Un pezzo importante del Green Deal e cioè Fit for 55 era rimasto impantanato nello scontro politico tra destre e fronte progressista, tra gli anti e i pro clima. Ora socialdemocratici, popolari e liberali hanno un accordo per uscire dallo stallo
«Questa notte abbiamo raggiunto un accordo provvisorio», fa sapere l’eurodeputato socialdemocratico Mohammed Chahim. Un accordo è necessario per superare lo stallo sul pacchetto verde. La scorsa settimana infatti, al momento di votare i dossier di Fit for 55, lo scontro politico ha fatto saltare tutto. Socialdemocratici, popolari e liberali hanno ora concordato emendamenti congiunti, ci sarà quindi una “maggioranza Ursula” che prelude alla approvazione del testo finale da mandare ai negoziati con Commissione e Consiglio (“trilogo”).
Il dossier salta-tutto
La sigla “Ets” (Emissions trading system) indica il mercato delle emissioni. Per costringere i grandi inquinatori a tenere sotto controllo le emissioni di gas serra, l’Ue fa comprar loro dei permessi, il cui numero a disposizione in teoria dovrebbe ridursi nel tempo, così da disincentivare anche i danni climatici. Gli introiti dei permessi dovrebbero a loro volta essere reinvestiti all’interno di piani green. Il campo ambientalista puntava a fermare la pratica dei permessi gratuiti (free allowances), rilasciati dall’Ue ad alcuni settori industriali. I popolari ambivano invece a prolungarla nel tempo, e si sono coalizzati facendo passare un emendamento in questa direzione. A quel punto, il testo finale in votazione è diventato indigeribile per il fronte progressista, con il risultato che l’intero dossier è stato rispedito in commissione ambiente (Envi).
È finita rinviata la partita emissioni quindi, e di conseguenza pure quelle riguardanti il fondo sociale per il clima e il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam). Noto anche come “carbon tax” europea, è in sostanza una tassa sulle emissioni imposta sulle importazioni alla frontiera europea, ed è uno degli strumenti coi quali Bruxelles ha previsto di finanziare l’indebitamento comune. Anche su questo dossier lo scontro politico è acceso.
L’accordo notturno
L’accordo è stato discusso dai negoziatori popolari, socialdemocratici e liberali. Torna quindi la «maggioranza Ursula», che la scorsa settimana invece si era infranta: i popolari avevano trovato sponde nell’estrema destra anti-clima, i socialdemocratici erano coalizzati in un fronte progressista con verdi e sinistra.
Il tema dell’esclusione dei verdi dalle negoziazioni rimane un punto politico che aleggia sull’accordo. Non a caso Chahim è costretto a specificare, a chi accusa di aver escluso le altre forze dall’accordo, che «l’accordo è stato possibile solo grazie alla cooperazione con gli amici progressisti: un supporto ampio è fondamentale».
Con l’accordo dei gruppi, il testo viene poi calendarizzato a breve. «I dossier da chiudere sono estremamente importanti, c’è una maggioranza ampia e ci sarà un forte supporto», dice Chahim.
La «rete di protezione» per l’industria
«Ci sono stati molti riferimenti alle attività lobbistiche», dice Christian Ehler che rappresenta i popolari in commissione Industria. «L’industria ci chiede soluzioni realistiche, noi siamo l’alleanza dei realisti». Cosa hanno chiesto, e ottenuto, i «realisti»? Lo spiega Esther de Lange, sempre per i popolari: «Un breathing space, un cuscinetto per le aziende». Nella versione della Commissione europea, Fit for 55 ha già ambizioni climatiche al di sotto di quelle auspicate dagli scienziati. Lo “spazio di respiro” ora si traduce concretamente in più lentezza sui provvedimenti – «nei primi due anni restiamo sotto il dieci per cento» – e in una potenziale ulteriore lentezza. I popolari vincolano infatti l’uscita dalle “free allowances” all’inizio effettivo del meccanismo “Cbam”, e prevedono che quest’ultimo possa finire impantanato in controversie ad esempio al Wto.
Quali cambiamenti comporta quindi l’azione congiunta dei tre gruppi rispetto al piano originario della Commissione? Il sistema delle free allowances, e cioè delle deroghe, si «spegnerà» tra il 2027 e il 2032, spiega, per i liberali, Pascal Canfin. Il processo inizia un anno dopo, quindi, rispetto a quanto previsto nei piani di Bruxelles (cioè il 2026). «Ogni anno le aziende coperte da questo sistema ricevono un ammontare di deroghe per l’intero anno; nel 2027 sarà il 93 per cento, nel 2030 sarà dimezzato come prevedeva la Commissione, e all’azzeramento si arriverà nel 2032».
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