Un’altra tartina»? «Vuole provare questa specialità»? E soprattutto: «Se vuole può portarsi via qualcosa». Che si tratti di visitatori, addetti ai lavori o anche semplici auto-invitati, nelle istituzioni europee i rinfreschi offerti al di fuori del servizio mensa si contraddistinguono tutti per la stessa usanza: combattere lo spreco alimentare. Se l’Unione europea chiede agli stati membri di adeguarsi alle normative comunitarie, uguali per tutti, le istituzioni europee invece si adeguano e si allineano alla legislazione del paese che le ospita, il Belgio, in base alle quali qualunque prodotto tolto dalle confezioni una volta aperto, anche se neppure toccato, non possa essere donato, per ragioni igienico-sanitarie, a chi ne avrebbe bisogno. Niente cibo in donazione, neppure ai bisognosi. Una volta sistemato sul vassoio ciò che rimane va gettato. Ecco allora i responsabili catering e anche funzionari europei invogliare i presenti a portarsi via gratuitamente le giacenze altrimenti destinate alla pattumiera.

L’uso ormai consolidato riguarda tutte le istituzioni Ue. Che si tratti di parlamento europeo, Commissione europea a Consiglio dell’Ue, la politica interna non cambia. In caso di avvenimenti che prevedono buffet e rinfreschi il non mangiato viene donato alle persone presenti, perché ne facciano l’uso che ritengono più conveniente. In Consiglio, addirittura, questa pratica si applica anche ai prodotti serviti al bar della stampa. Alla fine dei vertici dei leader o delle riunioni ministeriali, una volta fatto lo storno e chiusa la cassa, è abitudine per il personale presentarsi in sala stampa per avvertire i giornalisti che se vogliono possono portar via il cibo rimasto e messo a disposizione su appositi vassoi nell’area bar.

Incartare ciò che si vuole

Piccole accortezze, che a ben vedere poi così piccole non sono. Uomini e donne d’Europa sprecano tanto, troppo. Gli ultimi dati diffusi da Eurostat certificano un aumento della quantità di rifiuti alimentari. Un totale di 59,2 milioni di tonnellate di cibo sprecate solo nel 2022, anche più di quanto accaduto nel 2021 (58,4 milioni), e con l’Italia sul non prestigioso podio per mole di vivande buttate nel cestino (8,2 milioni di tonnellate nel 2022, dietro solo a Germania e Francia). Dati che si vogliono invertire, con le istituzioni europee che cercano di aggirare i protocolli igienici-sanitari attraverso l’invito a incartare ciò che si vuole.

Una pratica che inizia a dare dei frutti: nel 2023, sono in Parlamento europeo, complessivamente sono state donate – attraverso la pratica di invitare ad assemblare personali pacchi mangerecci - 1,2 tonnellate di prodotti freschi avanzati tra portate da buffet e pasti. Inoltre, nelle tre istituzioni comunitarie si inizia a ricorrere alle nuove tecnologie per prevenire pratiche insostenibili.

Fornitori e imprese di servizio catering hanno già cominciato a a impiegare l’intelligenza artificiale per pesare le loro eccedenze e analizzare le ragioni dello spreco alimentare. Un modo, questo, utile alla prevenzione ed eliminare in partenza le possibili rimanenze.

L’obiettivo è dunque continuare a lavorare per migliorarsi. Ridurre gli sprechi si può e si deve, e per questo ci si sta già attrezzando. Azzerare gli sprechi, però, appare meno realistico. Perché, spiega un responsabile proprio alla migliore gestione del cibo nelle istituzioni comunitarie, l’obiettivo zero sprechi potrebbe essere raggiunto «solo sostituendo completamente gli ingredienti freschi e di stagione con quelli surgelati».

Andrebbero dunque sacrificate genuinità e qualità, scontentando i più desiderosi di assaggini di alta gamma. Sforzi dunque a prova di ambiente, etica, ma non a prova di gusto. Per questo viene fatto notare come, soprattutto in occasione di ricevimenti e rinfreschi, l'obiettivo «è un giusto equilibrio» tra eccellenza ed efficienza. Anche perché, a ben vedere, è a casa che si spreca di più.

Politica contro lo spreco

Nei sacchetti dell’immondizia delle famiglie finisce il 54 per cento di tutti gli scarti di pranzi e cene, che si traduce in circa 72 chili di rifiuti alimentari evitabili pro capite all’anno. Le istituzioni provano a dare dunque il buon esempio. Invitando a fare la propria «doggy bag» si vuole sviluppare una coscienza anti-spreco e una gestione consapevole di ciò che si ha in tavola, che si tratti di piatto o vassoio.

I consigli utili si aggiungono anche all’azione politica. Al fine di arginare il fenomeno noto come «food waste», a luglio dello scorso anno la Commissione europea ha presentato una proposta di revisione della Direttiva sui Rifiuti, con obiettivi nazionali vincolanti di riduzione dei rifiuti entro il il 2030 (10 per cento nella lavorazione e nella produzione di cibo, 30 per cento nel commercio al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi di ristorazione e per le famiglie). Tanti piccoli passi, legislativi e di abitudini quotidiane, utili a evitare un fenomeno che non fa onore all’Unione europea, i suoi cittadini, i suoi ospiti e i suoi invitati. Nel frattempo, «se vuole può portarsi via qualcosa».

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