- Il viaggio di Giorgia Meloni a Bruxelles è stato preparato ben prima che la leader di FdI fosse incoronata premier. L’attuale ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, ha lavorato in modo da spianare alla leader la strada del dialogo con l’establishment brussellese, oltre che con la famiglia popolare europea.
- Questo è il primo obiettivo al quale Meloni punta già da un po’, quando si tratta di Ue: il patentino di governabilità prima, e quello di rispettabilità ora. Anche perché sulle priorità concrete dichiarate – come il caro energia – serve a poco andare a Bruxelles senza sbloccare gli ostruzionismi di Berlino. Infatti alla vigilia della trasferta europea di Meloni, il ministro Giorgetti era nella capitale.
- Ecco la guida ragionata all’agenda di Meloni, che è puntellata di incontri con i vertici delle istituzioni Ue, da Roberta Metsola a Ursula von der Leyen fino a Charles Michel.
Il viaggio di Giorgia Meloni a Bruxelles è stato preparato ben prima che la leader di Fratelli d’Italia fosse incoronata premier. L’attuale ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, ha lavorato in modo da spianare alla leader – la stessa che si sperticava in dichiarazioni di sostegno alla Polexit e che mantiene i buoni rapporti con la galassia orbaniana – la strada del dialogo con l’establishment brussellese. Basta vedere l’agenda per rendersene conto. Questo è il primo obiettivo al quale Meloni punta già da un po’, quando si tratta di Ue: il patentino di governabilità prima, e quello di rispettabilità ora. Anche perché sulle priorità concrete dichiarate – come il caro energia – serve a poco andare a Bruxelles senza sbloccare gli ostruzionismi di Berlino. Infatti alla vigilia della trasferta europea di Meloni, proprio nella capitale tedesca era il ministro dell’Economia.
Ore 16:30 – Roberta Metsola
Il primo appuntamento è con la presidente dell’Europarlamento, la nazionalista maltese Roberta Metsola. Questo è probabilmente l’incontro che meglio spiega i posizionamenti europei di Meloni: si può dire che Metsola sia in debito con Meloni, e viceversa. Dietro queste tessiture c’è, ancora una volta, l’ex democristiano Fitto. Quando Metsola, che fa parte della famiglia popolare europea, si è candidata alla presidenza del parlamento Ue, i conservatori – il cui partito è presieduto da Meloni, e di cui Fitto era capogruppo – hanno sostenuto la sua elezione. A loro volta, hanno ottenuto dai popolari il sostegno per una vicepresidenza. Il pregresso di tutto questo è stato il ruolo di FdI nel boicottare i piani di un gruppone unico sovranista. L’elezione dell’antiabortista Metsola, che non ha mai nascosto e anzi ha rivendicato i buoni rapporti con esponenti di Fratelli d’Italia come Carlo Fidanza e Fitto stesso, ha simboleggiato sia la caduta di ogni residuo di cordone sanitario da parte dei popolari a guida Manfred Weber, che il rafforzamento dei rapporti tra quest’ultimo e Fitto. Quando l’attuale ministro era dentro Forza Italia, che è nel Ppe, c’erano già rapporti, ovviamente; ma nell’ultimo anno l’interpolazione è servita a tenere in piedi un dialogo costante tra FdI e popolari. Anche sulla scelta di lasciare Bruxelles per un dicastero a Roma, è stato reso partecipe Weber. Sempre Fitto, a luglio aveva apparecchiato per Meloni un viaggio a Strasburgo, e qui, nella sede storica dell’Europarlamento, la leader aveva già avuto un bilaterale con Metsola. Alla luce di queste sintonie, il fatto che la presidente del Parlamento Ue dia man forte alla presidente del Consiglio italiana su temi come quello migratorio non stupisce per niente. Le due condividono, tra le altre cose, la retorica da falco pro armi a Kiev.
Ore 17:30 – Ursula von der Leyen
Anche la presidente della Commissione Ue, come Metsola, viene dalla famiglia popolare, e in questa fase proprio come Meloni si mostra intenzionata a cooperare. È stata tra i primi esponenti a congratularsi pubblicamente: «Sono pronta e lieta di lavorare insieme al nuovo governo in modo costruttivo», parole sue. La premier approfitterà di questo clima «cooperativo» per concordare «con la Commissione europea gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa»; il suo cruccio è anzitutto qualche ritocco al Pnrr, e il dossier non a caso è stato inserito tra le deleghe del ministro – e suo luogotenente europeo – Fitto. Quanto all’altro dossier, quello che Meloni dichiara prioritario e cioè l’energia, in realtà c’è poco da sperare: la strategia ostruzionistica del governo tedesco trova sponda in quella dilatoria della Commissione. Infatti allo scorso Consiglio Ue per l’Energia, quello del debutto per Gilberto Pichetto Fratin, la squadra di von der Leyen si è presentata per l’ennesima volta coi compiti fatti a metà, senza un disegno nitido sul tetto al prezzo del gas, che – ormai sempre più svuotato di significato – slitta al Consiglio Ue di fine novembre. Meloni si è mossa sulla scia di Draghi, e ha pure affiancato Pichetto Fratin con Roberto Cingolani consulente, ma i risultati sono finora invisibili.
Ore 19 – Charles Michel
Il fatto è che, su tetto ai prezzi, energia e debito comune, nulla si muove in Ue se non si spostano i governi, a cominciare da quello tedesco. Ecco perché l’appuntamento conclusivo è con Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo. Per negoziare, la premier italiana può giocare sul fatto che l’insoddisfazione verso le posizioni di Olaf Scholz è condivisa più che mai dal presidente francese; che infatti ha voluto subito incontrarla. Ma per smuovere i dossier – che sia sul patto di stabilità, o sulla solidarietà per i conti energetici – bisogna anzitutto andare a Berlino. Qui infatti, martedì, si trovava Giancarlo Giorgetti, a discutere con il suo omologo Christian Lindner.
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