Qualunque sia il perimetro esatto della vittoria dell’uno e della sconfitta dell’altro, Jordan Bardella lavora alla presa del potere mentre Emmanuel Macron si aggrappa a quello che sta perdendo. Il Rassemblement national pensa a come penetrare al meglio i gangli delle istituzioni, mentre il presidente affretta i giri di nomine prima che la svolta di domenica travolga gli equilibri.

Il governo secondo Bardella

Avamposto di Marine Le Pen in queste elezioni legislative, il 28enne Bardella – pur non avendo finora governato neppure un comune – si esercita in dimostrazioni di prontezza e di affidabilità. «Il mio governo è pronto», ha messo nero su bianco questo mercoledì, intervistato dal Figaro; per poi comunque dire che «le tappe non vanno bruciate» con annunci prima del tempo.

Una cosa è chiara: visto che il delfino lepeniano vuole una maggioranza assoluta al proprio seguito, deve puntare ad agganciare anche altri pezzetti di destra. Anche per questo martella da giorni sullo slogan dell’esecutivo «di unità nazionale».

E ora che con le desistenze nei collegi l’ipotesi di maggioranza assoluta Rn si fa più remota, dice esplicitamente: «Se bisogna allargare la mia maggioranza, lo farò». Poi invita direttamente i Républicains a convergere. Pur non facendo nomi di papabili ministri, quel che l’aspirante premier è disposto a fare è mostrare che la compagine verrebbe adattata alle possibili aperture: «Il mio governo di unità nazionale avrà la vocazione ad accogliere personalità di Rn, della destra, e pure figure della società civile che in un campo preciso abbiano energia e competenze da mettere al servizio del paese». Il messaggio è duplice: ai potenziali elettori, vuol mostrare che l’estrema destra non è un demone bensì capace di essere competente e affidabile; ai potenziali transfughi e alleati, che la ricompensa è possibile.

Nomi e competenze

Ad esempio è probabile che Éric Ciotti verrà ripagato per la sua scelta di confluire nell’operazione dell’Rn fulmineamente, costi quel che costi, rotture con i maggiorenti di partito repubblicani incluse. Potrebbe diventare ministro dell’Interno, o almeno così si vocifera insistentemente da giorni. Le pubblicazioni più legate all’estrema destra francese, rilanciate dal comparto mediatico di Vincent Bolloré, fanno intendere che pure a François-Xavier Bellamy potrebbe toccare un ministero; Bellamy ha preso la guida dei Repubblicani dopo la rottura con Ciotti, ma immediatamente dopo il primo turno ha individuato pubblicamente nella sinistra – non nell’Rn – il nemico politico contro il quale fare fronte.

C’è ovviamente anche il lavoro di reclutamento nello stesso Rassemblement national, e a quanto pare Marine Le Pen ha incaricato dell’operazione qualcuno di famiglia, politica e non solo. L’eurodeputato Philippe Olivier, noto per il ruolo di consigliere di Le Pen e per essere suo cognato essendo sposato con la sorella Marie-Caroline, ha intrattenuto colloqui con gli esponenti di partito proprio per studiare una eventuale compagine governativa.

L’estrema destra vuole apporre il suo timbro pure nella organizzazione dei portafogli stessi. Spiega Bardella che «per Bercy immagino due ministri, uno delle Finanze e dei Conti pubblici, al quale sarà aggiunto un ministro delegato che avrà il compito di rimettere in ordine i conti dello stato e di riportare il paese a ragione dopo sette anni di derive». Visto che gli avversari dell’Rn fanno notare l’insostenibilità del suo programma economico e finanziario, Bardella passa al controattacco retorico. Parla anche di «un ministro incaricato specificamente di Crescita, ovvero Competitività, Industria ed Energia, viste le mie due priorità: la produzione e l’ordine dei conti».

Burocrazia e nomine

C’è poi una mossa che il Rassemblement national annuncia da tempo, in linea con i tentativi di notabilisation e quindi di accattivarsi figure competenti e già avvezze ai compiti istituzionali: Bardella dice di voler «ricostituire i corpi prefettorale e diplomatico», che sono stati «soppressi» da Macron; il riferimento è alla riforma della pubblica amministrazione portata avanti dal presidente.

Nel frattempo in questi giorni Macron sta affrettando una serie di nomine, e nonostante le accuse rivoltegli da Le Pen di «un colpo di stato amministrativo» nelle ultime ore ha fatto un’ulteriore mossa a riguardo. Questo mercoledì si è svolto infatti l’ultimo Consiglio dei ministri prima del secondo turno. In questa occasione il governo uscente ha nominato una serie di figure che prenderanno servizio l’8 luglio, cioè all’indomani del voto: ci sarà Philippe Tireloque come direttore nazionale della sicurezza pubblica, ci saranno nuovi prefetti e consiglieri di stato, ufficiali delle forze armate, ma «niente che possa sovvertire lo stato», nota con ironia le Parisien. Va appuntato che anche a livello europeo un Emmanuel Macron in progressivo infragilimento sta spingendo i propri nomi.

Non c’è solo la disputa con l’Rn per la riconferma di Thierry Breton come commissario, ma pure un livello che passa meno sotto lo sguardo: ad esempio pare che il presidente si sia assicurato con von der Leyen un ruolo da vice capo di gabinetto per Alexandre Adam, il suo consigliere per gli affari europei.

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