- Nel 2021, l’ex eurodeputato Pd accusato di essere corrotto dal Qatar, denunciava la retromarcia del parlamento e del governo Draghi sulla vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti.
- Gli stessi Emirati Arabi che avrebbero passato informazioni ai magistrati belgi sul giro di corruzione all’interno del parlamento Ue.
- «Farsi mettere i piedi in testa dagli emiri del Golfo, è semplicemente inaccettabile. Non è questa la politica che dovrebbe seguire l’Italia», scriveva Panzeri.
Era il gennaio del 2021 quando Pier Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato del Pd, arrestato in flagranza di reato e accusato di corruzione dalla procura di Bruxelles, attaccava frontalmente le scelte del governo italiano sui rapporti con gli Emirati Arabi Uniti con un intervento su Huffington Post, riportato sul blog della sua associazione Fight for Impunity.
Gli stessi Emirati da cui proverrebbero, tramite i servizi emiratini, le informazioni arrivate in mano ai magistrati belgi che hanno fatto partire l’inchiesta sul presunto giro di mazzette da parte del governo del Qatar da far circolare all’interno del Parlamento europeo.
La critica al governo Draghi
Panzeri denunciava la marcia indietro della commissione esteri sulle autorizzazioni alla vendita di armi agli Emirati, che prima si era pronunciata per l’embargo e poi aveva fatto un passo indietro.
Scriveva Panzeri: «Intendiamoci non ci sono evidenti ragioni che giustifichino tale cambiamento strategico, anzi: gli emiri non hanno instaurato la democrazia, né cessato di operare come potenza regionale in alcuni dei teatri di guerra più spinosi, in molti casi in aperto conflitto con gli interessi italiani dell’area. Basti pensare al loro sostegno militare ed economico al generale Haftar, nemico giurato del governo libico, con il quale il governo Draghi intrattiene i più cordiali rapporti, il loro impegno in Yemen, il loro sostegno alla repressione in corso in Etiopia, il loro appoggio al governo militare sudanese e via discorrendo».
Secondo Panzeri il cambio di strategia era frutto «-ahimé -dell’abile politica ricattatoria del leader emiratino Mohammed bin Zayed che, considerando la decisione italiana un inammissibile atto ostile, ha dato vita a piccole e grandi ritorsioni che, in pochi mesi, hanno convinto la maggioranza governativa e la Farnesina che era meglio cambiar registro».
Tra queste ritorsioni l’ex eurodeputato citava la «chiusura della base aerea in cui l’Aeronautica faceva fare scalo ai velivoli in transito per Kuwait, Iraq e Afghanistan e il divieto di sorvolo degli Emirati ad un aereo carico di giornalisti in volo per Herat per allarmare, creando così le condizioni per questa poco decorosa marcia indietro» che avrebbero convinto il governo ad autorizzare la vendita di armi utilizzare per la guerra in Yemen.
«Farsi mettere i piedi in testa dagli Emiri»
Panzeri spiegava che quel cambio di passo «getta invece un’ombra pesante sulla nostra capacità di far prevalere alcuni principi cardine che dovrebbero guidar la politica estera di un paese democratico. Un paese che dovrebbe difendere e tutelare i diritti umani dando priorità a questi valori, piuttosto che ai soliti interessi di bottega».
Di più aggiungeva: «Inoltre, farsi mettere i piedi in testa dagli emiri del Golfo, è semplicemente inaccettabile. Non è questa la politica che dovrebbe seguire l’Italia».
Riletta ora questa denuncia, che allora poteva apparire sacrosanta, risulta molto meno credibile e soprattutto viene da chiedersi quanto l’inchiesta per la corruzione da parte del Qatar sia l’ultimo atto di una influenza incrociata degli emiri sulla politica europea.
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