Solo 370 voti a favore, un record negativo nella storia dei collegi e per la presidente stessa. Fratelli d’Italia vota sì, ma il nuovo mandato nasce all’insegna dell’instabilità provocata dai popolari con la politica dei due forni che guarda anche alla destra estrema. E che scompone i progressisti: fronde di scettici anche tra socialisti e verdi
Questa mattina la presidente della Commissione europea ha presentato la sua squadra – la più destrorsa dei tempi recenti nonché sopravvissuta integralmente alle audizioni dell’Europarlamento – di fronte alla plenaria a Strasburgo. Diversamente dal voto di luglio sulla presidente, a favore della quale si erano espressi 401 eurodeputati, quello di oggi sul von der Leyen 2 non richiede maggioranze rafforzate e soprattutto non è segreto.
La Commissione parte con soli 370 voti a favore, 282 contro, 36 astenuti, con un totale di 688 presenti al voto e 719 aventi diritto. Fratelli d’Italia vota a favore, ma il nuovo mandato nasce all’insegna dell’instabilità provocata dai popolari con la politica dei due forni che guarda anche alla destra estrema. E che scompone i progressisti: fronde di scettici anche tra socialisti e verdi.
Per fare una comparazione: con la stessa presidente, la commissione von der Leyen 1 nel 2019 ha ottenuto 461 voti a favore. Volendo soppesare tenendo in conto le variazioni numeriche della composizione europarlamentare, all’epoca l’Europarlamento era composto da 748 membri e oggi sono 719 (circa trenta in meno), ma il collegio von der Leyen 2 ha circa novanta voti in meno del precedente.
Nel 2014 la commissione Juncker ottiene 423 voti a favore. La seconda commissione Barroso nel 2009 ne prende a favore 488, la Barroso 1 (nel 2004) 478. Commissione Prodi (era il 1999): 510 voti a favore.
Come si spiega il record negativo di questa Commissione? Nonostante le collaborazioni su dossier col Ppe, i gruppi più euroscettici non avrebbero sostenuto esplicitamente il collegio; al contempo però gli spintoni verso le destre estreme da parte del Ppe hanno destabilizzato la maggioranza tradizionale al punto che anche nei gruppi prevalentemente a favore ci sono state delegazioni che hanno lanciato messaggi di scetticismo. Le divisioni interne ai gruppi vanno lette anzitutto come posizionamenti tattici.
Come hanno votato gruppi e delegazioni
- I Popolari (Ppe). Tutti a favore (dunque anche Forza Italia) tranne il Partido popular, la delegazione spagnola che aveva diretto gli affondi contro la socialista Ribera tenendo in ostaggio le audizioni, e un paio di astenuti.
- I Socialdemocratici (S&D). Prevalentemente a favore, ma con gruppi di contrari (come gli eurodeputati francesi e una parte dell’SPD) e di astenuti (come la parte più ampia della delegazione tedesca). La delegazione italiana – il Pd – vota sì tranne gli eurodeputati Strada e Tarquinio.
- I Liberali (Renew). Tutti a favore tranne sei astenuti.
- I Conservatori (Ecr). Spaccati a metà, con prevalenza numerica dei contrari. Votano a favore la delegazione italiana – Fratelli d’Italia – e quelle ceca e belga. Contrario, tra gli altri, il Pis polacco. Quattro astensioni.
- I Verdi europei. Lieve maggioranza a favore (capigruppo compresi), un gruppo di contrari, sei astenuti. Vota contro la delegazione dei Verdi italiani.
- I Patrioti per l’Europa (PfE). Tutti contrari, Lega compresa.
- La Sinistra europea (The Left). Tutti contrari, compreso il Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana.
- Il gruppo Esn (“nazioni sovrane”, con AfD) contrario.
Le dichiarazioni sul voto da non perdere
- «Oggi è un buon giorno per l’Europa perché questo voto dimostra che il centro tiene», ha commentato von der Leyen dopo il voto. «Ora non abbiamo tempo da perdere, ci sono sfide significative ai nostri confini, c’è la competitività da rafforzare».
