- È andata come Macron temeva: dal primo turno delle legislative appare chiaro che per il presidente avere una maggioranza parlamentare a suo favore non è cosa scontata. L’unione, a sinistra, ha fatto la forza. I voti incassati dal fronte unito di sinistra ecologista sono pari a quelli per il presidente. E c’è di più: i risultati spazzano via i socialisti dissidenti, danno slancio ai candidati di punta di Nupes, e confermano questo campo come il più attraente per i giovani, in un clima generale da astensione record.
- Il primo turno è decisivo anche a destra: Le Pen va meglio che nel 2017, e soprattutto riesce a liberarsi del competitor Zemmour, che al secondo turno non riesce a trascinare neppure se stesso.
- Ma dopo aver avuto l’appoggio degli elettori di sinistra al ballottaggio delle presidenziali proprio per fermare la destra estrema, ora Macron nei duelli tra Nupes e Le Pen non garantirà supporto alla sinistra se non «caso per caso». Di fronte al successo dei suoi avversari a sinistra è pronto a mettere in cantina il fronte repubblicano.
In questa settimana che traghetta la Francia tra il primo e il secondo turno delle elezioni legislative, c’è da aspettarsi uno scontro frontale tra Emmanuel Macron e la sinistra unita. ll primo indizio è che persino il numero di voti ottenuti diventa campo di lotta politica. I calcoli del ministero dell’Interno, guidato da Gérald Darmanin, lasciano il fronte di sinistra ecologista Nupes al 25,66 per cento di voti, sotto il 25,75 dell’alleanza presidenziale Ensemble! Ma i giornalisti contestano questi calcoli: per le Monde c’è Jean-Luc Mélenchon, in testa, con il 26,1 per cento contro il 25,8. Il ministero omette infatti di calcolare alcuni candidati sotto l’etichetta di Nupes. La discrepanza sarà pure questione di virgole, ma da queste dipende il boccone più o meno amaro che il presidente deve ingoiare, in questa tornata elettorale nella quale rischia di perdere la maggioranza assoluta in aula. Nupes riesce ad accaparrarsi alcuni seggi chiave già al primo turno, mobilita i giovani nonostante l’astensionismo record, mette all’angolo i socialisti dissidenti che hanno rifiutato l’unione. Un exploit che rende la coabitazione, con Mélenchon primo ministro, un’opzione possibile e non un’utopia. Ma proprio per questo il presidente non risparmia colpi: dopo aver diabolizzato la sinistra e il suo leader, pur di stravincere domenica, mette nel congelatore il fronte repubblicano.
L’operazione salva-Macron
L’estrema destra non è certo scomparsa, anzi. Marine Le Pen va meglio del 2017: il Rassemblement National ottiene il 18,7 per cento di voti, mentre cinque anni fa era al 13 per cento, e riuscirà con ogni probabilità a formare un gruppo parlamentare. Inoltre la leader riesce nell’obiettivo di liberarsi del competitor interno Éric Zemmour. La scelta di Le Pen di evitare ogni alleanza con Reconquête, nonostante i tentativi della nipote Marion Maréchal di «unire le destre», le consente di mettere all’angolo Zemmour, che non riesce a portare in parlamento, né al secondo turno, neppure se stesso. In termini di voti, il suo partito resta ben sotto il 5 per cento (incassa il 4,2 circa). Le Pen può dominare il campo indisturbata.
Macron, anche se a parole il suo partito dice che al Rassemblement non deve andare nessun voto, potrebbe pure facilitarla. Nella sessantina di collegi dove al secondo turno è previsto un duello tra Nupes ed estrema destra, la République en Marche non farà blocco a priori per fermare l’estrema destra: anche se promette di non darle voti, deciderà «caso per caso» se supportare o no il nome di sinistra. «Qui c’è il fronte repubblicano contro gli estremi, e alcuni candidati Nupes sono estremi», è la prima indicazione del partito macroniano. Che è coerente con la strategia di demonizzazione della sinistra, diabolizzata al pari dell’estrema destra. Ma che rivela anche le incongruenze presidenziali: ad aprile, nel giorno della vittoria al secondo turno, Macron si era detto grato all’elettorato di sinistra, che aveva votato lui al puro scopo di fare barriera contro l’estrema destra. Ma oggi non ricambia la cortesia.
L’unione e la forza
Nupes passa al secondo turno in oltre 350 circoscrizioni. «Coucou Olivier!»: le immagini di Mélenchon che nella notte di domenica raggiunge il segretario del partito socialista, Olivier Faure, per abbracciarlo e festeggiare, preannunciano le conseguenze a lungo raggio di questo primo turno. Faure non ha soltanto ottenuto il 47 per cento di voti nella sua circoscrizione, ma soprattutto ha fatto la scommessa politica di accettare l’unione del partito socialista – ormai ridotto al due per cento alle presidenziali, ma storicamente radicato sul territorio – alla France insoumise. La scommessa è costata rimostranze da parte di alcuni dissidenti, sostenuti ad esempio dall’ex presidente socialista François Hollande. I risultati danno ragione a Faure e a chi ha voluto l’unione.
Nel feudo di Hollande, la dissidente da lui sostenuta, Annick Taysse, non arriva al dieci per cento. I candidati di punta di Nupes ottengono ottimi risultati: bagno di voti per l’eurodeputato Manuel Bompard, il delfino di Mélenchon, che ne ha ereditato la circoscrizione di Bouches-du-Rhône. Elezione già al primo turno, senza neppure bisogno di ballottaggio, per quattro figure chiave di Nupes – Sophia Chikirou, Sarah Legrain, Danièle Obono e Alexis Corbière – mentre la benedizione dell’elezione immediata riesce a Ensemble! solo per un seggio. Nonostante l’astensione raggiunga livelli record – la ha scelta il 52,5 per cento, superando pure il 51,3 del 2017 – «i pochi giovani che si sono recati alle urne lo hanno fatto per votare Nupes», come ha notato il direttore di ricerca di Ipsos France Mathieu Gallard.
Moderati ed equilibri
In termini di numeri di voti ottenuti, l’unione di sinistra ecologista è testa a testa con il presidente. Ma quando poi bisogna tradurre quei voti in seggi, è la competizione nei collegi a risultare determinante. Dunque le previsioni continuano a indicare che non è detto che Macron abbia una maggioranza assoluta a suo favore, ma stando a Ipsos, Nupes è accreditata fino a 190 seggi. Per ora il presidente porta a casa risultati consolanti per i ministri in carica, chi è candidato passa al secondo turno. Ma ci sono anche sconfitte indigeribili per i diretti interessati: è il caso di Jean-Michel Blanquer, ex ministro dell’istruzione.
In attesa che il secondo turno definisca meglio i contorni dello smacco presidenziale, c’è da vedere che ruolo tattico potrà avere, per Macron, il tesoretto di voti finito ai Républicains, la destra moderata. Per convincere gli elettori a scegliere questo partito al secondo turno, il presidente Christian Jacob esclude che, se il presidente non dovesse ottenere la maggioranza assoluta, saranno i repubblicani a fargli da stampella. Intanto devono vedersela con l’ennesima débacle: alle presidenziali non hanno raggiunto il 5 per cento, alle legislative superano di poco il dieci, ma nel 2017 avevano circa il 16.
© Riproduzione riservata