Se la nomina dovesse andare al voto del parlamento europeo non è detto che il candidato italiano ottenga il via libera delle due commissioni che lo esamineranno
Non ha avuto vita particolarmente difficile, Raffaele Fitto, nell’ottenere la nomina a commissario: il suo nome, negli ultimi mesi, è sempre stato l’unico davvero in ballo. Ma riuscire a convincere Bruxelles potrebbe rivelarsi di gran lunga più arduo.
La prima avvisaglia è arrivata mercoledì da Valérie Hayer, capogruppo al parlamento europeo dei liberali di Renew Europe, che secondo alcune fonti avrebbe espresso “preoccupazione” per la nomina di Fitto durante un incontro con Ursula Von der Leyen. Parole poi ribadite su FranceInfo dove, come riporta Politico, Hayer ha definito «inaccettabile» la scelta di assegnare all’ex presidente della regione Puglia una delle vicepresidenze esecutive della Commissione.
«Significherebbe che Ursula von der Leyen avrebbe posto tra i pesi massimi della Commissione europea un commissario di estrema destra che, tra l’altro, non l'ha sostenuta», ha affermato. Ma soprattutto, Hayer non ha escluso un voto contrario su Fitto in occasione delle prossime audizioni nelle commissioni parlamentari dei commissari designati, se Von der Leyen dovesse insistere nell’includerlo tra i vicepresidenti.
Una dichiarazione che ha fatto partire il pallottoliere. Se davvero Fitto dovesse ottenere le deleghe all’Economia e al Recovery Plan, come sosteneva qualche giorno fa Die Welt, ad esaminarlo sarebbero verosimilmente le commissioni Economia (Econ) e Sviluppo regionale (Regi).
E in entrambe – come nella maggior parte delle commissioni parlamentari – i popolari del PPE e i conservatori di ECR non avrebbero i numeri per confermare da soli un commissario. Nemmeno l’intervento dei Patrioti (il gruppo di Le Pen e Salvini), comunque molto improbabile, sarebbe risolutivo: in commissione Economia questo blocco di destra così composto si fermerebbe a 30 voti, uno sotto la maggioranza di 31 su 60.
Compromesso possibile
Una posizione di compromesso potrebbe essere la rinuncia alla vicepresidenza esecutiva, in cambio della conferma di un portafoglio rilevante come quello all’Economia. Inoltre, un’eventuale bocciatura di Fitto dipende anche, ad esempio, da un voto contrario in blocco del gruppo dei socialisti. Politico riporta le dichiarazioni di un deputato anonimo del campo socialista secondo cui «non ci sarebbe spazio» per una nomina del genere.
Le posizioni dei deputati italiani, però, sembrano più possibiliste. A favore del nuovo commissario si è espresso il suo conterraneo pugliese Antonio Decaro, secondo cui Fitto è «un interlocutore affidabile» lontano dal «prototipo del sovranista-populista».
Sullo stesso tono anche Stefano Bonaccini, che ha definito Fitto «uno dei ministri con cui ho lavorato e collaborato meglio» di questo governo. Segno che alla fine una sorta di compattezza nazionale potrebbe prevalere, per quanto un voto favorevole isolato rispetto al resto dello spazio progressista sarebbe politicamente difficile da giustificare.
In passato non sono mancati casi di commissari di area euroscettica bocciati oppure confermati per il rotto della cuffia. Nemmeno la provenienza da un grande paese può essere una garanzia per Fitto, visto che cinque anni fa fu bocciata la francese (macroniana) Sylvie Goulard.
Inoltre, respingere il nome di Fitto permetterebbe a Von der Leyen di intervenire sul pesante gap tra uomini e donne (solo 9 sicure finora) nella prossima commissione: uno dei motivi per cui in molti si aspettano anche più di tre bocciature.
Ma a quel punto, la domanda sarebbe scontata: se non Fitto, chi?
© Riproduzione riservata