- «Non so se questa sarà davvero la Commissione europea più a destra della storia – come dicono una sinistra nervosa e i verdi nervosissimi – ma io me lo auguro», dice il capodelegazione di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza. «Su green e rimpatri, ad esempio. Ne vedremo delle belle». «Non esiste una maggioranza di centrodestra perché non esiste un vincolo di maggioranza», ha dichiarato oggi il meloniano Nicola Procaccini, capogruppo dei Conservatori europei. «Quello delle sinistre è stato uno psicodramma», ha aggiunto, e alludendo all’incarico per fitto ha «riconosciuto alla presidente di aver resistito con dignità e coraggio alle pressioni delle sinistre». FdI – si sapeva già – voterà a favore, ma quanto all’intero gruppo Ecr (del quale fanno parte formazioni che vanno dal Pis polacco al ceco Ods) ogni delegazione voterà come ritiene. Adam Bielan ha annunciato il voto contrario del Pis, del quale è capodelegazione.
- «Voteremo all’unanimità contro», ha detto il delfino lepeniano Jordan Bardella, che guida i Patrioti per l’Europa, dei quali fa parte anche la Lega. Contrario pure il gruppo Esn, del quale fanno parte AfD e gli zemmouriani come Sarah Knafo, che ha annunciato il voto contro del suo gruppo. Le destre estreme si differenziano in questo voto, quindi: Ecr un po’ a favore ma senza posizione unitaria, i Patrioti per l’Europa ed Esn contro. Significa che anche le formazioni che compongono la maggioranza di governo in Italia vanno in modo scoordinato: Forza Italia (Ppe) a favore, FdI pure, la Lega contro. Paolo Borchia, capodelegazione della Lega, non si limita a dire che voterà contro, ma aggiunge che «finora ognuno mi è parso preoccupato dei propri commissari» e aggiunge quella che potrebbe essere letta anche come una bordata a FdI: «Penso che chi vota questa commissione si accontenti di un’Europa ridimensionata, che si adegua a Stati Uniti e Cina».
- «Presidente von der Leyen, non ho alcun dubbio che lei abbia recepito il messaggio di quest’aula, di chi vuole costruire l’Europa con lei», dice la capogruppo socialista Iratxe García Pérez. «Siamo consapevoli di dover lavorare in modo unito e compatto: anche se non potrà godere del sostegno di tutta aula e neppure di tutto il mio gruppo, abbiamo la maggioranza per un progetto europeista, verde, femminista, per lo stato di diritto. Sono sorti molti problemi durante il negoziato, si è cercato di destabilizzare l’Ue anteponendo gli interessi di partito a quelli dell’Europa, ma il messaggio è chiaro: c’è maggioranza, tra popolari socialisti liberali e verdi che vogliono lavorare insieme. Magari oggi non tutti i voti saranno favorevoli ma non finisce tutto oggi e al fianco suo e dei suoi commissari ci sarà un gruppo S&D responsabile». «I cittadini chiedono protezione, solo l’Europa può darne, l’Europa federale: dobbiamo unirci attorno a coraggiose riforme», dice Nicola Zingaretti, capodelegazione Pd. «Presidente, se lei cerca altre strade rispetto a quelle di luglio sarebbe corretto dirlo. Voteremo sì perché si deve partire, non faremo regali a Trump e Putin, ma combatteremo in ogni spazio parlamentare per far avanzare il progetto europeista». Nel gruppo socialdemocratico c’è chi invece ha scelto di differenziarsi, come l’SPD, che in prevalenza si astiene e in piccola parte vota contro.
- «Grazie per aver sostenuto la condizionalità tra fondi Ue e stato di diritto. Nostro compito è anche sostenere la decarbonizzazione. E poi ci sono sicurezza e difesa. Contiamo che tutto il suo collegio seguirà la direzione da lei indicata e noi saremo dalla sua parte», dice la capogruppo dei liberali (Renew) Valérie Hayer.
