Ci sarà chi controlla le dichiarazioni di interesse, chi già punta il dito sui processi in corso, chi fruga nelle sue precedenti votazioni all’Europarlamento, chi vuol fargli il test di europeismo, chi lo contesta per l’autonomia differenziata e chi intende metterlo alla prova per le posizioni omofobe del suo partito.

Insomma, a Raffaele Fitto non basta essere stato indicato da Giorgia Meloni, né essere nelle grazie di Ursula von der Leyen, per poter diventare effettivamente il vicepresidente esecutivo della prossima Commissione europea.

Adesso il pontiere tra la premier italiana e i Popolari europei dovrà sfoderare tutte le sue abilità di tradizione democristiana se vuole sopravvivere alla graticola dell’Europarlamento, dal quale dipende in questa fase il suo incarico. Certo, ci sono anche altri nomi che fanno alzare il sopracciglio: non bastano le dita di una mano per contarli. Il commissario ungherese è quello con più probabilità di saltare ma non è il solo con profili controversi.

Tuttavia Fitto ha qualcosa che gli altri non hanno: la sua nomina ha il valore simbolico dell’estrema destra che riesce a entrare nei piani alti di palazzo Berlaymont, dunque le famiglie politiche progressiste hanno già in serbo per lui una graticola particolarmente bollente.

La prova di Fitto

Prima che si arrivi all’audizione del “candidato” Fitto, passerà ancora del tempo, ma è possibile già raccogliere gli umori e i punti sui quali il meloniano sarà messo alla prova. I più duri saranno i Verdi, che votando von der Leyen speravano di rimpiazzare Fratelli d’Italia nelle simpatie della presidente (o meglio, nella maggioranza) e che ora danno battaglia.

A cominciare dai vertici, e cioè dai due capigruppo. La tedesca Terry Reintke rileva che «certo, magari Fitto non sarà completamente inadeguato, ma alcune parti del portafoglio a lui assegnato ci lasciano perplessi, oltre all’assegnazione della vicepresidenza esecutiva, perciò verificheremo se sia possibile un reshuffling».

Rimpasto: magari non la bocciatura del candidato per intero, ma chissà che non gli si azzoppi quella vicepresidenza, è il pensiero in sintesi. Il capogruppo green Bas Eickhout ammonisce: «L’audizione per Fitto non sarà una passeggiata». Dato che il leader del Ppe Manfred Weber garantirà supporto all’«amico Raffaele», e che per passare l’audizione serve il via libera dei due terzi dei coordinatori di commissione, il gruppo che politicamente e numericamente può davvero intralciare Fitto è quello socialista. Sempre che lo voglia fino in fondo.

«Si sa come funzionano queste cose, se i socialisti iniziano a mettere in difficoltà un commissario sostenuto dai popolari, scatta la controffensiva del Ppe con la commissaria socialista, insomma è tutta una questione di equilibri», spiega da Bruxelles una fonte che per ovvi motivi resta anonima. A ogni modo la capogruppo socialista Iratxe García Pérez dice che «in audizione Fitto dovrà dimostrare non soltanto competenza ma anche un impegno europeista, di difesa dei valori comuni europei come democrazia, stato di diritto, uguaglianza, solidarietà, giustizia, rispetto della diversità».

Per lei la nomina del meloniano alla vicepresidenza esecutiva «rappresenta un elemento problematico» e «il nostro lavoro si concentrerà sulla verifica degli impegni che questo commissario intende assumere».

I socialisti si aspettano insomma da Fitto una abiura del sovranismo – «Fitto si liberi dalla retorica anti europeista» per dirla con il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti – ma all’ex democristiano Fitto non dovrebbe risultare troppo difficile un’opera di mascheramento che salvi la faccia a lui e non solo. Visto che dovrà gestire i fondi di coesione, che servono anche a ridurre i divari, «una domanda sull’autonomia differenziata io la farei», dice l’eurodeputato dem campano Sandro Ruotolo.

Il «rispetto della diversità» di cui parla García Pérez è segnalato anche dalla sinistra europea, la cui capogruppo Manon Aubry nota: Fitto, che prima di diventare ministro era capogruppo di Ecr in Europarlamento, «ha votato una serie di proposte omofobe».

Processi, conflitti e controlli

Aubry contesta a Fitto pure di essere stato «condannato per corruzione»; va detto che la Corte di cassazione lo ha assolto, e che su altre accuse è intervenuta la prescrizione. Ma procedimenti in sede civile sono tuttora in corso, e l’ong che monitora conflitti di interesse e influenze improprie in Ue (il Corporate Europe Observatory) segnala «che Fitto è stato coinvolto in numerosi processi».

La prima radiografia del commissario italiano anticiperà l’audizione e spetterà alla Commissione giuridica (Juri) dell’Europarlamento; questa fase preliminare può essere sufficiente a far cadere un candidato qualora si rilevi un conclamato conflitto di interessi. Il liberale Ilhan Kyuchyuk, che dirige Juri, spiega che «ci basiamo sulle dichiarazioni di interesse dei papabili commissari e di solito in 48 ore rileviamo se c’è un potenziale conflitto, ma possiamo chiedere informazioni aggiuntive e ulteriori chiarimenti».

Il coordinatore dei Verdi in commissione Juri, il noto avvocato tedesco Sergey Lagodinsky, dice a Domani che «per quanto ci sia chi fa pressioni perché la commissione giuridica si limiti alle carte consegnate dai commissari, noi dobbiamo invece considerare tutte le evidenze a disposizione: è una nostra precisa responsabilità». Questo passaggio precede le audizioni vere e proprie e «avverrà verosimilmente la prima settimana di ottobre».

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