Con il sostegno delle estreme destre, tutte, Patrioti ed estremissimi compresi, Manfred Weber – che almeno dal 2021 normalizza destre estreme a cominciare da Meloni – ha fatto passare alla conferenza dei capigruppo un calendario di audizioni congegnato in modo da blindare il più possibile il nome meloniano per la Commissione, cioè Raffaele Fitto, e il suo ruolo come vicepresidente.

La coalizione tradizionale è in tilt

I socialisti gridano allo scandalo: «Il cordone sanitario è rotto», dichiara la capogruppo Iratxe García Pérez. L’accordo coi popolari è in crisi. Non che Weber questa estate abbia voluto rendere pubblico alcun accordo: anzi, ha sempre fatto intendere di volersi poi appoggiare alle destre estreme «sui dossier», le fantomatiche “maggioranze variabili”. Ma i socialisti avevano provato a fidarsi, a quanto pare, della sintonia trovata col Ppe in occasione della rielezione di von der Leyen. La presidente aveva incassato anche i voti dei Verdi, speranzosi di fare da puntello di una «maggioranza europeista» tenendo fuori i meloniani.  

Imprudentemente fino all’ultimo Iratxe García Pérez non si è nemmeno premurata di mantenere un fronte progressista: il primo passaggio per i commissari era la verifica sui conflitti di interesse nella commissione Juri, e in quella sede S&D ha garantito al Ppe che passassero tutti i commissari, stimolando così una prima rottura coi Verdi, più intransigenti, e rimasti fuori a protestare. «Pur di salvare i loro candidati hanno ignorato le questioni da noi poste, non ci stiamo», ha detto il coordinatore verde in Juri, Sergej Lagodinsky.

«Un passaggio così importante per il controllo sulla futura Commissione è completamente deragliato sull’onda della paura dei partiti più grandi di perdere i loro candidati», racconta Lagodinsky. «Io e la mia collega Tineke Strik siamo usciti dalla sala per protesta, seguiti dai colleghi della sinistra europea». 

Nella stessa giornata in cui persino i socialisti stessi hanno sbiadito il sogno verde di essere in maggioranza, il popolare Weber ha spinto il calendario di audizioni con – e a favore de – le destre estreme. La tempesta perfetta.

Il caso Fitto

ANSA

La crisi è deflagrata per ragioni che riguardano da vicino l’Italia. Il casus belli è infatti la riunione dei capigruppo dell’Europarlamento (la cosiddetta Conferenza dei presidenti) nella quale si programma il calendario delle audizioni dei venturi commissari: dopo il vaglio della commissione Juri, ciascuno di loro deve passare alla graticola delle commissioni dell’Europarlamento e ottenere il via libera di almeno due terzi dei cordinatori della commissione preposta. Solo dopo questo passaggio può esserci il voto finale della plenaria sull’intera squadra von der Leyen 2. 

L’assegnazione di una vicepresidenza esecutiva a un meloniano, Raffaele Fitto, ha suscitato perplessità in tutti i gruppi dell’arco progressista, dai socialisti, passando a liberali e verdi, fino alla sinistra. Se fosse per i Green – per i quali la propria integrazione in maggioranza è particolarmente legata al fatto che i meloniani ne restino fuori – l’audizione di Fitto dovrebbe servire anche per ottenere di espungere il ruolo di vicepresidente. La co-capogruppo verde Terry Reintke lo aveva proprio detto: «Magari Fitto non sarà completamente inadeguato, ma alcune parti del portafoglio a lui assegnato ci lasciano perplessi, oltre all’assegnazione della vicepresidenza esecutiva, perciò verificheremo se sia possibile un reshuffling». Rimpasto: magari non la bocciatura del candidato per intero, ma chissà che non gli si azzoppi quella vicepresidenza, era il pensiero in sintesi.

Un piano il cui successo, e anzi la cui stessa attuazione, dipende dalla volontà politica dei socialisti di andare davvero allo scontro col Ppe; finora il primo obiettivo della capogruppo S&D, che è una fedelissima del premier spagnolo, è parso quello di mettere in sicurezza il nome spagnolo, Teresa Ribera. La dinamica politica delle audizioni implica che prendendo di mira un candidato si possa assistere poi a una ritorsione contro il proprio, con uno schema di botta e risposta tra maggioranze. 

In questo contesto, il leader del Ppe Manfred Weber – che ha avviato un’alleanza tattica con Fitto e Meloni nel 2021 e che ha integrato i Conservatori già con l’elezione di Metsola nel 2022 – ha trovato il modo per garantire al meloniano la posizione più congeniale nel calendario di audizioni. Non è passata l’idea socialista di vagliare sùbito Ribera, ma quella piuttosto di far passare prima tutti i commissari – in maggioranza provenienti dal Ppe e comunque destrorsi – e poi mettere alla graticola insieme nell’ultimo giorno i vicepresidenti esecutivi, cominciando proprio dal meloniano Fitto. 

Il punto cruciale è anche come questo calendario è passato: col supporto di Weber assieme a tutte le altre destre estreme, Patrioti ed estremissimi compresi; cioè inclusi non solo i meloniani, ma pure quei gruppi di estrema destra coi quali a parole Weber dice di voler mantenere le distanze perché filorussi e antieuropeisti. Per dirla tutta, è dal precedente mandato che il Ppe si accorda con queste formazioni, ad esempio per boicottare la transizione ecologica; ma i progressisti urlano al tradimento dato che hanno supportato la rielezione di von der Leyen.

Gli scenari

«Un gesto distensivo»: così lo ha chiamato il capogruppo meloniano di Ecr, Nicola Procaccini. Distensivo verso le estreme destre evidentemente, ma assai provocatorio dal punto di vista delle altre forze: «Utilizzare il supporto dell’estrema destra per spingere un’agenda di destra per le audizioni è esattamente l’opposto di un cordone sanitario», denuncia Reintke. Mentre Iratxe García Pérez dice: «Si è rivelato impossibile trovare un accordo sull’ordine delle audizioni, tra le forze che avevano supportato von der Leyen inizialmente, e ciò è dovuto a una intenzione politica evidente. Non capiamo perché il Ppe giochi alle doppie maggioranze».

Ora la capogruppo socialista ventila audizioni complicate: «Questa vicenda complicherà tutto il processo». Finora i suoi ultimatum sono andati a vuoto: già quando si è capito che la Commissione von der Leyen 2 sarebbe stata sbilanciatissima a destra, la capogruppo assieme al presidente del partito socialista europeo ha minacciato di non approvarla alla fine; ma poi si è concentrata sul mettere in salvo la posizione di Ribera, per quanto in teoria non sia necessario tenersi sulla difensiva, essendo questo profilo già forte e i progressisti già sottorappresentati. A furia di tollerare gli spintoni a destra di Weber, l’esito è l’ulteriore smacco di oggi: c’è da aspettarsi scoppiettii all’incontro tra socialisti previsto per la prossima settimana.

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