- La criminalizzazione delle organizzazioni non governative non è una tendenza che riguarda solo la destra italiana, né soltanto il dossier migranti. La famiglia popolare europea, che con Giorgia Meloni e i suoi conservatori è sempre più affiatata, sta portando avanti il suo assalto alle ong da Bruxelles.
- Da tempo la destra porta avanti in Europa l’assalto ai rappresentanti della società civile. Lo scandalo delle tangenti ora viene utilizzato per rinfocolare questa battaglia politica e mediatica contro le ong.
- Al contempo, il Ppe è il più reticente ad aumentare la trasparenza nei confronti dei grandi interessi corporativi. Ora che l’attenzione mediatica è calata, i popolari stanno anche rivedendo al ribasso le promesse accordate a ridosso dello scandalo Qatar.
La criminalizzazione delle organizzazioni non governative non è una tendenza che riguarda solo la destra italiana, né soltanto il dossier migranti. La famiglia popolare europea, che con Giorgia Meloni e i suoi conservatori è sempre più affiatata, sta portando avanti il suo assalto alle ong da Bruxelles.
Dopo che lo scandalo delle tangenti è deflagrato, la destra ha indirizzato la propria battaglia politica e mediatica contro i rappresentanti della società civile. Al contempo, il Ppe è il più reticente ad aumentare la trasparenza nei confronti dei grandi interessi corporativi. Ora che l’attenzione mediatica è calata, i popolari stanno anche rivedendo al ribasso le promesse accordate a ridosso dello scandalo Qatar. Mentre si ammorbidisce sempre più la posizione del Ppe verso le lobby, l’aggressività verso le ong invece cresce, in una fase già delicata: la capacità di ascolto dell’Ue verso la società civile è bassa.
Oggi la lotta brussellese del Ppe alle ong e gli attacchi delle destre di governo italiana o greca contro le navi umanitarie sono più che mai affini: la caduta del cordone sanitario nei confronti della destra estrema contribuisce a estremizzare la destra sedicente moderata.
Il Ppe e il deficit etico
«Conservatori e popolari vogliono colpire le ong sgradite, anche ambientaliste, e utilizzano lo scandalo Qatar per questo scopo politico. Al contempo retrocedono sulle riforme etiche dell’Europarlamento», dice l’eurodeputato verde tedesco Daniel Freund. «È bastata qualche settimana, il tempo perché l’attenzione mediatica calasse, e ora i popolari stanno già rivedendo le loro posizioni: si stanno opponendo alla pubblicazione degli incontri con le lobby, sono contro il registro degli incontri e il periodo di raffreddamento».
La tendenza che Freund riporta trova conferme anche nell’incontro del 12 gennaio, quando i capigruppo hanno discusso la riforma con la presidente Metsola (anche lei Ppe) ed è trapelata per l’ennesima volta la contrarietà dei popolari a una commissione speciale.
Non è tutto: nell’autunno del 2021, quando il parlamento Ue ha adottato un rapporto per «migliorare trasparenza e integrità delle istituzioni Ue con un organo etico indipendente», il cui relatore era Freund, «il Ppe si è astenuto», ricorda lui. Il rapporto serviva a ricordare a un’altra popolare, la presidente Ursula von der Leyen, la promessa non mantenuta di un organo etico indipendente.
Oggi Manfred Weber, leader dei popolari, non se la prende coi grandi interessi corporativi e insiste su un punto solo: «Parliamo delle ong!».
Attacco alle ong
«Le ong sono al cuore dello scandalo: chiediamo di rivedere le regole attuali perché serve un minimo di accountability», ripetono i popolari.
Un’attitudine analoga si trova nei gruppi di destra estrema: nel voto sul caso Qatar, anche i sovranisti di Id – la famiglia politica della Lega – hanno proposto emendamenti che puntavano dritto alle ong, chiedendo «una revisione delle regole». Da almeno un paio d’anni, ben prima dello scandalo Qatar, Gunnar Beck, eurodeputato di Alternative für Deutschland, insiste con le sue interrogazioni alla Commissione Ue a tema ong: «Sono esenti dalle normative anti riciclaggio e da altre regole sulla trasparenza».
Anche il bersagliamento da parte del Ppe è cominciato già anni fa: durante la scorsa legislatura, dentro la commissione sul Controllo budgetario, il cristianodemocratico Markus Pieper (Ppe) aveva spinto per un monitoraggio delle ong.
«In confronto alla poderosa attività lobbistica di interessi privati e governi stranieri, la società civile è decisamente sottorappresentata quando si tratta di articolare il dibattito a Bruxelles», dice Hans van Scharen del Corporate Europe Observatory, che traccia le influenze delle lobby sulle istituzioni Ue. Un caso eclatante ha riguardato l’accesso ai vaccini: von der Leyen ha dato ascolto – tanto – alle aziende farmaceutiche, mentre i rappresentanti della società civile restavano fuori dalla porta.
È vero che nel 2018 la Corte dei conti Ue ha riconosciuto che «la Commissione europea deve essere più trasparente sull’utilizzo dei fondi Ue da parte delle ong». Ma van Scharen individua una precisa tendenza politica: «Ai tempi di Pieper, eravamo riusciti a mobilitare l’opinione pubblica sul TTIP, l’accordo di libero scambio Usa-Ue, e la cosa aveva infastidito il Ppe. Che ora usa lo scandalo Qatar per la sua campagna contro società civile e diritti umani: a dicembre i popolari hanno persino chiesto di bloccare le risoluzioni di rito sui diritti umani».
Per Weber lo scandalo Qatar «mostra che alcune ong venivano utilizzate per coprire attività criminali e trasferire tangenti». Per Freund «sarebbe come dire che siccome Kaili portava i contanti in valigia bisogna prendersela con le valigie».
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