Nel 1974 due ragazze belghe furono violentate da tre uomini vicino a Marsiglia. Quattro anni dopo hanno preso parte a quello che è ricordato come il processo per stupro di Aix-en-Provence, un caso che, grazie all’avvocata delle vittime, Gisèle Halimi, ha portato al cambiamento della legge sulla violenza sessuale francese. A 46 anni di distanza la Francia si trova a far fronte a un altro caso di stupro, quello di Gisèle Pelicot, settantunenne che viveva con il marito (oggi ex marito) Dominique a Mazan, in Provenza. Dominique per nove anni l’ha drogata, somministrandole farmaci e sonniferi, per poi reclutare uomini su una chat francese e farla stuprare.

«Il processo della codardia» – così l’ha chiamato Gisèle – si è aperto il 2 settembre al tribunale di Avignone. In queste settimane sono stati interrogati 51 uomini accusati di averla violentata e lunedì hanno preso parola in tribunale anche i figli: David, Florian e Caroline. David ha detto che l’intera famiglia è «distrutta», mentre Florian ha definito Dominique «il diavolo in persona». Caroline invece ha detto di essere «la grande persona dimenticata in questo processo» perché sostiene che il padre abbia violentato anche lei, ma lui nega.

Martedì in tribunale ha parlato Gisèle per l’ultima volta prima della sentenza, attesa al più tardi il 20 dicembre, dicendo che «è davvero ora che la società maschilista, patriarcale che banalizza la violenza, cambi». E l’ha detto mentre lei stessa è parte di questo cambiamento perché dalla decisione di fare il processo a porte aperte fino alla capacità di spiegare che «la vergogna deve cambiare campo» si è resa un punto di riferimento. E le associazioni femministe l’hanno seguita, accompagnandola durante le udienze, organizzando manifestazioni, una delle prossime in programma il 23 novembre da Parigi a Bordeaux, da Marsiglia a Lille.

I passi in avanti

Dal processo per stupro di Aix-en-Provence a oggi qualcosa è cambiato. Secondo Agnès Fichot, avvocata che aveva seguito il caso di Aix-en-Provence con Gisèle Halimi, «la Francia del 1978 non era quella del 2024». La vittima del caso Pelicot è «trasformata in icona femminista, mentre i presunti stupratori sono fischiati e si nascondono dietro maschere e cappucci – ha raccontato Fichot a Le Monde –. Ad Aix gli stupratori giocavano a fare i killer, avevano radunato i loro amici che, muniti di misteriosi biglietti di accesso o infiltrati grazie agli agenti di polizia, avevano invaso tre quarti della sala d’udienza».

Quelli ancora da fare

In questi 46 anni c’è stato un cambiamento, ma secondo i gruppi femministi francesi non basta. «Sebbene questo caso metta in discussione le norme sociali e faccia luce sulla natura sistemica della violenza sessuale, è fondamentale ricordare che questo è solo un caso. Il cambiamento sociale che auspichiamo, in cui la colpa non ricada sulle vittime, ma sugli aggressori, richiederà sforzi importanti», dice Maïna Cerniawsky, vicepresidente dell’associazione Osez le Féminisme.

È difficile stabilire ora se questo processo avrà conseguenze anche sul piano legislativo, come era avvenuto per il caso di Aix-en-Provence. «Quello che è certo – dice Lucie Daniel, responsabile di advocacy e ricerca della ong Equipop – è che il processo per stupro di Mazan, insieme alle mobilitazioni degli ultimi dieci anni, dovrebbe spingere i politici a rafforzare la lotta contro le violenze sessuali e di genere, coinvolgendo vittime e associazioni femministe».

Allo stato attuale, secondo le attiviste, le leggi francesi sulla violenza sessuale sono insufficienti: «Non affrontano la natura sistemica della violenza sessuale o le dinamiche di potere coinvolte», continua Maïna Cerniawsky. Per avere una legislazione completa è necessario un «approccio multidisciplinare che includa misure preventive, campagne di sensibilizzazione e formazione, forme di sostegno alle vittime e tribunali specializzati per trattare i casi di violenza sessuale».

Le proposte

Per far fronte alle mancanze dello stato, alcuni gruppi femministi, tra cui Osez le Féminisme, Equipop e Planning familial un mese fa hanno annunciato che avrebbero formato una «coalizione» per costruire «una legge integrale» contro la violenza sessuale. «Le soluzioni per far progredire la società, come l’educazione alla sessualità, sono ancora troppo poco applicate», dicono Nina Meriguet e Noémie Gardais, responsabili dell’advocacy del movimento Planning familial. Per questo le persone e i gruppi attivi in questo campo si sono uniti, mettendo «in comune competenze ed esperienza e hanno elaborato circa 130 proposte affinché i poteri pubblici diano una risposta globale e coerente a questo problema di massa».

Ma anche quando le leggi saranno complete, non basterà. «Il caso Pelicot – conclude Maïna Cerniawsky – dovrebbe servire da promemoria della necessità di un cambiamento sistemico, che non comprende solo leggi migliori, ma anche una più completa attuazione di tali leggi». Così che non ci sia mai più un altro «processo della codardia».

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