«La pace non può essere la capitolazione dell’Ucraina». Emmanuel Macron traccia il programma dell’Europa che vorrebbe vedere davanti a sé il 10 giugno, dopo le elezioni continentali, che secondo lui deve costruirsi attorno alla solidarietà indiscussa nei confronti di Kiev. Ma di lì, lo sforzo unitario va rafforzato: dalla «rivoluzione copernicana» per la difesa comune al raddoppiamento del bilancio europeo – attraverso taglio delle spese o l’utilizzo di «strumenti che già esistono», ossia il debito comune – passando per l’«umanesimo 2.0» che regoli la rete e i rapporti digitali.

Si conclude così, con un discorso, in parte in tedesco, davanti alla Frauenkirche di Dresda, il tentativo del presidente francese di salvare la tornata elettorale di giugno per le forze europeiste. Parole pronunciate davanti a uno dei simboli della Seconda guerra mondiale, con l’ambizione di portare la sfida in quello che è considerato il cuore di una delle regioni più brune (o blu, se si vuole considerare il logo di AfD) della Germania. Il viaggio di Macron concretizza il desiderio di restituire ai cittadini delusi della Germania orientale una prova tangibile dell’Unione europea e dell’amicizia franco-tedesca, da rappresentare con bagni di folla e strette di mano e non solo come meccanismo asettico che partorisce una direttiva dopo l’altra.

L’occasione per il discorso a Dresda è la celebrazione dei 75 anni della Costituzione tedesca (e dei 35 anni dalla caduta del Muro). Padrone di casa, per una volta, Frank-Walter Steinmeier, che ha ospitato il suo omologo francese. Nell’ultima parte del suo discorso Macron l’ha citato: «Come hai detto della Costituzione, l’Europa non è la destinazione, ma la bussola», raccomandando al pubblico composto soprattutto da giovani tedeschi, francesi, polacchi e cechi di non farsi tentare dalla divisione e non cedere al «momento illiberale» che si sta vivendo per esempio in Ungheria.

Confrontarsi con il presidente federale, invece che con Olaf Scholz, con cui l’intesa è ostacolata anche dal carattere, ha agevolato Macron negli ultimi tre giorni: i suoi problemi sono più con il cancelliere che con la Germania, nonostante tutte le questioni di merito che li dividono, come l’Ucraina e la sottoscrizione di nuovo debito comune.

Fermare la deriva

Ma quel che è evidente sia a Berlino che a Parigi è che le prossime elezioni europee saranno un punto di svolta. Lo sanno pure a Roma, dove Giorgia Meloni ha rinunciato a farsi vedere in campagna elettorale con Scholz e Macron per non offrire il fianco alle frecciate di Matteo Salvini. Macron per altro da un lato si pone come argine nei confronti della deriva dell’estrema destra, dall’altra, insieme alla sua arcinemica Le Pen, fa concorrenza alla premier sulla rivoluzione da portare in Europa. Ovviamente sarebbero strade diametralmente opposte, ma entrambe lontane dall’alleanza tra Ecr e Ppe che ha negli occhi la presidente del Consiglio.

La marea nera sta montando, ma mentre il Rassemblement national di Marine Le Pen appare irraggiungibile, in Germania sembra che AfD abbia temporaneamente arrestato la sua corsa, dopo essere stata cacciata la scorsa settimana dal gruppo Ue di Identità democrazia: nelle ultime elezioni comunali in Turingia (che va al voto dopo l’estate insieme alla Sassonia di Dresda) l’estrema destra va al ballottaggio in nove elezioni distrettuali su dodici e in diverse elezioni municipali.

Un risultato che dalla stampa viene valutato per lo più come un trend positivo, ma non indicativo per quanto riguarda il sentiment regionale, che in autunno potrebbe ancora riservare sorprese e rischia di incoronare AfD primo partito. Per il momento, però, l’onda azzurra è stata evitata. Monta anche l’indignazione per un video social di cori di estrema destra: l’«Ausländer raus» (“fuori gli stranieri”) scandito sulle note di L’amour toujours di Gigi d’Agostino dalla gioventù bene in vacanza a Sylt, la Capri tedesca, ha provocato una serie di polemiche.

Forse più della dichiarazione sui «motti schifosi» con cui Scholz ha descritto l’episodio potranno le parole di Macron. Sperano, a Berlino, guardando AfD che nonostante tutto veleggia verso il 15 per cento dei consensi.

© Riproduzione riservata