- Macron fa l’europeista in Francia e il nazionalista in Europa. La presidenza di turno in Ue è per lui la leva da usare in patria per rimanere saldo all’Eliseo, mentre in sede europea persegue gli interessi francesi.
- La sua strategia per le presidenziali 2022 è posizionarsi come europeista quanto basta per differenziare la sua offerta politica da quella più destrorsa, ma schiacciare la sua visione di Europa sugli interessi nazionali in modo da sedurre gli elettori sensibili a argomenti sovranisti.
- Il risultato è lo slogan «Europa sovrana», che tiene insieme federalismo europeo e sogni di grandezza nazionali, non senza contraddizioni. A meno che non si faccia coincidere l’Europa con gli interessi francesi, cosa che Macron sta facendo: linea pragmatica con la Polonia, grandi interessi industriali francesi in campo
Ancora deve annunciare che vuol mantenere la presidenza di Francia, ma in compenso Emmanuel Macron si atteggia già a leader dell’Europa. Proprio l’Europa, e la presidenza di turno francese che inizia a gennaio, è per Macron la leva strategica da usare per rimanere saldo all’Eliseo.
Mentre il campo progressista, già infragilito e frammentato, ancora discute se compattarsi o meno, e quindi programma già da sé la propria sconfitta, è a destra che il fondatore di En Marche! deve vedersela coi competitor. Ecco allora qual è la sua strategia: posizionarsi come europeista quanto basta per differenziare la sua offerta politica da quella più destrorsa, ma schiacciare la sua visione di Europa sugli interessi nazionali abbastanza da poter sedurre anche gli elettori sensibili agli argomenti sovranisti.
Il risultato è uno slogan, “Europa sovrana”, che tiene insieme federalismo europeo e sogni di grandezza nazionali: un quadro a dir poco contraddittorio, a meno che non si faccia coincidere l’Europa con gli interessi francesi.
L’Europa e l’asse politico
«Emmanuel Macron è l’ideologo di ciò che è irrealizzabile»: così il più a destra di tutti i candidati all’Eliseo, Éric Zemmour, commenta gli annunci macroniani sulla presidenza di turno in Ue. «Lui è un federalista europeo che vuole far naufragare la nostra nazione dentro l’Europa». Marine Le Pen, che in teoria incarna il sovranismo dediabolizzato, definisce l’Unione europea «una tirannia tecnocratica».
Anche se in queste presidenziali nessuno contempla l’ipotesi di uscire dall’Ue, l’idea di una Unione à la carte imperversa. Il sovranismo giuridico in stile Varsavia piace ai sovranisti, e lambisce pure i Républicains: Michel Barnier, ex negoziatore Ue e da poco sconfitto alle primarie, predica l’autodeterminazione nazionale sul tema immigrazione. Valérie Pécresse, che quelle primarie le ha vinte, e che nella destra oltre Macron è la figura più orientata al centro, è una figura affine all’establishment Ue, ha sostenuto una Ue forte; ma è anche rigorista, come ha mostrato da ministra di Bilancio e conti pubblici nel 2011. Ecco allora dove si colloca l’offerta politica di Macron: non solo europeista, ma «per un ripensamento del quadro di bilancio europeo», più in linea con l’indebitamento comune del Recovery che con linee rigoriste. La presentazione della presidenza francese coincide in realtà con la campagna per le presidenziali, come è chiaro a tutti gli osservatori internazionali; Rick Noack, che è il corrispondente a Parigi del Washington Post, nota non a caso che «la presidenza di turno Ue non ha tutti questi poteri». Fosse per gli annunci di Macron, si intenderebbe che chi presiede il Consiglio dell’Ue possa da solo in sei mesi imprimere una direzione su migrazione, difesa, bilancio… L’importante è crederci, almeno fino ad aprile. La stessa Conferenza sul futuro dell’Europa è stata fortemente voluta dall’attuale presidente francese proprio come vessillo europeista da poter esibire; anche se si concluderà dopo il voto francese, al riparo da eventuali delusioni sugli esiti.
La Francia e gli interessi
Dietro le velleità federaliste si nasconde però un preciso piano di spalmare le scelte europee sugli interessi francesi, e in questo senso Macron fa il sovranista in salsa europeista. Oggi ha accolto il nuovo cancelliere tedesco per saldare una convergenza francotedesca. Ma per ora è soprattutto alla precedente cancelliera che si ispira, ed è suo il vuoto che vuole riempire: così come Angela Merkel ha sempre preferito il pragmatismo, anche Macron fa altrettanto. Un esempio concreto è il tentativo di accordo con la Polonia, che segue la tradizione di compromesso merkeliana. Con Varsavia, l’Eliseo ha fatto un patto, e se la ritrova alleata sul fronte pro nucleare e gas.
Già al Consiglio europeo di ottobre, Macron “dialogava”; ora, verso la presidenza di turno, lunedì raggiungerà il gruppo di Visegrad per il vertice a Budapest. Oggi il segretario di Stato agli Affari europei Clément Beaune ha detto espressamente che si aspetta un compromesso con il governo polacco così che possa esser sbloccato l’anticipo del 13 per cento dei fondi di ristoro, finora tenuti bloccati dalla Commissione. Anche la proposta di riforma di Schengen ha una chiave nazionale: più controlli alle frontiere assecondano la retorica anti-immigrazione che va forte in campagna elettorale.
Irrobustire una difesa comune fa gola ai colossi francesi dell’industria militare come Airbus. L’intera strategia industriale di Macron, così come dell’ex manager Thierry Breton da lui posizionato strategicamente come commissario Ue al Mercato interno, si fonda sul rafforzamento del «campioni industriali». Quali? Le grandi imprese di Francia, tra le quali non solo Airbus ma anche settori come energia, nucleare, auto, digitale… Attraverso eventi pubblici, incontri con Beaune, e attività lobbistica, hanno contribuito a disegnare i piani per la presidenza di turno.
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