- Ci sono due nomi che in questi giorni Viktor Orbán rifiuta di pronunciare. Uno è quello del suo avversario alle elezioni di domenica. Péter Márki-Zay è il candidato premier, europeista e filo-occidentale, di un’opposizione unita dalla volontà di spodestare il leader di Fidesz. L’altro nome rimosso, per motivi opposti, è quello di Vladimir Putin, con il quale Orbán ha da molti anni un sodalizio di interesse.
- Ora che la guerra rende il legame difficile da sostenere, il premier ungherese fa ciò che gli riesce meglio: l’equilibrista. Allineato nei consessi europei quanto basta per non restare isolato, ma abbastanza ondivago con Putin da mantenere una sintonia: è una «strategia doppia», dice lo studioso Daniel Hegedus.
- La propaganda elettorale orbaniana non contempla riferimenti a Putin l’aggressore, mentre gli affondi contro l’Ue non mancano: agli elettori il premier vende il solito nemico, Bruxelles, per non confondere la base. Il punto su cui resta lineare è la determinazione a mantenere il potere.
Per la propaganda elettorale di Orbán il nemico resta Bruxelles e non Putin


29 marzo 2022 • 07:00