- Ci sono stati sette arresti nei giorni scorsi, eppure le istituzioni sportive cercano di ridimensionare la portata dell’episodio, a cominciare da Javier Tebas, controverso presidente della Liga.
- L’ex arbitro Esquinas Torres si è detto pentito di aver convinto Eto’o nel 2006 a non abbandonare il campo, quando a Saragozza fu a sua volta vittima dei cori: «Oggi non saremmo a questo punto». Accusa il sistema-calcio di aver scritto protocolli inadatti.
- Intanto, si fa strada l’ipotesi che la vicenda possa danneggiare la corsa della Spagna a ospitare i Mondiali 2030 in candidatura congiunta con Portogallo, Marocco, Ucraina.
Intorno al ragazzo la scena si fa affollata. Vinicius José Paixão de Oliveira Júnior, attaccante del Real Madrid, è dal tardo pomeriggio della scorsa domenica l’attore principale di una vicenda andata fuori controllo. E a margine della sua performance più estrema si accalcano altri figuranti che sentono di dover dire la loro.
L’ultimo della serie è Rubén Baraja, che da calciatore è stato centrocampista di qualità del Valencia e da allenatore sta traghettando il club verso una sofferta salvezza, dopo le dimissioni di Gennaro Gattuso.
Nella giornata di ieri Baraja ha esternato dando voce a una fra le tante doppiezze generate dal pomeriggio di un giorno da cani vissuto domenica al Muncipal Mestalla: uno stadio intero contro un calciatore. Per un verso ha nettamente condannato l’atto di razzismo, precisando che il Valencia ha avuto e ha “jugadores de raza negra” (ciò che fa intendere quanto il termine “razza” abbia tuttora piena cittadinanza nel linguaggio quotidiano spagnolo).
Per un altro verso ha espresso indignazione dopo la pesante sanzione inflitta al club: chiusura per 5 cinque partite della tribuna intitolata a Mario Alberto Kempes (quella da cui è stata vomitata grossa parte della bile razzista) e 45mila euro di multa. Un’ingiustizia, secondo Baraja. Che ha così dato voce al valencianismo ferito (ma da cosa, esattamente?), e in fondo anche a quella parte dell’opinione pubblica spagnola che ritiene si sia innescata una reazione isterica ai fatti.
Il gioco dei distinguo
Quella del tecnico valenciano è l’ultima variante sul tema del Gioco dei distinguo. Il gioco per cui si sostiene che “sì, è stato razzismo ma...” e dietro quel “ma...” si apre la via del ridimensionamento: ma non era tutto lo stadio, ma Valencia e il Valencia non sono razzisti, ma non è vero che la Spagna è razzista.
E così si procede in una dinamica di spacchettamento e frammentazione che sposta ancora un po’ altrove la portata dei fatti, intanto che da giorni la Spagna si vede appiccicare addosso un’etichetta infamante. Il nervosismo generalizzato ha trovato l’emblema nel presidente della Liga, Javier Tebas Medrano. Che è un uomo radicalmente di destra, un franchista mai pentito.
Da ragazzo era il delegato per Huesca di Fuerza Joven, il braccio giovanile del movimento Fuerza Nueva fondato da Blas Piñar, ex ministro della Cultura sotto Franco poi entrato in dissenso col caudillo perché gli pareva che il regime si stesse facendo troppo moderato. Tebas ha accusato Vinicius di non partecipare alle iniziative della Liga contro il razzismo, quindi ha specificato che sui nove casi di questa stagione, ben otto hanno avuto al centro lui. Messa così, pare quasi sia tutta colpa sua.
I Mondiali del 2030 a rischio
Il brasiliano non si vede perdonare nulla, anche in ragione di un carattere forte e esplicito. Per dirla tutta, è un Balotelli che ce l’ha fatta (almeno finora). Così, non gli vengono perdonati atteggiamenti che ricordano quelli del calciatore ex Inter e Milan. E qui sta uno degli aspetti fondamentali. Avrà il diritto a essere sbruffone? O fra le risposte alla sbruffoneria c’è anche il diritto all’insulto più infamante, razzismo compreso?
Interrogativi che trovano un contesto culturale impreparato. Perché ogni paese d’Europa si confronta con la questione del razzismo e il calcio è sempre in prima linea quando si tratta di rendersi conto che esiste questa emergenza sociale. Ma ciò che sta accadendo in Spagna è andato fuori misura, tanto da conquistare per giorni il centro del dibattito e portare a interrogarsi non già sul razzismo del calcio spagnolo ma sul razzismo presente nel paese.
Con l’aggiunta di pentimenti tardivi, come quello dell’ex arbitro Victor Esquinas Torres, colui che nel 2006 convinse Samuel Eto’o a non abbandonare il terreno di gioco del Saragozza in reazione agli insulti razzisti, insieme con l’allenatore dell’epoca Frank Rijkaard. A quasi vent’anni di distanza Esquinas Torres dichiara che se tutti quanti fossero andati via, forse oggi non staremmo discutendo di Vinicius. Ma accusa il calcio di aver scritto protocolli che di fatto impediscono di sospendere le partite.
Sono dichiarazioni rilasciate al quotidiano El Mundo, che nella stessa edizione ha riportato un’indiscrezione: l’immagine razzista che dilaga in questi giorni potrebbe costare alla Spagna la corsa a ospitare i Mondiali del 2030, per la quale è stata costruita una complessa candidatura in associazione con Portogallo, Marocco e Ucraina. Vuoi vedere che qualcuno darà la colpa a Vinicius anche di questo?
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