La disillusione strategica del futuro cancelliere: «A questa America non importa dell’Europa», quindi avanti tutta sulla difesa. Così riparte l’intesa francotedesca. Il voto tedesco fa muovere l’Europa, che andrà a doppia velocità (e a destra)
La Germania è tornata e questa è già una buona notizia per l’Europa. «Entro Pasqua» ci sarà un cancelliere – non più un leader dimezzato e in crisi politica – e la coalizione sarà pure decisamente meno instabile di quanto avrebbero sognato i vari Elon Musk, J.D. Vance e Donald Trump, il cui obiettivo è sempre stato di fragilizzare Berlino e l’Europa, ancor più che di irrobustire l’AfD.
L’affiatamento esibito già in queste ore da Friedrich Merz ed Emmanuel Macron dà anche motivo di pensare che il duo franco-tedesco stia ripartendo: riparte quindi anche il motore europeo? Quantomeno a doppia velocità, c’è da scommettere di sì.
Che Europa sarà
«La mia priorità assoluta è che gli europei tornino ad andare d’accordo tra di loro», ha detto Merz. Non intendeva necessariamente un rafforzamento delle istituzioni dell’Unione, ma sicuramente una ripresa dei contatti intergovernativi e il rilancio di una riflessione strategica europea, difesa in primis. Così come il presidente francese si è assunto l’iniziativa di radunare a gruppetti i leader europei per poi andare questo lunedì alla Casa Bianca, così anche il nuovo cancelliere tedesco per prima cosa rinsalderà i rapporti con alcuni capi di governo. Per dirla tutta, a spoglio ancora in corso ha detto di stare già coltivando «contatti stretti» con molti premier. Le sue prime visite ufficiali saranno a Parigi e Varsavia, possibilmente nello stesso giorno: contatti bilaterali che formano pur sempre un triangolo di Weimar.
Gli europeisti possono tirare un sospiro di sollievo per quel che riguarda una ripresa di protagonismo politico – foriera di novità in campi come la difesa e il debito – ma è bene frenare aspettative federaliste: al momento Merz, come Macron, sembra più orientato a riprendere i rapporti bilaterali che a irrobustire la governance democratica dell’Ue. Lo scenario più realistico è quello di una «Europa a geometria variabile», in cui Germania e Francia mostreranno di tener conto dello slittamento a Est e allargheranno il motore franco-tedesco almeno alla Polonia.
Con il nuovo cancelliere, sulla difesa Macron potrà davvero andare a velocità doppia (o comunque meno lento che con Scholz). Il dinamismo non detta di per sé una direzione auspicabile: la coppia franco-tedesca, anzi il trio, aggiungendo Donald Tusk, si trova in sintonia anche sul piano di deregolamentazione dell’Ue, con tutti i contraccolpi socio-ambientali che ne conseguono. Se Macron chiede da tempo «pause regolatorie» e Tusk invoca «la rivoluzione della regolamentazione», pure Merz è sostenitore della deregulation; il suo passato da avvocato dei colossi chimici (Basf) e metallurgici si vede anche dal fatto che introietta le loro istanze (e vuol salvare i motori a combustione interna).
Non solo in tema di immigrazione, la vittoria del leader cristianodemocratico (famiglia popolare europea) consolida lo slittamento a destra dell’Unione, che era smaccato già con la nuova Commissione von der Leyen.
Disillusione strategica
La prima operazione di Merz a ridosso della vittoria è stata la disillusione: «Non si sa neppure se al vertice di giugno la Nato esisterà nella forma attuale»; lo ha ammesso esplicitamente, il leader della Cdu. Sempre stato atlantista, e persino presidente di una associazione filoatlantica (l’Atlantik-Brücke), «non avrei mai pensato di dirlo in televisione» ma «dopo le dichiarazioni di Trump degli scorsi giorni è diventato chiaro che gli americani, o almeno questa parte di americani, questo governo, siano perlopiù indifferenti alle sorti dell’Europa».
Da qui a giugno ci sarà ancora questa Nato «o piuttosto dovremo mettere in piedi il più in fretta possibile una capacità di difesa europea autonoma?»: questa «è per me una priorità e non mi faccio più alcuna illusione su quel che sta avvenendo negli Usa». Quella di Merz è a tutti gli effetti una disillusione strategica: prendere atto pubblicamente che l’Europa non può contare sugli Stati Uniti è il primo passo per emanciparsi, e l’emancipazione di cui il futuro cancelliere sta parlando è anzitutto quella della difesa.
Il suo approccio su investimenti militari e debito (sia sui freni che sugli eurobond) condizionerà inevitabilmente la postura di tutta l’Ue al riguardo (a cominciare da quella della connazionale von der Leyen, che ha avuto bisogno dell’appoggio di Merz per tentare il secondo mandato).
La difesa e Macron
Sempre quando von der Leyen era in cerca di consensi per il bis, il leader del Ppe Manfred Weber aveva già chiarito che non si poteva più contare solo sull’ombrello nucleare Usa: «Dovremmo accettare l’offerta di Macron di includere gli armamenti nucleari francesi per l’infrastruttura europea». Era gennaio, non 2025, ma 2024. Non stupisce che adesso – dopo la vittoria di Trump e dopo la propria – Merz faccia dichiarazioni affini: «Dovremo discutere con britannici e francesi se si possa estendere la loro protezione nucleare anche a noi, come il governo francese ha ripetutamente fatto presente a quello tedesco».
Macron si dice «più determinato che mai a fare grandi cose con la Germania» e l’entusiasmo è palpabile, tra i macroniani. L’intesa cordiale tra il leader della Cdu e l’Eliseo si fonda anzitutto sulle armi: l’Ue nata sulla condivisione franco-tedesca di carbone e acciaio (contro la guerra) riparte ora dalla condivisione sulla difesa. Lo si vede anche dal fatto che Merz abbia legittimato Macron prima del suo arrivo alla Casa Bianca per le ulteriori negoziazioni su Ucraina e sicurezza. «Ho discusso a lungo per telefono con Macron, che era in viaggio per Washington, e sono totalmente d’accordo con quel che dirà». Mentre i Fratelli d’Italia continuano a ripetere che Macron «ha fallito», c’è un cancelliere a Berlino.
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