Macron dialoga con gli agricoltori sperando di rubare voti a Le Pen a giugno. Intanto von der Leyen fa promesse che vanno oltre il 2024. L’agroindustria festeggia
In Francia, dove le proteste su pensioni e clima erano state represse con violenza, i costosi trattori che da giorni occupano le strade vengono persino scortati dalla polizia. Nel cuore dell’Unione europea, e cioè a Bruxelles, una presidente in cerca di futuro politico crea eventi ad hoc e fa promesse «per i prossimi anni». A giugno 2024 si vota.
Le vistose proteste degli agricoltori in corso da giorni in svariati paesi europei, comprese Germania e Francia, rappresentano un caso raro di proteste su scala paneuropea. La potente lobby dell’agroindustria europea che si chiama Copa Cogeca e che condiziona dossier cruciali, a cominciare dalla politica agricola comune, sta segnalando in modo ingombrante la sua presenza e chiede attenzione in vista di giugno.
Questa spinta si intreccia con le convenienze tattiche di destre e liberali. Da tempo il leader dei popolari europei, Manfred Weber, sventola la bandiera dei farmers – dice agricoltori, intende anzitutto Copa Cogeca – e va all’attacco dei piani verdi europei, assieme alla destra estrema. Oggi anche Emmanuel Macron – che già vede Marine Le Pen fare incetta di voti alle europee – opta per il corteggiamento del mondo agricolo: è atteso per questo venerdì un suo intervento, mentre il suo clone Gabriel Attal, neopremier, ha già esibito un atteggiamento dialogante.
Le proteste coinvolgono un mondo variegato – non ci sono solo i colossi come Copa Cogeca o sindacati legati al populismo di estrema destra, ma anche movimenti contadini ecologisti e di sinistra – ma la destra europea è pronta a inquadrarle nella propria narrazione e dinamica politica, con una vittima su tutte: il clima.
Spinte da Bruxelles
«Ciò di cui l’agroindustria ha bisogno è una prospettiva di lungo termine», ha detto questo giovedì la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nell’intervento di apertura del “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura”. Per guidarlo, ha incaricato Peter Strohschneider, che già dirige in Germania – paese della presidente – la commissione sul futuro dell’agricoltura del governo tedesco.
La mossa di mettere attorno a un tavolo l’agroindustria e altri attori va intesa come un tentativo di corteggiare il settore – caro al Ppe del quale von der Leyen fa parte – in vista delle elezioni. E se ci fosse qualche dubbio, bastano le parole di von der Leyen a fugarlo: «Oggi sono qui per garantivi che la visione e le raccomandazioni sulle quali vi accordate avranno un impatto sul lavoro dei prossimi anni». Come può una presidente uscente dare certezze sul futuro? Può se è certa di poter scalare un altro mandato, o comunque influire su ciò che verrà.
Polarizzare il clima
Dopo che tra i due erano volate botte da orbi, von der Leyen ha rinegoziato la sua strategia conciliandola con quella di Weber. Quest’ultimo ha costruito sia l’alleanza tattica con le destre estreme, sia una agenda di campagna comune con esse, sulla base di due temi: immigrazione e agenda verde.
L’idea del plenipotenziario del Ppe, partito che vede gli imprenditori come propria base elettorale, è quella di subordinare il Green Deal alle esigenze delle imprese. L’agroindustria rientra in questo discorso. A metà luglio, Weber ha preso di mira la Nature restoration law, sottoponendola all’attacco incrociato di popolari e destre estreme, e polarizzando il dibattito pro o contro il clima. Mentre lui andava ai picchetti degli agroindustriali sotto l’Europarlamento, sul fronte opposto – sempre a Strasburgo – protestava Greta Thunberg.
Ultimamente anche von der Leyen, che nel 2019 aveva presentato il piano verde come la sua priorità, ha smesso di difendere il Green Deal.
Agroindustria e movimenti
Nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, le ambizioni green sono state smantellate in nome di una transizione che piace alle imprese. Dalle deroghe sulla politica agricola, al dossier pesticidi, alla deregolamentazione degli ogm, il piano verde non fa che subire scossoni.
Già nel 2021 la riforma della politica agricola comune era stata ridimensionata fortemente nelle ambizioni climatiche; continuava a concentrare risorse in mano a pochi, a svantaggio dei piccoli agricoltori e con soddisfazione degli agroindustriali di Copa Cogeca. Di quest’ultima fa parte Fnsea, il sindacato dei trattori francesi.
Con l’imminente intervento di Macron sulle proteste, il presidente spera di strappare consensi al Rassemblement national. Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che faceva cacciare gli ecologisti quando bloccavano le strade, oggi ai trattori lascia fare.
La Confédération paysanne, sindacato nemesi di Fnsea e che ha una prospettiva ecologista (al punto che da qui provengono esponenti importanti dei Verdi europei), sta cercando di conquistare spazio nelle proteste per non lasciarle tutte ai colossi e a Coordination rurale, il sindacato che ammicca ai populisti di destra.
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