Gli eletti europei spingono l’Unione europea un po’ più avanti sul fronte del contrasto alla violenza di genere, e mentre in Italia il ddl Zan è fermo e la destra polacca scalpita per uscire dalla convenzione di Istanbul, Strasburgo tenta il sorpasso. Se, come è probabile, l’iter andrà avanti, tutti dovranno adeguarsi. E chi in Italia ha arenato il ddl Zan e in Europa dell’Est conduce una crociata anti lgbt sarà costretto ad adeguarsi.

Di che si tratta

Oggi a Strasburgo, con 427 voti a favore e quindi un’ampia maggioranza, il Parlamento europeo ha adottato una iniziativa legislativa: l’obiettivo è arrivare a una legge e a politiche mirate per fronteggiare tutte le forme di violenza e discriminazione basate sul genere, sia offline che online. L’Unione europea stima che un terzo delle donne europee abbia subito violenza fisica o sessuale. Circa 50 donne perdono la vita a causa della violenza domestica ogni settimana e il 75 per cento delle donne ha subito molestie sesstuali in ambito lavorativo.

Anche lgbtiq

L’iniziativa dell’Europarlamento non riguarda solo la violenza contro le donne: coinvolge le persone lgbtiq. Quando ci si riferisce alla “gender-based violence”, ovunque dal palazzo di vetro a Bruxelles, dalle Nazioni Unite alla Commissione europea, si intende «la violenza rivolta contro una persona per il suo genere e le sue aspettative riguardo al proprio ruolo nella società e nella cultura». Nel contesto europeo, la “victims’rights directive”, la direttiva sui diritti delle vittime, allarga il concetto di violenza di genere anche alla identità e alla espressione di genere. Il testo votato dagli europarlamentari mette tra le sue premesse proprio la considerazione che «le persone lgbtiq+ sono anch’esse vittime della violenza di genere, fondata sul loro genere, sull’identità di genere, sull’espressione di genere e sulle caratteristiche sessuali». Tra le violenze da contrastare è enumerata espressamente anche quella «psicologica».

L’euro-reato

L’obiettivo dell’Europarlamento è che la violenza di genere sia inserita come nuova fattispecie di reato tra quelli già elencati nell’articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Questo articolo prevede che, in ambiti precisi e limitati, l’Ue possa tramite direttive – che quindi vengono assorbite poi negli ordinamenti nazionali, il che vale anche per l’Italia – dettare «norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni». Finora, l’elenco degli ambiti comprende il terrorismo, la tratta di esseri umani, il traffico illecito di armi, criminalità organizzata e poco altro.

Chi vota contro?

Nelle intenzioni degli eurodeputati l’iniziativa dell’Unione non vale solo per reprimere il reato della violenza di genere ma deve esprimersi anche in misure di prevenzione, quindi programmi di istruzione sensibili alla dimensione di genere, ampie misure per combattere tutte le forme di violenza di genere… Una controtendenza rispetto a quella in corso in paesi come Ungheria e Polonia, dove di recente le iniziative vanno in direzione anti-lgbt, anche nel settore dell’istruzione.

E infatti tra i conservatori europei, in particolare i polacchi del Pis, sono fioccati i voti contrari. Nello stesso gruppo, europarlamentari di Fratelli d’Italia come Raffaele Fitto si sono astenuti. Astenuti anche, nel gruppo di Identità e democrazia, il presidente Marco Zanni, e altri leghisti, donne incluse, come Susanna Ceccardi. 

Il momento giusto

Adesso è la Commissione a dover attivarsi perché si vada avanti a inserire la violenza di genere tra le categorie di euro-reati considerate dall’articolo 83. Ci sono buone ragioni per pensare che Bruxelles darà seguito a questa spinta. La prima ragione è che il testo è stato approvato con la maggioranza assoluta, e sin dal suo discorso di insediamento del 2019 Ursula von der Leyen si è impegnata a rispondere con un progetto legislativo ogni volta che si realizza questa condizione, di una richiesta di proposta legislativa approvata con ampio margine. Inoltre ieri nel discorso sullo stato dell’Unione, in cui detta l’agenda per l’anno a venire, la presidente della Commissione europea ha annunciato: «Entro la fine dell'anno presenteremo una proposta di legge per la lotta contro la violenza sulle donne. Parliamo del perseguimento efficace dei reati, di prevenzione e protezione, online e offline». Sintonia tra le due istituzioni quindi.


 

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