- Qui c’erano solo macchie boschive e sprazzi di cereali. Il villaggio rurale di Usnarz Gorny era fino a poco fa una periferia dimenticata dell’Ue, l’ultima appendice d’Europa prima che cominci la Bielorussia. Oggi questo lembo di terra polacca è trasformato in una trappola per rifugiati in fuga dai Talebani.
- Gli afghani in cerca di asilo sono tenuti in ostaggio al confine tra Polonia e Bielorussia e il governo polacco stende chilometri di filo spinato per sigillare la frontiera.
- Anche la Lituania avrà un nuovo muro. L’alibi e l’accusa a Minsk è di usare i rifugiati come un’arma. Ma così chi fugge da Kabul è respinto fuori dall’Ue.
Qui c’erano solo macchie boschive e sprazzi di cereali. Il villaggio rurale di Usnarz Gorny, con poco meno di cento abitanti quasi tutti ultrasettantenni, era fino a poco fa una periferia dimenticata dell’Unione europea, l’ultima appendice d’Europa prima che cominci la Bielorussia. Oggi questo lembo di terra polacca viene trasformato in una trappola per rifugiati in fuga dai Talebani.
Decine di afghani in cerca di protezione sono tenuti da giorni in ostaggio al confine tra Polonia e Bielorussia, sono affamati eppure vengono trattati alla stregua di pericolosi nemici; il numero di forze dell’ordine asserragliate per tenerli alla larga è in aumento, raddoppierà fino a duemila lungo la frontiera, mentre tra i migranti in fuga c’è chi mostra i segni di manganellate della polizia. Il ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak, vanta i chilometri di filo spinato stesi al confine come medaglie al valore.
«Stiamo sigillando il confine con la Bielorussia», dice. «I soldati hanno già eretto 100 chilometri di recinzione mentre altri 50 vengono installati in queste ore». Il nuovo muro d’Europa «alto due metri e mezzo» nasce con un alibi, resistere agli attacchi della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, che usa i migranti come arma contro Polonia ed Europa, «li dirotta coi servizi segreti», dice Maciej Wąsik, viceministro dell’Interno.
Così la Polonia, che la guerra in Afghanistan con gli americani la ha combattuta, ora tiene alla larga la gente in fuga; il governo ultraconservatore polacco sta persino cambiando i regolamenti pur di respingere chi chiede protezione in Europa.
I muri e la Bielorussia
Anche la Lituania erge un nuovo muro: «Sarà alto tre metri, lungo 508 chilometri, costerà 152 milioni di euro e sarà pronto entro settembre», ha annunciato ieri il governo lituano. L’obiettivo? «Fermare l’arrivo crescente di migranti che Lukashenko orchestra». Lituania e Polonia sono accomunate da un confine con la Bielorussia, dal sostegno all’opposizione a Lukashenko e da una comune «sensibilità alla politica imperialista russa», dicono i due governi. Da settimane Varsavia, paesi baltici e istituzioni europee, accusano il despota bielorusso di utilizzare i migranti come «armi» per fare pressione sull’Europa e come ritorsione per le sanzioni. L’Ue ha già accusato la Bielorussia di sospingere richiedenti asilo iracheni verso la frontiera europea, e la Commissione europea ha espresso «sollievo» quando l’Iraq ha interrotto i voli verso Minsk. Il ministro degli Esteri di Vilnius riferisce che un anno fa nel paese sono entrati meno di cento migranti, mentre in questa fase in 4mila hanno chiesto asilo; fra loro 2.800 iracheni. «Se si continua così verranno nel nostro paese in 10mila entro fine estate», è la previsione del ministro Gabrielius Landsbergis. Dunque il suo paese si sigilla dietro il filo spinato. E così fa Varsavia. Mentre la stessa cancelliera Angela Merkel parla di «guerra ibrida» di Lukashenko all’Europa, e del suo «uso di rifugiati iracheni per attaccare non solo un paese ma tutta l’Ue», succede però che dentro questa «guerra ibrida» finiscono intrappolati gli afghani in fuga.
Afghani ostaggi al confine
Mentre i Talebani si prendevano l’Afghanistan, una manciata di afghani si presentava al confine tra Bielorussia e Polonia e da allora aspetta invano di ottenere protezione. Il deputato di sinistra Maciej Konieczny, che è sul posto, ha riferito che «sono rimasti intrappolati tra due schieramenti di forze dell’ordine, all’inizio la polizia ha dato loro da mangiare, poi nemmeno quello». La gente del villaggio ha provato a far arrivare zuppa e pane ma la polizia li ha sequestrati. Così decine di persone sono da giorni in trappola tra Bielorussia e Polonia, che si accusano tra loro di provocare un conflitto. E gli afghani restano stretti nel mezzo. «Dall’ultimo contatto coi rifugiati, anche donne, sappiamo che c’è chi sta avendo seri problemi di salute», fa sapere l’ong Fundacja Ocalenie. «Ai detenuti è stata data acqua. Non siamo in grado di determinare se dalla parte polacca o bielorussa». Detenuti, ostaggi, intrappolati, richiedenti asilo. Per il difensore civico polacco, Varsavia viola la convenzione di Ginevra; si parla di respingimenti illegali. La sinistra dice che «Minsk usa i rifugiati per i suoi interessi ma non è la loro presenza che può destabilizzare la Polonia, bensì la reazione crudele dei suoi politici; il Pis vuol suscitare la paura dei rifugiati». Il Pis a sua volta insinua: «Sono davvero rifugiati? O è esportazione del terrorismo? Fanno il gioco di Lukashenko e Putin». Nel frattempo le divisioni sul tema ripercorrono altre fratture nel paese. La società civile accogliente c’è eccome, «molte città sono pronte ad accogliere gli afghani», fa sapere Piattaforma civica, partito centrista d’opposizione noto anche come “il partito dei sindaci”. L’opposizione rivendica umanità e accoglienza. Le femministe dello Sciopero delle donne protestano contro il muro, viceversa l’estrema destra di Robert Bąkiewicz che lo scorso autunno prese d’assalto le femministe va al confine per dare man forte alla polizia. In tutto ciò, la Guardia di frontiera si rifiuta di accogliere le richieste di protezione internazionale. Quella frontiera è europea.
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