- Dall’autunno scorso, governi e istituzioni europee hanno sotto mano il problema dell’aumento dei prezzi dell’energia, ma da allora l’idea di intervenire su prezzi e mercato è rimasta impaludata finché il progressivo aggravarsi della crisi ha smosso Berlino dalle sue rigidità e Bruxelles dal suo torpore.
- Nel frattempo la crisi si è amplificata, con gli esiti inflattivi sempre più evidenti. «Per affrontare questo problema su scala europea abbiamo alcune opzioni», scrive adesso la presidenza ceca ai governi in vista del Consiglio Ue di venerdì.
- Mette al centro del dibattito un ventaglio di possibilità, che si differenziano fra loro anche per il diverso grado di sostegno politico incassato: un limite ai prezzi del gas, l’iniezione di liquidità sul mercato, il taglio ai consumi e pure ai profitti, interventi sul mercato delle emissioni. Anche dalla Commissione Ue filtrano le proposte in campo.
Un limite ai prezzi del gas, l’iniezione di liquidità sul mercato, il taglio ai consumi e pure ai profitti, interventi sul mercato delle emissioni: tutte queste opzioni saranno al centro del dibattito di questa settimana tra i governi europei. Venerdì i ministri che si occupano di energia si chiuderanno in un Consiglio Ue dal quale devono uscire «risposte straordinarie» alla crisi in corso. La presidenza di turno – quella ceca – nella sua bozza inquadra il dibattito attorno a un ampio ventaglio di proposte, che si differenziano fra loro anche per il diverso grado di sostegno politico incassato. Nel frattempo le ritorsioni di Mosca continuano, non solo sul fronte del gas, ma anche su quello del petrolio.
La complessità aumenta
Questo lunedì l’alleanza dei produttori di greggio nella sua versione allargata – la Opec+ della quale fa parte anche la Russia – ha deciso di tagliare l’offerta di petrolio di 100mila barili al giorno a partire dal mese prossimo. La decisione presa in sede di G7 per limitare i prezzi del petrolio russo ha fatto da innesco alla contromossa, con Opec+ che tiene da parte i barili sperando così di innalzare i propri guadagni. I tagli al petrolio si aggiungono a quelli che la Russia ha già effettuato sulle forniture di gas: sempre dopo il G7 di venerdì, l’interruzione totale del flusso di Nord Stream 1 è «a tempo indefinito». «Tutta colpa delle sanzioni occidentali», ha incalzato questo lunedì il Cremlino. Così mentre i prezzi del petrolio cominciano a gonfiarsi, quelli del gas – con Nord Stream chiuso – contagiano le borse europee. Dall’autunno scorso i governi e le istituzioni Ue hanno sotto mano il problema dell’aumento dei prezzi dell’energia, ma da allora l’idea di intervenire su prezzi e mercato è rimasta impaludata finché il progressivo aggravarsi della crisi ha smosso Berlino dalle sue rigidità e di riflesso Bruxelles dal suo torpore. Nel frattempo la crisi dei prezzi del gas ha contagiato quelli di tutta l’energia elettrica e poi i prezzi in generale, con gli esiti inflattivi sempre più evidenti.
Un limite ai prezzi
«Per affrontare questo problema su scala europea abbiamo alcune opzioni», scrive la presidenza ceca ai governi in vista del Consiglio Ue di venerdì. Il background paper, e cioè il documento che istruisce i lavori, indica come prima opzione quella di «limitare l’impatto del prezzo del gas su quello dell’elettricità». In che modo? Stabilendo – solo in fase emergenziale, quindi come iniziativa temporanea – una soglia massima per il prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica; oppure, una soglia per il gas «importato da specifiche giurisdizioni» (è il modello Draghi, con tetto alle importazioni dalla Russia); infine, terza ipotesi, intervenendo sul sistema attuale nel quale il prezzo del gas condiziona tutto il mercato dell’energia elettrica. Questo è il ventaglio di possibilità, ma il punto dirimente è la volontà politica. Sappiamo che la Commissione digerisce a fatica riforme strutturali del mercato dell’energia elettrica, e non a caso Ursula von der Leyen ha rinviato a una fase successiva interventi di lungo raggio, separandoli da «misure di emergenza» da promuovere subito. Anche il documento della presidenza ceca mette tra i criteri cardinali da seguire «quello di preservare il mercato interno dell’energia». In questi giorni dalla Commissione europea, la cui proposta istruisce i lavori dei governi, filtrano vari documenti che fotografano l’evoluzione del dibattito. Fino a giovedì, l’ipotesi di Bruxelles era quella di definire una soglia di prezzo non per il gas, ma per le altre fonti di energia elettrica il cui costo finora è gonfiato da quello del metano, e distribuire le cifre eccedenti a favore di imprese e consumatori. «Da non sommare alla tassa sugli extraprofitti», precisava la Commissione, chiarendo la natura della misura. Anche la bozza della presidenza ceca contempla tra le ipotesi quella di mettere una soglia ai prezzi di fonti diverse dal gas (quindi ad esempio nucleare e rinnovabili). Venerdì von der Leyen ha citato poi il tetto al prezzo del gas, e un ulteriore documento di Bruxelles contempla ora la possibilità di mettere un price cap alle importazioni dalla Russia oppure di «applicare una tariffazione per via amministrativa in un’area particolarmente colpita dai tagli delle forniture russe». La Germania è tra queste, per paradosso visto che in tempi non lontani ancora si opponeva al tetto.
Consumi e altri interventi
Un intervento che viene contemplato sia nelle bozze della Commissione che in quella della presidenza di turno riguarda il taglio dei consumi. Dal primo agosto è in vigore un regolamento per la riduzione della domanda di gas: i governi hanno fatto propria, con alcune modifiche, la proposta della Commissione di sforbiciare i consumi, e per ora i tagli sono volontari. Bruxelles e Praga valutano di estenderli a tutto il settore dell’elettricità, sullo schema di quanto si sta facendo dal lato del gas. La presidenza ceca punta poi anche sulla iniezione di liquidità nel mercato, con «l’apertura immediata di linee di credito» per gli attori di mercato che risentono di più della crisi, coinvolgendo nell’operazione la Bce. Negli ultimi giorni del resto Germania, Finlandia e Svezia si sono già attivate con piani di aiuti a livello nazionale. Un’altra opzione contemplata da Praga è quella di intervenire sul mercato delle emissioni; il piano piace particolarmente ai paesi dell’Est assai legati ai combustibili fossili, piace assai meno ai sostenitori del Green Deal.
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