- La «eccezione iberica» non è solo una deroga sui prezzi dell’energia che Spagna e Portogallo hanno strappato a Bruxelles, e che promuovono come soluzione per tutta Europa. Quella del governo socialista spagnolo è anche una eccezione politica: da ormai un anno Pedro Sánchez si è battuto in sede europea per ridisegnare il mercato dell’energia. Dopo aver ravvivato un “fronte dell’Europa meridionale”, la Spagna, forte della sua posizione, ha poi ottenuto per sé una deroga dall’Ue.
- Ora il governo Sánchez ha la sua rivalsa politica: posizioni che un anno fa si scontravano con un muro di gomma, oggi fanno breccia. Persino Berlino abbandona le rigidità in materia di prezzi, e Ursula von der Leyen ha dichiarato venerdì che «serve un tetto ai prezzi delle importazioni di gas dalla Russia».
- La Spagna, che è avanti anche sulle rinnovabili, sta lavorando con Berlino a un progetto di gasdotto europeo e punta a diventare un hub continentale. La strategia spagnola si sta rivelando più che mai redditizia.
La “eccezione iberica” non è solo una deroga sui prezzi dell’energia che Spagna e Portogallo hanno strappato a Bruxelles, e che promuovono come soluzione per tutta Europa. Quella del governo socialista spagnolo è anche una eccezione politica: da ormai un anno Pedro Sánchez si batte in sede europea per ridisegnare il mercato dell’energia. Dopo aver ravvivato un “fronte dell’Europa meridionale”, la Spagna, forte della sua posizione, ha poi ottenuto per sé una deroga dall’Ue.
Ora il governo Sánchez ha la sua rivalsa politica: posizioni che un anno fa si scontravano con un muro di gomma, oggi fanno breccia. Persino Berlino abbandona le rigidità in materia di prezzi, e Ursula von der Leyen questo venerdì ha dichiarato che «serve un tetto ai prezzi delle importazioni di gas dalla Russia». La Spagna, che è avanti anche sulle rinnovabili, sta lavorando con Berlino a un progetto di gasdotto europeo e punta a diventare un hub continentale. La strategia spagnola si sta rivelando più che mai redditizia.
L’azione tempestiva
Un anno fa in sede europea si è discusso dell’aumento dei prezzi del gas: dai 16 euro per megawattora di inizio 2021 a quasi 100 a fine settembre dello stesso anno. Il 4 ottobre 2021, i ministri Ue delle Finanze hanno affrontato il dossier, e la Spagna con Nadia Calviño ha sostenuto che va rivisto il modo in cui è strutturato il mercato dell’energia elettrica, perché i prezzi stellari del gas contagiano a cascata anche il prezzo di altre fonti di energia elettrica. Una posizione che oggi anche la Germania è costretta a valutare, e alla quale all’epoca si opponeva fermamente.
La creazione di un fronte
Lo scorso autunno già si è coagulato un fronte di paesi che hanno chiesto di rivedere il sistema: assieme a Calviño, anche il ministro francese Bruno Le Maire. «Bisogna reagire, ma non iper-reagire», ha dichiarato all’epoca il commissario Ue Paolo Gentiloni.
«Non vogliono riformare il mercato? Vengano a spiegarlo ai nostri cittadini», la replica di Le Maire. La Spagna ha insistito, anche con un documento informale, sul fatto che se non si ritocca il mercato, «questa impennata dei prezzi del gas ha un “effetto contagio” su tutto il mercato dell’elettricità, lo sa anche la Commissione».
Qualche mese più tardi Mario Draghi ha rilevato che, senza interventi, il «contagio» si diffonde dall’energia ai prezzi di altri beni, facendo lievitare l’inflazione. Il 26 ottobre 2021, al Consiglio Ue dei ministri dell’Energia, gli argomenti della Spagna sono sostenuti anche da Atene e altre capitali: il fronte che vuol cambiare il sistema cresce.
Cambiare il sistema
Ma c’è anche un blocco che è rigidamente contro, e c’è Berlino a guidarlo. Con un documento, la Germania e altri otto stati membri si oppongono alla riforma del mercato: «Non possiamo supportare misure in contrasto col mercato». Madrid chiede a quel punto il liberi tutti: che almeno si conceda un opt-out, una deroga, a chi quel sistema non lo digerisce.
I mesi passano, i problemi – e i prezzi – aumentano, e anche altri paesi come l’Italia passano in prima linea per cambiare sistema. A metà marzo Draghi raduna a Roma i governi di Spagna, Portogallo, Grecia: è la «alleanza meridionale». Intanto il governo Sánchez passa all’incasso: a fine marzo, dopo un negoziato teso in cui lascia la stanza, il premier ottiene la “eccezione iberica”.
Significa che Spagna e Portogallo fissano un prezzo massimo per il gas utilizzato nella produzione di elettricità, compensano di tasca propria la differenza rispetto al prezzo di mercato ma evitano l’effetto contagio su tutto il mercato elettrico. Il motivo per i quale agli iberici il sistema conviene – e la ragione per la quale Bruxelles lo ha concesso – è che ricorrono solo in minima parte al gas per l’energia elettrica. Grazie all’eccezione la Spagna governa meglio i prezzi dell’energia e di conseguenza anche degli altri beni, risultando così più competitiva.
Centralità iberica
Al Consiglio Ue del 9 settembre, la ministra della Transizione ecologica Teresa Ribera vuol proporre di estendere il sistema a tutta l’Unione. Quel che è certo è che la prossima settimana gli equilibri tra Madrid e Berlino non saranno quelli di un anno fa: oggi anche il governo tedesco ha dovuto ammettere che il mercato è scalfibile.
La Spagna è stata la grande riequilibratrice delle posizioni tedesche, anche a luglio, quando la ministra Ribera si è opposta al piano Ue di riduzione dei consumi: poi in Consiglio è passato, ma con modifiche ed eccezioni. Questa settimana Scholz e Sánchez, che appartengono entrambi alla famiglia europea socialista, si sono incontrati e ravvicinati su intese concrete.
Con il rilancio del progetto “MidCat”, il gasdotto che dovrebbe collegare Spagna e Francia, «in soli nove mesi» – promette Ribera – lo si può dotare di un nuovo collegamento per la Germania. Il piano più generale è quello di fare della Spagna il grande distributore di gas in Europa, e per ora anche su questo fronte Madrid sembra uscire vincente.
© Riproduzione riservata