Il 5 maggio del 1949 nasceva l’organizzazione che si proponeva di essere un forum dove le nazioni potevano lavorare insieme per risolvere problemi comuni e rafforzare i legami culturali, legali e politici. Dopo 75 anni continua a essere un pilastro fondamentale per la salvaguardia della dignità umana e della libertà di tutto il continente.
La risposta Occidentale: Dottrina Truman e Piano Marshall
Alle origini della Guerra Fredda: la Conferenza di Potsdam
La Cortina di ferro e la divisione dell’Europa
Era il 5 maggio del 1949 quando nasceva il Consiglio d’Europa. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa si trovava in uno stato di devastazione materiale e morale.
Il continente era alla ricerca di un cammino per la ricostruzione e la stabilità politica, economica e sociale. In questo contesto di fragilità e incertezza, emerse l’antagonismo tra i vincitori del conflitto: gli Stati Uniti d’America e l’Unione sovietica. Le divergenze politiche e ideologiche tra le due superpotenze antagoniste avrebbero contraddistinto – almeno dal conseguimento della parità nucleare di Mosca nel 1949 – un contesto politico-strategico altamente competitivo, passato alla storia come Guerra fredda.
Alle origini della Guerra fredda
Nel 1945, alla Conferenza di Potsdam, i cui protagonisti furono Harry Truman, Josif Stalin e Winston Churchill (a cui subentrò Clement Attlee), si delineò una parte sostanziale del futuro dell’Europa e della Germania dopo la sconfitta del nazismo.
L’Urss, che aveva subito i danni di guerra maggiori, spingeva per ottenere pesanti riparazioni dalla Germania, in quel momento occupata e priva di una soggettività giuridica. Gli Stati Uniti erano più preoccupati di evitare gli errori della Conferenza di Parigi e del Trattato di Versailles dopo la Prima guerra mondiale.
La soluzione fu trovata nella possibilità che ciascuna potenza occupante attingesse riparazioni dalla propria zona di occupazione del territorio tedesco, contribuendo a una sua divisione sempre più marcata. Gli alleati concordarono sulla necessità di democratizzare la Germania, denazificarne gli apparati statali e ricostruirne il tessuto politico-economico. Si divisero, tuttavia, sugli strumenti.
Se Mosca proponeva un approccio centralista, Washington si faceva promotrice dell’adozione di un modello liberale e di mercato. Il confine polacco-tedesco fu un altro tema di grande disputa: Stalin insistette per spostarlo fino alla linea Oder-Neisse, che significava l’annessione di una consistente porzione di territorio tedesco da parte della Polonia.
Stati Uniti e Regno Unito, dal canto loro, accettarono con riluttanza una decisione che certificava la crescente influenza sovietica sull’Europa orientale e che si trasformò nell’emblema della frattura Est-Ovest nei decenni seguenti.
Il progetto degli Stati Uniti
La dottrina Truman, enunciata dal presidente americano nel 1947, consisteva in una politica esplicitamente progettata per il contenimento del comunismo, che avrebbe contraddistinto la politica estera americana per decenni. La sua formulazione fu ispirata dal rafforzamento delle organizzazioni comuniste in Grecia e Turchia, che sembravano in grado di destabilizzare l’ordine politico. Truman, pertanto, affermò che sarebbe stato compito degli Stati Uniti assistere le nazioni libere minacciate da pressioni esterne.
Parallelamente, il Piano Marshall (European Recovery Program), fu lanciato dal segretario di Stato, George C. Marshall, con l’obiettivo di ricostruire l’Europa occidentale e, come effetto indiretto, di prevenire il diffondersi del comunismo.
Gli aiuti finanziari furono offerti a tutti i paesi europei, inclusa l’Unione sovietica, che non solo li rifiutò, ma, capendone la portata politica, impedì ai paesi del nascente blocco orientale di accettarli. Il successo del Piano rafforzò l’influenza americana sull’Europa occidentale, che fu consacrata con la firma del Patto atlantico due anni dopo e, successivamente, dall’istituzione della Nato.