- «Presidente von der Leyen, complice di Netanyahu, amica delle multinazionali e dell’austerità, la sua Commissione è la Commissione della fine del cordone sanitario. Colleghi, ma come potete votarla?», ha tuonato la capogruppo della sinistra europea Manon Aubry. «Il circo delle audizioni ha ridicolizzato il nostro parlamento, la sinistra ha rifiutato tutto ciò da subito. Voteremo unanimemente contro e saremo l’unica opposizione credibile in questo emiciclo. Appello all’aula: resistiamo prima che sia troppo tardi. Alcuni gruppi sono stati umiliati qui, il mio non è in vendita: faremo opposizione, con speranza e con radicalità».
- Il capogruppo dei Verdi europei Bas Eickhout: «Per il nostro gruppo la decisione è stata difficile. Pensiamo ancora che sia stato un errore dare a Fitto la vicepresidenza». Un affondo a Meloni e al suo governo: «Chi sostiene che non sia estrema destra vada a dirlo alle madri il cui diritto di aver figli insieme è stato portato via, ai giudici criticati perché fanno il loro lavoro e ai giornalisti che sentono sempre più pressione solo perché fanno il loro lavoro in modo indipendente. Combatteremo per una società aperta e inclusiva in cui si può amare chi vuole». Spiega poi perché una maggioranza dei Verdi voterà comunque a favore: «Vediamo anche le minacce all’Ue, le pressioni da Usa e Cina per le nostre industrie, e che la Commissione vuole lavorare con noi sul clean industrial act, sull’adattamento climatico e la transizione giusta, sullo stato di diritto; e ci accerteremo che la cosiddetta agenda di semplificazione non diventi agenda di deregolamentazione». Infine dopo la crisi politica delle audizioni: «C’è una grande responsabilità per il Ppe, esser stati più duri con una rispettabile commissaria socialista che con Várhelyi», il commissario orbaniano, «che ci aveva dato (agli eurodeputati, ndr) degli idioti». «Abbiamo negoziato duramente. Rispetto le divergenze tra i miei colleghi verdi, c’è stata una piccola maggioranza per votare a favore: vogliamo lottare contro l’estrema destra e tutelare il progetto europeo», sintetizza la capogruppo dei Verdi europei Terry Reintke. Tra le formazioni contrarie ci sono gli ecologisti francesi e la stessa delegazione italiana, come manifesta ad esempio Leoluca Orlando: «Voterò no, come tanti, per evitare venga legittimata un’estrema destra pericolosa per l’Ue e per gli stati membri».
Maggioranze in fibrillazione
A luglio, dopo aver mantenuto l’incertezza fino all’ultimo, Fratelli d’Italia aveva detto di aver votato contro; stavolta ha preannunciato di esprimersi a favore. Mentre la presidente è apparsa sin dalla mattina sicura che la sua nuova squadra potesse iniziare i lavori dal 1 dicembre, ben più instabile appare il quadro politico: la sua famiglia politica – i Popolari europei guidati da Manfred Weber – gioca di sponda con l’estrema destra a cominciare da quella meloniana; l’effetto è che l’arco progressista affronta il voto di oggi in modo scomposto.
La sinistra europea (in Italia i 5 Stelle) è l’unica compattamente contro, ma tra i socialisti e i verdi ci sono delegazioni importanti che manifestano il loro scetticismo (ad esempio l’SPD tedesco e gli ecologisti francesi). Il primo argomento di queste rimostranze è l’assegnazione di una vicepresidenza esecutiva a un meloniano, Raffaele Fitto: la nota dei socialdemocratici tedeschi recita ad esempio che «per la prima volta nella storia delle istituzioni comunitarie un rappresentante di un partito postfascista ottiene una posizione di vertice, il che è stato possibile solo perché la presidente della Commissione, cristianodemocratica, lo ha promosso». «Lei si è spinta troppo oltre», ha detto oggi il rappresentante di SPD in aula.
