: è uno degli slogan. Lo sciopero inedito e massiccio che il mondo della scuola ha realizzato oggi in Francia ha l’obiettivo di mettere in luce un paradosso.
Il presidente Emmanuel Macron, il governo Castex e lo stesso ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer vogliono tenere a ogni costo la scuola aperta, ma allo stesso tempo non tengono affatto la scuola in considerazione. «Non protestiamo contro il virus ma contro il governo», hanno risposto i sindacati al ministro quando ha provato a scrollarsi di dosso il conflitto e ad accusare gli insegnanti di «perturbare il sistema». Il dissenso infatti non è sulla scelta di dare la priorità alla scuola aperta, ma sulla mancanza di risorse dedicate, su una cattiva o mancata gestione che lascia il mondo della scuola senza tutele e in piena confusione.
Nonostante la pandemia vada avanti ormai da due anni, la situazione che le comunità scolastiche denunciano è volatile: protocolli che cambiano di continuo e vengono comunicati la sera prima, alleggerimento delle condizioni di sicurezza, mancanza di risorse dedicate, dalle mascherine al personale, aule che ancora non sono messe in sicurezza, e il peso della gestione del caos scaricato sulle spalle di insegnanti e famiglie.
Una protesta inedita
Le cifre del governo dicono che a protestare è stato un terzo, o poco meno, degli insegnanti. I sindacati parlano di due terzi abbondanti. Discrasie sui calcoli a parte, questo sciopero del mondo della scuola è per certo il più massiccio dall’inizio della pandemia. Rimane fuori dall’ordinario per la sua ampiezza e per la sua natura.
L’esasperazione collettiva fa da raccordo tra i sindacati di orientamenti più diversi e tra professioni e ruoli. Alla grève, allo sciopero di oggi, hanno aderito più di una decina di sigle sindacali: coprono uno spettro che va dal grande sindacato critico da sempre col governo (come Snuipp) a formazioni con posizioni più moderate. Claude Lelièvre, autore di L'École d'aujourd'hui à la lumière de l'histoire e storico dell’educazione alla Sorbona, ha identificato così l’eccezionalità di questa protesta: «Non c’è stata una concertazione di sigle sindacali che poi hanno lanciato lo sciopero, ma piuttosto una adesione progressiva al movimento».
Che è «di portata storica», cioè unica, «per la varietà» dei partecipanti. Oltre agli insegnanti ci sono infatti i dirigenti e gli ispettori scolastici, gli infermieri, i ruoli più vari, e persino quote importanti di genitori degli allievi; la protesta dilaga in scuole di ogni grado, con echi pure nel mondo accademico.
La scuola svilita
A ridosso del primo lockdown Emmanuel Macron ha fissato assieme al governo la sua strategia: mantenere la scuola aperta. Sono passati quasi due anni da allora, i contagi giornalieri superano i 360mila e negli ultimi giorni – dai dati del ministero dell’Istruzione stesso – i soli casi tra studenti arrivano a 50mila, con oltre 10mila classi a casa per forza di cose.
«Non si sciopera contro il virus», ha tentato di schermirsi il ministro Blanquer. Ma chi protesta lo inchioda a cattiva gestione e mancanze: nelle scuole dopo due anni il governo non ha ancora garantito le mascherine, i purificatori d’aria, le condizioni di sicurezza. «Non abbiamo mascherine», «ce le dobbiamo pagare da soli, dobbiamo pensare noi ai tamponi», «e io guadagno 800 euro al mese», sono le testimonianze del personale scolastico. A ciò si aggiunge che il parco docenti non è stato rimpinguato per far fronte alle assenze e al carico di lavoro che aumenta: «Passiamo le ore al telefono a gestire una situazione complessa, formazione zero, il ministro non ci ascolta. La scuola si regge sulla nostra devozione ormai», racconta una maestra di una cittadina della Normandia.
Le ultime mosse confuse del governo hanno fatto da miccia a una scuola già sotto stress: il ministro ha imposto una quindicina di protocolli diversi nel giro di due anni, l’ultimo pacchetto di regole è stato annunciato a poche ore dal rientro a scuola del 3 gennaio e da allora modificato già più volte. «Non solo non protegge allievi, insegnanti e famiglie, ma disorganizza completamente la scuola», dice il sindacato Snuipp. Dopo aver complicato il quadro con miriadi di regole in caso di contatti con positivi e contagi, Blanquer ha pensato di placare la frustrazione delle famiglie alleggerendo il controllo dell’epidemia: nel protocollo che ha scatenato la grève ci si basa su autotest a ripetizione, autodichiarazioni e relativa tolleranza per i contagi.
I sindacati chiedono invece procedure sicure, non scaricate sulla buona volontà di insegnanti e famiglie, e il ritorno alla regola di chiudere la classe al primo contagio. La scuola è stanca, la protesta sta diventando movimento, il che è una grana forse per Macron e il governo, certamente per il ministro.
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