- Ormai è lo scandalo Gattopardo: tutto cambia perché nulla cambi. In principio era stato lo scandalo Qatar: grandi promesse di cambiamento, risoluzioni approvate ad ampia maggioranza, promesse di repulisti. Sono passati mesi. A un soffio dal 9 maggio che è il giorno dell’Europa, si può già vedere come le promesse si stiano infrangendo.
- La più grande promessa tradita è quella di un organo etico indipendente, perché la Commissione europea dopo averne rinviato l’istituzione fino all’ultimo, presenterà con ogni probabilità questo mese una proposta svuotata di significato.
- Una beffa, insomma. Ma i tradimenti sono multipli: gruppi di lavoro che si impantanano in negoziati al ribasso, inchieste interne dai tempi lunghi e dal respiro corto, destre che frenano sulle riforme etiche ma che utilizzano il caso Qatar a pretesto per attaccare le ong. Il Gattopardogate.
Ormai è lo scandalo Gattopardo: tutto cambia perché nulla cambi. In principio era stato lo scandalo Qatar: fior di articoli sulla corruzione che aveva attraversato le istituzioni europee, grandi promesse di cambiamento, risoluzioni approvate ad ampia maggioranza, promesse di repulisti.
Ma ormai sono passati mesi, da quel dicembre 2022 in cui la vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili è stata arrestata in flagranza di reato – per capirci: con le valigie piene di contanti – e da quando l’ex eurodeputato Antonio Panzeri assieme alla sua famiglia – compresa quella politica, il gruppo socialista – è finito al centro della bufera.
Arrivati a un soffio dal 9 maggio che è il giorno dell’Europa, ponendoci con lo sguardo a una certa distanza, con quel regard éloigné che Claude Lévi-Strauss utilizzava per le indagini antropologiche, si può già vedere come le promesse si stiano rapidamente infrangendo mano a mano che si spegne il clamore.
La più grande promessa tradita è quella di un organo etico indipendente, perché la Commissione europea dopo averne rinviato l’istituzione fino all’ultimo, presenterà con ogni probabilità questo mese una promessa svuotata di significato. Una beffa, insomma.
Ma i tradimenti sono multipli: gruppi di lavoro che si impantanano in negoziati al ribasso, inchieste interne dai tempi lunghi e dal respiro corto, destre che frenano sulle riforme etiche ma che utilizzano il caso Qatar a pretesto per attaccare le ong e la società civile.
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»: vale per ogni fiction, dai romanzi ai discorsi politici.
Braccialetti elettronici
Giri di soldi per influenzare le istituzioni Ue, Europarlamento per primo, e ottenere una postura più favorevole verso Qatar e Marocco: questo è il grande tema al centro dell’indagine guidata dal giudice belga Michel Claise. È diventata pubblica a dicembre, con le immagini dei contanti messi in valigia e le foto della vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili agli arresti, e in qualche modo la parabola torna a chiudersi proprio con lei.
Di tutti i nomi finiti tra i sospettati, lei è stata l’ultima a lasciare il carcere. Subito destituita come vicepresidente dall’aula, e rimpiazzata con un altro socialista, il lussemburghese Marc Angel, soltanto dal 14 aprile ha raggiunto gli altri – incluso il suo compagno Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri – nel limbo del braccialetto elettronico e dei domiciliari.
Tra i controllati per via elettronica, anche Panzeri stesso, che ha beneficiato delle opzioni previste dalla legge belga per chi si pente e ha optato per il patteggiamento, e inoltre l’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella.
Il 16 maggio è prevista l’udienza sull’estradizione di Andrea Cozzolino, mentre la procura milanese indaga su Monica Rossana Bellini, commercialista di Panzeri.
Commissioni a metà
I socialisti per il momento se la sono cavata in due modi: anzitutto, qualche passo indietro delle figure toccate o sfiorate dalla vicenda; Andrea Cozzolino fuori da socialisti e dem, Marc Tarabella sospeso da S&D, Marie Arena che lascia la presidenza della commissione Diritti Umani, Pietro Bartolo non più relatore ombra sui visti.
Inoltre, è stata avviata una indagine interna. «Non posso dire nulla perché i lavori sono in corso e l’indagine è indipendente», aveva detto a Domani nell’intervista di fine aprile Iratxe García Pérez, la capogruppo socialista, promettendo comunque che «sì, i risultati si avranno prima delle europee». In concreto, c’è un ex eurodeputato laburista – che prima di Brexit era coi socialisti quindi – che si chiama Richard Corbett e che affianca nell’opera la presidente di Transparency Spagna, Silvana Bacigalupo.
Quanto andrà a fondo l’opera di ripulitura, lo si intuisce dalle domande che la capogruppo evita. Quando le si chiede come mai avesse indicato Kaili alla vicepresidenza nonostante nella delegazione greca non fosse sostenuta, lei sostiene che fosse tra i pochi a essersi proposti. E sulla sua capa di gabinetto Laura Ballarin Cereza in vacanza con Giorgi, il compagno di Kaili, García Pérez si limita a dire che prima degli arresti non sapeva del caso corruzione. Dopo sì.
