Con la sconfitta dei socialisti il paese va verso un governo di minoranza con un partito ultraliberale, che sarà strutturalmente debole. Regge (per ora) il cordone sanitario all’estrema destra di Chega, terza forza politica con cui i conservatori non hanno davvero trattato
Il presidente della Repubblica portoghese Marcelo Rebelo de Sousa l’aveva già annunciato nel suo ultimo discorso alla nazione: a cinquant’anni dalla fine della dittatura di Salazar, con le elezioni di domenica inizia una nuova era per la democrazia portoghese.
Sono finiti, infatti, i tempi del bipartitismo, già messi in crisi nel 2015 dal primo governo di coalizione della storia democratica del Portogallo. Alle elezioni, infatti, nessuno dei due principali partiti portoghesi - il Partito Socialista (Ps) e il Partido Social Democrata (Psd), che guida la coalizione di centrodestra Aliança Democratica - è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi al parlamento.
Anzi: il vantaggio del centrodestra è di un solo punto percentuale (29 per cento contro il 28 per cento del Ps) e la situazione potrebbe rovesciarsi con il conteggio dei voti dei cittadini residenti all’estero, che dovrebbe concludersi tra una o due settimane e che riguarda l’assegnazione di 4 seggi. Anche se il Ps dovesse superare o raggiungere il centrodestra, poco importa: anche se da fuori sembra un pareggio tecnico, in realtà il Portogallo ha già i suoi vincitori e i suoi vinti.
A Luís Montenegro, leader della coalizione di centrodestra, bastava un solo voto in più dei socialisti per cantare vittoria, e ne ha avuti più di 50mila: ora si aspetta che il presidente della Repubblica dia a lui la possibilità di formare un nuovo governo e far tornare il suo partito alla guida del Paese dopo otto anni all’opposizione.
La rivincita del centrodestra sui socialisti, però, non è nulla in confronto ai risultati di Chega: è la prima volta in cinquant’anni di democrazia, infatti, che un partito più a destra del Psd ottiene più di un milione di voti. Guidata dall’ex avvocato e commentatore sportivo André Ventura, l’estrema destra è la vera vincitrice di queste elezioni: Chega è ufficialmente la terza forza politica del paese, ha quadruplicato i suoi deputati (da 12 a 48) ed è riuscito a strappare l’intera regione dell’Algarve ai socialisti e alcuni distretti storicamente di sinistra come Setúbal, Portalegre e Beja ai comunisti.
L’unico partito certo della sua sconfitta è quello socialista, talmente certo che il suo segretario, Pedro Nuno Santos, non ha nemmeno aspettato la fine del conteggio dei voti per rivendicare la sua posizione come leader dell’opposizione.
Nonostante abbia raccolto un numero di voti simili a quelli del centrodestra, il Ps viene infatti da otto anni al governo, di cui due di maggioranza assoluta, che si sono conclusi lo scorso novembre con le dimissioni dell’ex primo ministro Antonio Costa, coinvolto in un’indagine per presunta prevaricazione insieme al suo capo di gabinetto Vítor Escária e all’amico e consulente Diogo Lacerda Machado.
Governo di minoranza
«Lo scenario più probabile adesso è un governo di minoranza formato da Aliança Democratica e dal piccolo partito ultraliberale Iniciativa Liberal, con il sostegno esterno dei socialisti. Sarà un governo debolissimo, che difficilmente durerà una legislatura intera», dice Riccardo Marchi, professore di Relazioni internazionali all’Università Lusófona di Lisbona. Montenegro, infatti, aveva già escluso qualsiasi alleanza con Chega durante la campagna elettorale e ha ribadito la sua posizione domenica sera.
«Il cordone sanitario che i partiti storici portoghesi hanno costruito intorno a Chega è talmente forte che il centrodestra non si è davvero mai seduto al tavolo con Chega, neanche in via ufficiosa», afferma Marchi.
Dal loro punto di vista, i socialisti avevano già annunciato durante la campagna elettorale che non avrebbero presentato una mozione di censura contro un governo di minoranza del centrodestra: Nuno Santos l’ha ribadito nel suo discorso di sconfitta, lasciando intendere tuttavia che non per questo il PS rinuncerà a fare una dura opposizione al Psd.
Né i socialisti, né il resto dei partiti della sinistra portoghese (Bloco de Esquerda, Cdu, Livre e Pan, tutti al di sotto del 5 per cento), tuttavia, vogliono tornare a elezioni in tempi brevi.
«La sinistra ora è troppo debole per tornare alle urne: ha bisogno di tempo per recuperare consensi. Inoltre, a inizio mese il rating dei titoli di Stato del Portogallo è stato alzato ad A-: è nell’interesse di tutti i partiti, sia di destra che di sinistra, evitare una situazione di instabilità al momento ed evitare che l’estrema destra vada al governo», aggiunge Marchi.
Maggioranza a destra
Dal canto suo, André Ventura ha già commentato che «i portoghesi hanno dato la maggioranza ai conservatori» e che sarebbe «da irresponsabili non formare ora un governo di destra».
In caso il cordone sanitario tenesse e Chega rimanesse fuori dal governo, Ventura proseguirà nel grande cambio di posizionamento a cui ha dato il via durante l’ultima campagna elettorale.
«Chega ha lavorato molto negli ultimi due anni per proiettare l’immagine di un partito affidabile, un degno partner di governo. Lo ha fatto lasciando da parte alcuni dei suoi temi più polemici, come la discriminazione contro le persone romaní, la castrazione chimica per gli stupratori e l’ergastolo, e lavorando a 195 proposte di legge, quasi tutte respinte in parlamento», commenta Marchi.
Oltre a concentrarsi su argomenti più vicini alla destra meno radicale, come la lotta alla corruzione o il sostegno alle rivendicazioni delle forze dell’ordine, nei prossimi mesi Chega si impegnerà a ottenere un risultato positivo anche alle prossime elezioni europee, in programma in Portogallo per il 9 giugno.
Per riuscirci, però, dovrà superare due grandi ostacoli: lo scarso tasso di affluenza alle europee, che quest’anno potrebbe essere ancora più basso del solito (il 10 giugno è festa nazionale in Portogallo), e l’adesione al gruppo antieuropeista Identità e Democrazia, una scelta in cui oggi, a quattro anni di distanza dalla sua entrata, il partito non si rivede più, data la sua nuova linea atlantista e pro-Ucraina.
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