Normalizzare l’estrema destra: ecco la trappola che ha regalato il podio al prototrumpiano e che offre alla Lega una rivincita. Ma il governo dipenderà dalle alleanze
Non può certo essere considerato una sorpresa, Geert Wilders, parlamentare da un quarto di secolo e avamposto dell’euroscetticismo xenofobo da poco meno. Ma la sua vittoria alle elezioni olandesi è effettivamente dirompente, e non c’è da stupirsi che Matteo Salvini, con la sodale Marine Le Pen, abbia provato a cavalcarla, lanciando il raduno di destra a Firenze il 3.
Le precedenti elezioni chiave d’Europa erano state un flop per le destre, estreme e non. Vox non ha sfondato in Spagna così come Konfederacja non ha potuto salvare il Pis in Polonia, e in nessuno dei due paesi la rottura del cordone sanitario è bastata a prendere il potere. Invece in Olanda si presenta ora una situazione inedita e ulteriore: l’estrema destra non è la stampella, come in Svezia o Finlandia, bensì il primo partito.
E per l’Europa si tratta di un paese fondatore. Non è affatto detto che Wilders diventi il premier, né una coalizione che lo contenga è l’unica opzione possibile. Dal tipo di coalizione che andrà al governo, ancor più che dai risultati elettorali, avremo un indizio di cosa ci aspetta alle europee: se il centrodestra accetta l’abbraccio con l’estrema destra pure quando quest’ultima è il perno, allora ogni illusione dei socialisti di far ragionare i popolari si rivela appunto come un’illusione.
Chiunque vada al governo in Olanda, una cosa può esser già data per certa: con questo voto, le prospettive per un’Unione europea politicamente più integrata si chiudono ulteriormente.
Dalla Padania a Nexit
«Ciao Padania! Avremo le elezioni europee e insieme dovremo combattere il mostro antidemocratico di Bruxelles! La nostra battaglia è la stessa, voi volete essere indipendenti e anche noi combattiamo per diventare indipendenti dall’Unione europea! In Europa siamo tutti Lega Nord!». Così Wilders arringava i leghisti un decennio fa: «Abbiamo perso i controlli sui nostri soldi, sui nostri confini, sull’immigrazione!».
E non c’è niente di nuovo nel pacchetto ideologico che il Partij voor de vrijheid (Pvv) da lui fondato ha presentato agli elettori olandesi. Si tratta di un mix tra neoliberismo sfrenato e sfrenate politiche identitarie: tagliare tasse, togliere fondi ad arte e cultura, ridurre il numero di studenti stranieri, ritirare le precedenti scuse per la schiavitù, bloccare totalmente l’esercizio del diritto di asilo per i rifugiati.
Un’islamofobia da far paura, il no agli aiuti a Kiev, e ovviamente la solita vecchia idea della Nexit, ovvero l’uscita dell’Olanda dall’Ue, o almeno per cominciare un referendum, e intanto un taglio dei contributi al bilancio Ue.
L’errore di normalizzare
C’è da chiedersi come mai, se il prototrumpiano Wilders propone sempre la solita vecchia solfa, sia riuscito stavolta a ottenere 37 seggi, mentre le forze che componevano la precedente coalizione Rutte ne hanno persi circa la metà.
Nel dopo Rutte, Dilan Yeşilgöz-Zegerius, alla guida del Volkspartij voor vrijheid en democratie (partito per libertà e democrazia, Vvd), aveva detto di esser pronta a dialogare anche con l’estrema destra di Wilders. Ma né Vvd, né il neonato Nieuw sociaal contract (il Nuovo contratto sociale nato attorno alla figura di Pieter Omtzigt), pensavano di dover digerire un Wilders premier.
E invece il sorpasso è avvenuto. A meno che il centrodestra non accetti la cooperazione con Frans Timmermans – visto che è arrivata seconda la sua alleanza di sinistra ecologista composta da laburisti e verdi (GroenLinks-PvdA) – si rischia un governo destrorso. Vedremo: ci vuole in media un centinaio di giorni prima che la coalizione si formi, in Olanda.
Intanto uno dei più grandi esperti di destre estreme, Cas Mudde, dà le lezioni di questo risultato. Primo, «se costruisci le elezioni sui temi dell’estrema destra, come l’immigrazione, l’estrema destra vince: la gente preferisce l’originale alla copia». Secondo, «la successora di Rutte ha aperto a una coalizione con Wilders, contribuendo a normalizzarlo».
Non a caso Le Pen interpreta la vittoria dell’alleato come «conseguenza della normalizzazione». Mudde dice chiaramente che non è cambiato il programma di Wilders, «ma solo la strategia»; e lo hanno capito bene gli olandesi, a cominciare dalla comunità musulmana, che si organizzano per scendere in piazza e provare a impedire che l’estrema destra prenda la premiership.
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