- L’Opec+ ha deciso di tagliare ulteriormente la produzione di greggio di 2 milioni barili al giorno. Una mossa che ovviamente piace a Mosca, mentre gli Usa lanciano l’allerta sui prezzi destinati a lievitare. L’Ue intanto è ancora alle prese col nodo dei prezzi del gas.
- «Lasciate che io vi indichi la roadmap, la tabella di marcia per le nostre prossime azioni comuni», ha scritto Ursula von der Leyen nella lettera destinata ai leader europei, riuniti da giovedì a Praga. In realtà la roadmap in questione è più una via di fuga che la presidente disegna per svicolare i propri fallimenti. Anche le mosse di Berlino vanno nella stessa direzione: cercare una via di fuga ora che il malessere per la gestione della crisi si è esacerbato.
- Persino l’Europarlamento, che con la risoluzione appena votata rivendica diritto di parola sul tema dei prezzi, rinuncia alle richieste più radicali. Le forze che comporranno il futuro governo italiano non sono da meno: i Fratelli d’Italia votano contro gli emendamenti che chiedono interventi più incisivi sui super profitti, mentre Forza Italia vota in modo difforme dal resto dei Popolari pur di allinearsi con meloniani e leghisti contro la salvaguardia degli obiettivi climatici.
L’Opec+, il cartello di paesi esportatori di petrolio, guidata dall’Arabia Saudita con la Russia, ha deciso di tagliare ulteriormente la produzione di greggio di 2 milioni barili al giorno. Una mossa che ovviamente piace a Mosca ma che fa arrabbiare gli Stati Uniti, che contavano sui sauditi come alleati. Non a caso il presidente Joe Biden parla di una decisione «miope» e gli Usa lanciano l’allerta sui prezzi destinati a lievitare.
L’Unione europea intanto è ancora alle prese col nodo dei prezzi del gas.
«Lasciate che io vi indichi la roadmap, la tabella di marcia per le nostre prossime azioni comuni», ha scritto Ursula von der Leyen nella lettera destinata ai leader europei, riuniti giovedì e venerdì a Praga. In realtà la roadmap in questione è più una via di fuga che la presidente della Commissione europea disegna per svicolare dai propri fallimenti.
Anche le mosse di Berlino vanno nella stessa direzione: cercare una via di fuga ora che il malessere per la gestione della crisi si è esacerbato. Persino l’Europarlamento, che di solito fa da contraltare agli errori di Commissione e Consiglio, e che con la risoluzione votata questo mercoledì ha rivendicato diritto di parola sul tema dei prezzi, rinuncia alle richieste più radicali.
Le forze che comporranno il futuro governo italiano non sono da meno: i Fratelli d’Italia votano contro gli emendamenti che chiedono interventi più incisivi sui super profitti, mentre Forza Italia vota in modo difforme dal resto dei Popolari europei pur di allinearsi con meloniani e leghisti contro la salvaguardia degli obiettivi climatici.
Il piano Ursula
La lettera di von der Leyen è importante perché, per quanto oggi nell’Ue siano i governi ad avere un ruolo decisivo, e Bruxelles sulla crisi energetica si sia accodata a Berlino, è pur sempre la Commissione europea a dover configurare le proposte. C’è un punto sul quale i commissari hanno dato segno già da giorni di essere disposti a intervenire, e cioè la indicizzazione dei prezzi. Il price benchmark, e cioè il prezzo di riferimento per il gas commerciato nell’Unione, finora è stato il Tff, e cioè il mercato virtuale di Amsterdam; «ma non è più rappresentativo», scrive la presidente ai governi. Bruxelles aveva già dato segno di voler lavorare anche a un indice diverso, e complementare, e non a caso dopo i ripetuti fallimenti sul tetto ai prezzi del gas il governo italiano, Roberto Cingolani in testa, si era messo al lavoro per una mediazione proprio su questo punto. «Con l’ipotesi di un indice complementare, potremmo considerare una limitazione ai prezzi in relazione al Tff». Nella lettera ai governi fa capolino anche il «tetto temporaneo», ma la proposta di Bruxelles è molto lontana dall’imposizione generalizzata di un prezzo massimo di vendita sul mercato.
Tetti e coccodrilli
«Assieme alle nostre azioni che riguardano il gas importato, siamo pronti a discutere la introduzione di un tetto temporaneo al prezzo del gas usato per generare elettricità. Ma questo tetto andrebbe disegnato in modo che non aumenti il consumo di gas».
Quest’ultima obiezione è proprio quella che finora Germania, Olanda e Commissione hanno usato per frenare sul tetto, che peraltro von der Leyen è solo «pronta a discutere». Se ne discute da mesi ormai, quel che manca è una proposta fattiva.
L’ipotesi a cui la presidente allude inoltre può far riferimento a un “tetto alla olandese” e cioè a una compensazione fatta con soldi pubblici, che interviene a posteriori e non nella determinazione del prezzo alla fonte.
La presidente insiste poi anche sugli acquisti comuni, e su un potere contrattuale europeo da rafforzare: anche questo punto, a parole, è avviato da mesi. Von der Leyen cerca di schivare il malessere diffuso e con lacrime di coccodrillo dice di voler «evitare la frammentazione».
Spaccature e tensioni
Attaccato da più parti per l’effetto disgregatore del bazooka tedesco, combinato al freno messo per mesi al tetto ai prezzi, il cancelliere Olaf Scholz si è preparato all’imminente Consiglio europeo con una visita in Spagna.
Pedro Sánchez, come lui nella famiglia socialista ma ai suoi antipodi sul tema energia, prova così a giocare il ruolo di mitigatore delle ortodossie europee di Berlino; viceversa, Scholz chiede a Madrid sostegno sul progetto di scudo di difesa comune. Entrambi i leader spingono per il gasdotto MidCat.
Intanto il vicecancelliere Robert Habeck se la prende con Washington per i «prezzi lunari» del gas dagli Usa.
Il ruolo degli eletti
Mentre le tensioni attraversano l’Unione, per effetto delle non scelte dei governi e dei ritardi della Commissione, intanto gli eletti europei provano a rivendicare un ruolo: finora Bruxelles ha preso provvedimenti – come quelli sul taglio ai consumi – usando la formula emergenziale del «regolamento del Consiglio», che esautora del tutto l’Europarlamento. Questo mercoledì per alzata di mano è stata approvata in aula una risoluzione che sollecita azioni in aiuto di famiglie e imprese.
Nella ridda di emendamenti, con voto nominale, spiccano i «no» dei meloniani ad azioni più incisive sui superprofitti, chieste da sinistra e verdi. Al passaggio in cui si chiede di non sacrificare gli obiettivi climatici, votano contro meloniani, leghisti, e Forza Italia si distacca dalle scelte del resto del Ppe per votare, come loro, contro.
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