Se si cerca pulizia profonda, va detto, le prime ritrosie si riscontrano tra i popolari di Manfred Weber: sono loro che hanno osteggiato la proposta di una commissione dell’Europarlamento dedicata proprio al caso Qatar. C’è chi, come la sinistra europea guidata da Manon Aubry, aveva insistito molto su questo punto, anche per farne un’arma di campagna elettorale in vista delle europee 2024.
Ma nulla da fare: alla fine l’aula ha convenuto su una soluzione di compromesso, e cioè quella di estendere il mandato di una commissione speciale che era stata già istituita, quella contro le interferenze straniere (Inge). La vita della commissione speciale Inge è stata prolungata, come pure lo scopo: da febbraio 2023 è “ING2”.
Questa settimana c’è stato un primo negoziato in vista della presentazione del rapporto finale in commissione a giugno. Si tratta di un rapporto il cui peso è politico, non legislativo, eppure i tentativi di dirottarlo abbondano. Già a inizio maggio gli emendamenti erano più di 400, e i popolari europei stanno tentando di utilizzare il testo come cavallo di Troia per la loro battaglia contro le ong; un tentativo di criminalizzare la società civile che unisce trasversalmente popolari, meloniani, destra di ogni versante.
L’etica che non c’è
Cosa resta, in tutto questo, delle belle promesse di autoriforma votate ad ampia maggioranza dall’aula a dicembre? E che fine ha fatto la lista di 14 punti stilata dalla presidente Roberta Metsola con la concertazione poi dell’ufficio di presidenza, quindi dei gruppi? Dopo le svariate sollecitazioni dell’Europarlamento, arriverà o no dalla Commissione Ue una proposta di organo etico degna di questo nome? Anticipiamo la risposta, che è no.
Ma andando in ordine, come spiega a Domani il pasionario dello stato di diritto Daniel Freund, eurodeputato verde tedesco che è stato rapporteur dell’aula sull’organo etico indipendente, «di tutte le 14 proposte contenute nella bozza Metsola, e che già erano meno ambiziose della risoluzione votata a dicembre, ad oggi abbiamo concretizzato solo un punto: il cooling-off period (periodo di raffreddamento) per i membri del Parlamento Ue. Peraltro è passato nella versione debole – dura sei mesi – e non in quella ambiziosa più lunga proposta da noi verdi».
Lunedì in ufficio di presidenza (il bureau) «verrà affrontata la questione delle lobby che organizzano eventi», e i punti messi a segno potrebbero diventare due, comunque il più resta da fare: è in mano a un gruppo di lavoro della commissione Affari costituzionali, che ha l’incarico più delicato e determinante, cioè quello di mettere mano al regolamento. «Conflitti di interessi, codici di condotta e quant’altro: anche solo votare qualcosa prima dell’estate suona oggi ambizioso», dice Freund: «Non esattamente una “pulizia rapida!”».
Anticipazioni (e delusioni)
La delusione in assoluto più cocente, per Freund e non solo, coinvolge anzitutto la Commissione europea.
È infatti da ben prima dello scandalo Qatar che l’Europarlamento ha sollecitato Bruxelles perché partorisse finalmente la proposta di un organo etico indipendente. Von der Leyen aveva fatto promesse, la commissaria alla trasparenza Jourova pure, ma niente; del resto pure in aula il Ppe nicchiava.
Dopo lo scandalo corruzione, sembrava arrivato il momentum. Intervistata da Domani a febbraio, Věra Jourová aveva giustificato i ritardi con la complessità del dossier e di metter d’accordo tutti per un accordo interistituzionale. Di rinvio in rinvio, si è arrivati a maggio.
Mentre con gran fanfara Jourová ha già presentato una riforma europea sulla corruzione, l’organo indipendente aspetta ancora. E soprattutto, pare che sarà svuotato di significato, non solo per ciò che Jourová ha anticipato a febbraio a Domani, ma anche per i risvolti più recenti sulla bozza in lavorazione.
Li anticipa Freund: «Ancor più preoccupante del ritardo è il contenuto della proposta, che per quel che mi risulta non avrà nulla a che fare con un organo etico. Sarà un organo che discute per definire standard comuni; non che io abbia nulla in contrario, ma il grande tema dell’integrità per come lo avevamo posto all’inizio non si limitava certo ad armonizzare gli standard! Il punto è cosa succede se li si infrange. Oggi gli standard non vengono implementati, e se vengono infranti nessuno viene sanzionato: era per questo che da rapporteur avevo proposto un organo etico indipendente!».
Insomma, von der Leyen e il suo team stanno lavorando a un macchinosissimo organo che tenga insieme non solo Commissione e Parlamento Ue, ma pure il comitato delle regioni e chi più ne ha più ne metta; ma che promette di essere un pachiderma senza alcuna reale rilevanza. Chissà se le cronache battezzeranno ora un Gattopardogate.
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