Le due giornate di vertice tra i ministri degli Esteri dell’Alleanza atlantica a Praga hanno ridefinito le linee rosse, e colpire con armi Nato in territorio russo non lo è più.

Certo, il segretario generale Jens Stoltenberg ha detto che «nessuna decisione finale è stata presa», mentre per l’Italia il ministro e vicepremier Antonio Tajani insiste che «le armi italiane possono essere usate soltanto all'interno del territorio ucraino». Ma Praga – e ancor più Washington e Berlino – è una svolta.

Per ora viene configurata come circoscritta: la Casa Bianca delimita sia la porzione di territorio russo che il tipo di armi che possono essere utilizzate dagli ucraini fuori dal loro confine.

Resta significativo il cambio di atteggiamento, se si pensa che fino a poco tempo fa un’ipotesi del genere era inconcepibile per leader come Olaf Scholz, secondo il quale accettare di colpire in Russia avrebbe significato esporsi alle ritorsioni di Mosca.

Cosa dice la Nato

«Così come questa guerra si è evoluta, altrettanto si è evoluto il supporto dell’Alleanza atlantica», ha detto questo venerdì Stoltenberg, al quale i cronisti hanno domandato a più riprese di chiarire la questione dell’uso di armi Nato in territorio russo. «Gli alleati stanno offrendo il loro sostegno in modi diversi. Alcuni di essi non hanno mai imposto alcun tipo di restrizione, altri invece hanno alleggerito il tipo di restrizioni. Il punto è che dobbiamo essere vigili, adattare e far evolvere il nostro supporto così come la guerra stessa si evolve».

Nelle fasi precedenti della guerra, una delle principali ragioni per cui svariati alleati avevano circoscritto l’uso delle armi era il timore che Putin potesse ordinare l’utilizzo di armi tattiche nucleari sul campo in Ucraina: «Cosa è cambiato da allora?», ha domandato Edward Wong del New York Times. La risposta di Stoltenberg: «Lei deve comprendere che queste sono decisioni nazionali e ciascun alleato ha fornito diversi tipi di supporto, cosiccome molti non hanno imposto alcun vincolo».

Dunque a detta del segretario generale «non c’è nulla di nuovo nel fatto che gli alleati Nato non abbiano restrizioni. Danno armi all’Ucraina. E naturalmente, presumono che vengano usate nel rispetto del diritto internazionale; ma quest’ultimo apre all’uso contro obiettivi militari in Russia perché ciò fa parte dell’autodifesa». Tra gli alleati che non hanno vincolato Kiev, figurano Polonia e Regno Unito.

«Altri alleati hanno avuto più restrizioni, ma alcune di esse sono oggi alleggerite perché la guerra è cambiata: adesso la prima linea non è all’interno dell’Ucraina. Mentre prima i combattimenti si svolgevano nella parte interna del paese, adesso la maggior parte di essi è nella regione di Kharkiv, che è al confine tra Russia e Ucraina. Ha senso adattare i vincoli perché altrimenti sarebbe impossibile per gli ucraini rispondere a missili e artiglieria che sono posizionati in Russia ma attaccano direttamente forze e città ucraine».

La mossa di Biden

La «evoluzione» – come la chiama Stoltenberg – segue l’evoluzione della volontà politica della Casa Bianca. Prima ancora di queste dichiarazioni del segretario generale Nato, infatti, è stata la posizione americana a maturare. Già il segretario di stato Usa Antony Blinken si era detto possibilista sull’uso delle armi in territorio russo; poi durante il vertice di Praga è arrivata anche la presa di posizione del presidente stesso.

«Nelle ultime settimane, l'Ucraina ci ha chiesto l'autorizzazione a usare le armi che stiamo fornendo anche contro le forze russe che si stanno ammassando sul lato russo del confine e che da lì stanno attaccando l'Ucraina», ha riferito Blinken. «Questa richiesta è andata dritta al presidente Biden, che ha approvato l'uso delle nostre armi per quello scopo».

Stando al Wall Street Journal, l’amministrazione Usa ha comunque posto un vincolo sul tipo di armi da utilizzare in queste operazioni: niente missili Atacms a lungo raggio. C’è una apertura quindi, ma ancora con qualche limitazione, così che la mossa non appaia come una escalation. Il Cremlino ha comunque annunciato una reazione «decisa», con la Nato che ne minimizzava la reazione.

Tra le ragioni per cui Scholz pare accettare il cambio di passo, c’è il fatto che il tipo di armi fornite dalla Germania non sarebbe comunque in grado di inoltrarsi in profondità in Russia, nota da Berlino Matthew Karnitschnig. Ad ogni modo «Scholz sbaglia» secondo la segretaria Pd Elly Schlein: «Una escalation sarebbe devastante» e «non vogliamo che l’Ue entri in guerra con la Russia».

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