La capodelegazione degli ecologisti francesi, Marie Toussaint, spiega la contrarietà della sua formazione: «Presidente von der Leyen, sull’estrema destra e su Fitto lei non ha fatto una scelta di compromesso, lei si è compromessa con l’estrema destra. Dico ai colleghi italiani, citando Eco: bisogna riconoscere il fascismo». «Voto contro in difesa dei valori europei, per dare un segno di resistenza», dice Gordan Bosanac, il rappresentante dei Verdi croati.
Come si è arrivati al voto
Già nella scorsa legislatura, il leader del Ppe Manfred Weber ha votato alcuni provvedimenti assieme alle destre estreme, ed è dalle elezioni di metà mandato del 2022 (nelle quali il gruppo di Meloni, Ecr, ottenne una vicepresidenza) che prova ad aprire la maggioranza tradizionale – popolari, socialisti e liberali – almeno a FdI, inteso come ponte verso le altre destre estreme. La strategia di Weber consiste nel trasformare i socialisti in un junior partner ma mantenere la regia assoluta e anche la libertà di spostare verso destra la maggioranza quando utile al Ppe: lo si è già visto anche in questo mandato sia sulle migrazioni (il Ppe ha votato con tutte le estreme destre, AfD compresa, per gli hotspot stile Albania) che sul clima (come con l’attacco congiunto al provvedimento sulla deforestazione).
Oggi in plenaria Weber ha dichiarato che AfD e Le Pen sono suoi nemici e che Magyar è l’alternativa a Orbán, ma di fatto si è sincronizzato più di una volta con queste destre estreme. Il suo obiettivo è farlo mantenendo per sé il ruolo di regista.
Per la rielezione di von der Leyen, i Verdi si erano offerti come stampella alla maggioranza tradizionale per rafforzarla in modo alternativo all’estrema destra; Meloni inoltre non aveva supportato la rielezione della presidente. Che ha comunque assegnato una vicepresidenza esecutiva a un meloniano, con malumori tra i progressisti. Weber ha spinto a ogni costo per la conferma piena del ruolo di Fitto oltre che per l’approvazione del controverso commissario orbaniano Olivér Várhelyi, scatenando i popolari spagnoli contro la vicepresidente designata socialista Teresa Ribera. Con la vicepremier spagnola tenuta in ostaggio, i socialdemocratici, guidati all’Europarlamento dalla capogruppo spagnola di S&D Iratxe García Pérez, hanno finito per digerire l’intera commissione, accontentandosi di un vago accordo di piattaforma tra le tre forze tradizionali, che non impedirà al Ppe di fare il doppio gioco.
Lo si è visto alla vigilia di questo voto, quando Weber ha provocatoriamente dichiarato che «Ecr è stata cruciale per l'approvazione dei commissari e dei vicepresidenti. Se non ci fosse stato Ecr non ci sarebbe stata la nomina di Ribera. Ho ampliato il centro, dai Verdi a Ecr. Oggi questo centro allargato è una realtà. E questo ci assicura stabilità».
Quanto ai Verdi, poco prima del voto von der Leyen ha rilasciato una dichiarazione nella quale pubblicizzava la promozione dell’ex capogruppo green Philippe Lamberts a suo consulente (incarico noto ai giornalisti già da mesi) e di volere una maggioranza che includesse i Green. I due capogruppo attuali, Bas Eickhout e Terry Reintke, hanno gestito gli smottamenti sostenendo che von der Leyen e Weber seguano linee non identiche e che von der Leyen ha dato prova di voler dare un seguito agli impegni per il clima. «Weber voleva cacciarci dalla maggioranza ma non ci è riuscito», ha commentato Eickhout. Resta lo scotto di von der Leyen e Ppe pronti a battagliare per Meloni (e Fitto), dunque tra i Verdi ci saranno delegazioni che voteranno contro la commissione.
«Un messaggio ai capogruppo dei Verdi: cercheremo di rafforzare la nostra cooperazione perché questa maggioranza è aperta a chiunque ne condivida i presupposti», ha detto questa mattina la capogruppo liberale Valérie Hayer.
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