Su pressione di lobby e governi, Bruxelles vuole considerare gas e nucleare come “green”. Ma anche il gruppo di esperti a cui si rivolge le ha appena fatto avere una fragorosa bocciatura. Si aggiunge alle perplessità di investitori, ong, europarlamentari e qualche governo non allineato
La scelta della Commissione europea di assecondare le pressioni di lobby di settore e governi, con la alleanza pro nucleare e gas guidata dalla Francia, incassa una bocciatura dopo l’altra.
Il rapporto degli esperti
Il gruppo di esperti che affianca la Commissione sulla tassonomia, e il cui parere sulla proposta sarà ufficializzato entro lunedì, boccia fragorosamente il piano von der Leyen.
Le notizie filtrate sul parere di questo gruppo dicono che, con consenso inedito per ampiezza, i membri esprimono una serie di preoccupazioni. Il parere duro è sul gas, perché la Commissione concede un limite alle emissioni troppo lasco, il che è un paradosso visto che l’etichetta green al gas viene giustificata con l’obiettivo di sostituire altre fonti più inquinanti, come il carbone. Dunque gli esperti riportano Bruxelles agli obiettivi climatici che essa stessa aveva assunto, e dicono di andarci piano: se il gas produce più di cento grammi di CO2 per kilowattora, altro che verde.
Una altra nota dolente degli esperti riguarda il nucleare: i criteri individuati per i nuovi impianti non garantiscono di risolvere l’annoso problema delle scorie, e inoltre non contribuiscono granché a raggiungere gli obiettivi climatici.
Scienza e denaro
La bocciatura alla bozza della Commissione, che è fragorosa da parte del mondo ambientalista, non riguarda solo gli esperti di clima ma anche banche e investitori. La tassonomia infatti nasce per orientare gli investimenti al green, ma il piano di Bruxelles finisce per orientarli all’indietro invece che in avanti.
La “Piattaforma sulla finanza sostenibile” che affianca la Commissione con il suo parere, e che esprime tutte le sue perplessità, raccoglie componenti come lo Institute for European Environmental Policy ma pure la Banca europea degli investimenti, mondo della scienza e degli investimenti.
Sul tema di gas e nucleare gli investitori rischiano di essere più avanti della politica, e il parere degli esperti è solo uno dei segnali in materia, anche se quello istituzionalmente più pesante.
Il gruppo istituzionale degli investitori sul ccambiamento climatico, del quale fanno parte colossi come Goldman Sachs e JP Morgan, ha già spedito a von der Leyen la sua diplomatica ramanzina: inserire il gas come green «minerebbe le ambizioni climatiche dell’Ue, che voleva, seguendo standard scientifici, classificare le attività sostenibili in modo da dare uno standard credibile che si imponesse a livello internazionale».
La “Net-zero asset owner alliance”, una alleanza anti-emissioni composta da sessanta investitori, con un volume di denaro da nove trilioni di euro, ha già detto qualche giorno fa che includere il gas tra le fonti sostenibili «renderebbe del tutto nulla l’ambizione della tassonomia».
La saga continua
Nella sua bozza di tassonomia, che tecnicamente è un atto delegato, e che in sostanza dovrebbe definire quali siano gli investimenti sostenibili nel prossimo futuro, Bruxelles ha messo l’etichetta “green” a nucleare e gas. Ma il dossier non è ancora sigillato: la Commissione considera il parere di un gruppo di esperti, e poi una volta definiti i suoi piani, la questione passa a Consiglio ed Europarlamento.
La società civile, le ong ambientaliste, i verdi e le forze progressiste premono perché Bruxelles riconsideri la sua proposta, mentre il governo tedesco che ha una componente green al suo interno si affanna a cercare mediazioni e a pensare a come emendare questa versione della tassonomia.
Mentre un ampio schieramento di governi – Francia, Visegrad, Italia stessa e altri – hanno sempre sostenuto il piano attuale, le opposizioni non mancano: l’Austria pensa a una azione legale.
Anche tra gli europarlamentari si affollano le iniziative: sessantacinque eurodeputati (verdi, sinistra, socialdemocratici e qualche nome liberale) hanno scritto ai ministri dell’Energia chiedendo di fermare il piano, mentre Bas Eickhout e Sirpa Pietikäinen, correlatori dell’Europarlamento sul tema, chiedono tempo: «Servono pareri legali sul tema, la Commissione aspetti»; insomma la partita è aperta.
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