Il premier ungherese ha trasformato una legge anti pedofilia in un attacco alla comunità Lgbt. Ecco che cosa dice la legge, chi la ha votata, chi la sostiene, e tutte le contraddizioni nascoste dentro Fidesz, il partito per la famiglia tradizionale i cui esponenti si fanno beccare alle orge gay
Molti ne parlano, pochi la spiegano. Che cosa è e come nasce la “legge anti lgbt” dell’Ungheria?
Cosa c’è di omofobo nel provvedimento
Gli aspetti controversi della legge sono almeno tre. Il primo riguarda la censura dell’omosessualità nell’educazione dei minori. Sotto il cappello della «difesa dei diritti dei minori», il provvedimento inserisce «il divieto di mettere a loro disposizione contenuti devianti rispetto al sesso assegnato alla nascita, o che promuovono l’omosessualità». Solo la coppia eterosessuale e la “famiglia tradizionale” ultraconservatrice hanno diritto di esistere, stando a questa legge, che obbliga anche i professori e gli educatori ad adeguarsi a questo criterio. Non devono infatti allontanarsi da un principio, che – da legge – è: «Il padre dev’essere un uomo, la madre una donna».
Dalle ong al mercato pubblicitario
La legge anti lgbt è anche indirettamente una legge anti ong, visto che crea preclusioni verso le organizzazioni che non sono ritenute in sintonia con questa ideologia: l’educazione sessuale è preclusa «alle ong con orientamenti discutibili». Le nuove disposizioni non riguardano solo l’educazione sessuale dei minori, ma anche i contenuti che potrebbero capitar loro davanti: il testo prevede che pure il mercato dell’advertising si adegui al criterio della “famiglia tradizionale”. Dice infatti che le pubblicità devono adattarsi a questi criteri eteronormativi.
Una legge sabotata
Era nata come legge anti lgbt? No. Il partito del premier ungherese, Fidesz, è riuscito a piegare in direzione omofoba quella che in origine doveva essere una legge contro la pedofilia. Il paese era rimasto infatti colpito dalla vicenda di Gábor Kaleta, ambasciatore ungherese in Perù, sorpreso con materiale pedopornografico – 20mila foto sul pc – ma che se l’era cavata con una multa da 1.500 euro. Perciò non c’erano grandi obiezioni all’idea di comminare pene più dure, ed era questo che i parlamentari si aspettavano di votare. Finché il partito di governo non ha infilato modifiche tali da trasformare la natura del provvedimento. L’8 giugno, prima del voto finale, Fidesz emenda il testo aggiungendo i punti sul divieto di contenuti che promuovono l’omosessualità, e così via.
Chi ha votato a favore (e chi no)
La legge nella versione anti lgbt proposta dal partito di governo è passata con 157 voti, e anche se la maggior parte dei parlamentari di opposizione ha abbandonato l’emiciclo in segno di protesta, qualcuno in quell’aula è rimasto. Si tratta di Jobbik, nato come partito di estrema destra, «radicalmente patriottico e cristiano», e che più di recente si è ripulito dai contenuti più estremisti per perseguire – come il suo manifesto ora dice – «l’intenzione di cooperare con le altre forze politiche per ripristinare democrazia e stato di diritto». Alle amministrative del 2019, infatti, Jobbik ha fatto un accordo di desistenza con gli altri partiti di opposizione. Alle elezioni venture, dopo le primarie d’autunno per scegliere il suo leader, l’opposizione unita sfiderà Fidesz. La legge anti Lgbt è la prima mela avvelenata di Orbán per dividerla. Jobbik mantiene posizioni «conservatrici», e il resto dell’opposizione si imbarazza. Uno degli obiettivi di Orbán era proprio questo: spaccare il campo a lui avverso.
La costituzione omofoba del partito coi gay in incognita
Omofoba a suo modo è già la costituzione per come fu stilata un decennio fa da József Szajer, sorpreso pochi mesi fa in un’orgia gay. Cominciamo dal principio: nel 2010 Viktor Orbán torna alla guida dell’Ungheria e da allora persegue l’idea di una «democrazia illiberale», come lui stesso l’ha definita. Nel 2011, Szajer, quarta tessera del partito Fidesz, fedelissimo del premier da quando erano giovani e condividevano afflati liberali e studi a Oxford, riscrive la costituzione. La versione del 2011 non riconosce le coppie gay, e in seguito il partito negherà ai gay anche le adozioni. Il paradosso è che la carriera politica di Szajer è precipitata a dicembre 2020, quando è stato fermato a un festino omosessuale. L’ufficiale di collegamento di Viktor Orbán a Bruxelles con quell’orgia si è giocato la carriera. In questi giorni sui giornali ungheresi è intervenuto un ex cofondatore di Fidesz, che ha lasciato il partito qualche anno fa, per denunciare che anche nel governo, tra i sottosegretari, ci sarebbero omosessuali le cui preferenze vengono nascoste per ragioni di propaganda.
La famiglia tradizionale e la destra italiana
Da quando è uscito dal partito popolare europeo, Fidesz ha spinto sempre più sulla crociata per la famiglia tradizionale. Questa versione ultraconservatrice della società dovrebbe, secondo le intenzioni di Orbán, il primo fondamento per un nuovo raggruppamento politico europeo. In questa crociata il premier ungherese trova alleati sia la Lega di Matteo Salvini che Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Dall’Italia, Lega e FdI corteggiano Fidesz; i leghisti, in particolare il responsabile Affari esteri Lorenzo Fontana, assieme alla ministra ungherese alla Famiglia, Katalin Novák, gettano basi comuni sulla «famiglia tradizionale», Giorgia Meloni ha incontrato Orbán il 4 dicembre, nel pieno delle polemiche sulla legge, e la sera di Germania-Ungheria, mentre il capitano della squadra tedesca esibiva una fascia arcobaleno. Riguardo alla legge, i due leader della destra italiana siedono con l’Ungheria: Salvini rivendica «la libertà dello stato», Meloni dice: «Ascolterò l’opinione del premier ungherese».
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