- C’era una volta il centrodestra moderato che predicava il cordone sanitario contro i sovranisti e le destre estreme. Oggi non c’è più. Lo si vede a cominciare dalle scelte dei popolari europei a Bruxelles. Lo si vede a Roma e pure a Stoccolma.
- Jimmie Akesson è il leader dei “Democratici svedesi”, formazione di estrema destra le cui incrostazioni neonaziste continuano a venire a galla. Akesson ha provato a camuffarle sotto la bandiera «conservatrice» perché quella era la la strada per arrivare al potere. Oggi il suo partito esce dal voto come seconda forza politica di Svezia. Fino alla tornata elettorale precedente, la destra moderata lo aveva tenuto a distanza. Ora non più: ci si è alleata.
- Proprio come è riuscita a fare Meloni sia a livello nazionale che in Europa, l’estrema destra svedese ha sfondato ogni cordone sanitario. Le analogie e affinità con il caso italiano sono molteplici. Del resto Akesson e Meloni sono alleati e si scambiano consigli.
Da ragazzo, lo svedese Jimmie Akesson ha deciso di entrare in un partito che era noto per le sue radici neonaziste perché voleva lottare contro l’Unione europea. Da leader, ha poi deciso che quelle radici andavano camuffate sotto la bandiera «conservatrice» perché era quella la strada per arrivare al potere. Oggi l’estrema destra di Sverigedemokraterna, i “Democratici svedesi”, esce dalle elezioni di domenica con il venti per cento dei voti, un exploit che la proietta a seconda forza politica del paese. Le somiglianze tra il caso svedese e quello italiano non sfuggono agli osservatori internazionali di ogni specie. Dai commentatori di politica europea ai disegnatori satirici, fino ai twittatori di meme, è Svezia-Italia l’accoppiata del momento. Le analogie e le affinità,del resto, sono tante. Akesson e Giorgia Meloni si sono scambiati consigli e il loro filo diretto durante la pandemia è disponibile anche su YouTube. Ma questa non è l’unica cosa che i due leader di estrema destra hanno in comune.
Sfondamento a destra
Il partito di Akesson all’Europarlamento siede nella famiglia politica dei Conservatori europei, proprio come Fratelli d’Italia, che guida sia il partito che il gruppo conservatore. E proprio come è riuscita a fare Giorgia Meloni sia a livello nazionale che in Europa, l’estrema destra svedese ha sfondato ogni cordone sanitario. Per le sue radici neonaziste, Sverigedemokraterna era stato tenuto a distanza dalla destra moderata fino alla tornata elettorale precedente. Ora l’alleato di Meloni non soltanto è parte integrante della coalizione di destra, nella quale convive con il partito dei Moderati, ma all’interno di quel raggruppamento si è pure conquistato un ruolo da azionista principale.
Uno schema europeo
C’è uno schema che si ripete in Europa, in Svezia, in Italia: il centrodestra che si definisce moderato e che fino a qualche tempo fa cavalcava il voto utile antisovranisti, oggi ha perso le inibizioni verso la destra più estrema. Manfred Weber, che attualmente accentra su di sé i due ruoli di presidente del Partito popolare europeo (Ppe) e capogruppo dei popolari all’Europarlamento, tre anni fa andava predicando che la destra di Viktor Orbán fosse ormai indigeribile, e dopo un lunghissimo stallo il divorzio con l’ungherese Fidesz si è effettivamente consumato nella primavera 2021. Ma da allora Weber ha guidato un’alleanza tattica con la famiglia conservatrice – quella di Meloni, degli ultraconservatori polacchi del Pis e dei “Democratici svedesi” – nel contesto europeo, e di riflesso in quelli nazionali. Dopo l’elezione della nazionalista maltese Roberta Metsola (Ppe) a presidente del Parlamento Ue e l’accordo elettorale con i conservatori (Ecr), che è valso loro alcuni incarichi, il centrodestra di Weber non ha esitato a votare coi sovranisti contro il pacchetto sul clima (Fit for 55). Anche negli agoni elettorali nazionali, il cordone sanitario si è smaterializzato. Il presidente dei Popolari sponsorizza Silvio Berlusconi – Forza Italia è nel Ppe - senza che l’alleanza con Matteo Salvini e Meloni gli produca inibizioni. Altrettanto accade a Stoccolma.
Moderati ed estremi
Ulf Kristersson è il leader del Partito moderato svedese, che appartiene alla famiglia popolare europea, ed è il volto della coalizione di destra. Anche nel 2018 si era candidato alla guida del paese, ma all’epoca aveva difeso gli argini contro la destra estrema, e con l’amico di Meloni, Akesson, non si era sognato di scendere a patti. Mentre però la destra estrema ingrossava i consensi, il suo partito, Moderaterna, li perdeva: rispetto al 2014, i moderati hanno perso oltre tre punti, sfiorando il venti per cento, mentre la destra estrema ne ha guadagnati quasi cinque, raggiungendo quasi il 18 per cento. Con il cordone sanitario ancora da difendere, quattro anni fa per Kristersson formare un governo si è rivelato impraticabile. L’anno dopo però i moderati hanno cambiato strategia: Kristersson ha cominciato a lavorare a un accordo con l’estrema destra, il che ha portato all’attuale coalizione elettorale. Assieme ai “democratici” estremi, i moderati e i liberali contendono il governo al centrosinistra della premier uscente, la socialdemocratica Magdalena Andersson. Il paese è spaccato in due come una mela, i risultati sono too close to call, la distanza tra i due poli è insomma così stretta che per avere la vittoria definitiva bisogna aspettare ancora.
Inversione di marcia
Uno degli argomenti alla base del fallito esperimento di un “gruppone” sovranista europeo era proprio quello di acquisire un peso negoziale nei confronti di un centrodestra moderato ormai logoro.
Quel “gruppone” che tanto piaceva a Matteo Salvini è fallito prima di nascere, ma in compenso la sua competitor interna Meloni, e i conservatori, con la stessa logica stanno conquistando consenso e potere. L’abbraccio tra destra moderata ed estrema comporta un’inversione di marcia da entrambe le parti: il Ppe ha dimenticato il cordone sanitario, e i partiti come Fratelli d’Italia e i “Democratici svedesi” ripuliscono la propria immagine per ottenere il patentino di forza di governo. Akesson, che durante la guerra in Ucraina si è posizionato per l’ingresso della Svezia nell’Alleanza atlantica, da un decennio lavora alla normalizzazione del suo partito e dice di condurre una lotta a razzismo ed estremismo, anche se le incrostazioni neonaziste, xenofobe e islamofobe di Sverigedemokraterna continuano a venire a galla. L’alleato di Meloni oggi ha abbandonato l’idea di una “Svexit”, caldeggiata fino a tre anni fa, ma chi si è preso la briga di andare a fondo nelle biografie dei candidati – come i ricercatori della agenzia svedese Acta Publica – ha trovato che una maggioranza schiacciante di loro ha tuttora legami, o ne ha avuti, con ambienti della destra più estrema.
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