È sia farsa che tragedia, il debutto della nuova formazione di estrema destra che tiene insieme Marine Le Pen, Matteo Salvini, Viktor Orbán e altri sovranisti o filorussi di varia foggia.

Questo lunedì all’Europarlamento c’è stato il battesimo ufficiale dei “Patrioti per l’Europa”, che con 84 eurodeputati diventano il terzo più numeroso gruppo dopo Ppe e Socialisti, sorpassando i Conservatori meloniani.

La farsa sta nel fatto che attorno ai Patrioti è stata costruita una operazione di comunicazione che travisa la realtà: come Domani ha svelato già il 30 giugno, quando Orbán si è intestato l’iniziativa, c’era già un accordo con Marine Le Pen, la vera regista politica dell’operazione, e Matteo Salvini era già dentro. Anche se di giorno in giorno il despota ungherese ha voluto farci credere di aver sedotto le destre un pezzetto alla volta, era in realtà Le Pen a negoziare, seguendo un piano di allargamento e di rebranding del vecchio Identità e democrazia.

La tragedia è che l’8 luglio, data prevista per il lancio, doveva rappresentare il culmine del trionfo, spostando anche in Ue l’ondata nera della vittoria del Rassemblement National in Francia; e invece l’onda si è rivelata risacca.

Bardella e Vannacci

Così ecco che il nuovo gruppo si trasforma in premio di consolazione per Jordan Bardella, che ne assume la presidenza. E che sùbito dopo aver fallito il piano di governare la Francia deve aver immediatamente perso l’ossessione della presentabilità e l’attitudine alla «politica della cravatta»: fino a qualche settimana fa diceva di «non conoscere questo Vannacci» e ne stigmatizzava le uscite omofobe, invece ora non mostra fastidi nell’averlo come vicepresidente di gruppo.

Salvini dal canto suo paga tributo al generale da mezzo milione di preferenze, consegnando all’ormai eurodeputato xenofobo e omofobo il primo posto apicale a disposizione per la Lega nei Patrioti e facendosi beffa dell’ala più moderata del partito che covava perplessità sull’operazione.

Le Pen e Orbán

Le Pen ha in mente l’operazione, lanciata questo lunedì, già quando decide di espellere i postnazisti di Afd da Identità e democrazia, smarcandosi da loro in tempo per le europee della “normalizzazione” e creando così un varco per Orbán, che avrebbe maltollerato come alleati i disturbatori di Germania. Anche la presenza della leader del Rn alla convention madrilena di Vox – in prima fila mentre Meloni era solo in diretta video – lascia intendere che le interlocuzioni per strappare i postfranchisti spagnoli a Ecr fossero in corso da tempo.

Con in dote la delegazione più numerosa dell’Europarlamento, Le Pen ha lavorato per far confluire gli alleati di Id dentro un nuovo contenitore, che facesse spazio anche ad altri: oltre a Vox che proviene da Ecr c’è ad esempio Ano dell’ex premier ceco Andrej Babis, che si è sganciato da Renew lanciando il «vettore» iniziale del gruppo a Vienna il 30 giugno con Orbán e l’aspirante cancelliere austriaco Herbert Kickl (estrema destra filorussa FPÖ).

Anche se in realtà è il premier ungherese ad accodarsi dopo esser stato respinto da Ecr, Le Pen gli ha lasciato gli onori della propaganda, così si è preso lui la comunicazione dell’iniziativa (e la prima vicepresidente), mostrando un giorno dopo l’altro l’adesione di André Ventura (Chega), Geert Wilders (Pvv), per un totale ad oggi di 13 componenti.

Nei giorni in cui Orbán getta scandalo per i suoi viaggi a Mosca, poi questo lunedì in Cina, e ora in Usa dove ha un canale diretto con Trump, i Patrioti appaiono come i disturbatori dell’integrazione europea e come un contenitore aperto ai filorussi. Né i tentativi lepeniani di normalizzazione né il ruolo di governo salviniano creano inibizioni a riguardo.

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