L’Unione sovietica rispose con la creazione del Cominform, pensato per il coordinamento delle attività dei partiti comunisti sotto la sua guida. Il clima di montante diffidenza tra le due superpotenze fu esasperato quando i paesi dell’Europa orientale, sotto pressione sovietica, iniziarono a reprimere i partiti e le organizzazioni sospettate di simpatie filoccidentali.
L’accelerazione della divisione europea è stata ricondotta da un’autorevole storiografia proprio alla scelta di Stalin di instaurare governi comunisti fedeli a Mosca in tutta l’Europa orientale. Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria, assistettero a una rapida soppressione delle forze politiche non comuniste e all’instaurazione di regimi autoritari con il consolidamento del potere sovietico.
Sebbene già nel 1946 Winston Churchill avesse utilizzato l’immagine della «cortina di ferro» che corre «da Stettino nel Baltico a Trieste in Adriatico» per descrivere la condizione dell’Europa, è solo alla fine degli anni Quaranta che si concretizzano dei veri blocchi contrapposti, antagonisti non solo politicamente e ideologicamente, ma anche sul tema di diritti umani e delle libertà individuali.
Il Muro di Berlino
La cortina di ferro non restò solo una linea di divisione politica o ideologica, ma diventò sempre più una barriera fisica. Con l’intensificarsi della Guerra fredda, l’Urss eresse barriere materiali per prevenire il flusso di persone dall’est verso l’ovest. Il caso più emblematico fu la costruzione del Muro di Berlino nel 1961.
Già negli anni Cinquanta, tuttavia, il confine tra Est e Ovest era fortemente militarizzato, testimoniando la profondità della contrapposizione dei nuovi competitori globali e dei loro modelli politici ed economici. La cortina di ferro e la progressiva separazione tra le “due” Europe non furono solo fenomeni geopolitici, ma ebbero un impatto diretto e profondo sulla vita di milioni di persone.
Mentre l’occidente procedeva verso un impressionante miglioramento delle condizioni di vita sia materiali che giuridiche dei suoi cittadini, l’Est rimaneva intrappolato in un sistema che limitava severamente la libertà individuale e collettiva, lasciando cicatrici visibili ancor oggi. Ovviamente con delle contraddizioni interne ai blocchi, quali le dittature sudamericane e sudeuropee o i tentativi di liberalizzazione in Ungheria e Cecoslovacchia e le fortissime tensioni in Italia.
La promozione dei diritti umani
La fondazione del Consiglio d’Europa nel maggio 1949 segnò un momento di grande significato storico per l’Europa del Dopoguerra. Non era soltanto una risposta politica alla crescente divisione del continente tra Unione sovietica e Stati Uniti, ma rappresentava anche un tentativo ambizioso di rinforzare i principi di democrazia, diritto di legge e rispetto dei diritti umani su scala continentale.
Il Consiglio d’Europa fu istituito a seguito di una serie di incontri diplomatici e discussioni tra i leader europei, che riconobbero la necessità di una cooperazione più stretta per prevenire futuri conflitti e per promuovere una stabilità duratura.
L’organizzazione si proponeva di essere un forum dove le nazioni potevano lavorare insieme per risolvere problemi comuni e rafforzare i legami culturali, legali e politici. Uno dei principali obiettivi era stabilire un’istituzione che potesse salvaguardare e promuovere i diritti umani, consolidando così le fondamenta della pace e del rispetto reciproco in tutta Europa.
La creazione del Consiglio d’Europa fu accompagnata dalla redazione della Convenzione europea dei diritti umani, firmata nel 1950. La Convenzione stabiliva inoltre la Corte europea dei diritti umani a Strasburgo, una corte giudiziaria che aveva il compito di valutare le violazioni dei diritti umani e di fornire una giustizia accessibile ai cittadini di tutti gli stati membri.
Per la prima volta, i paesi europei si dotavano di uno strumento legale transnazionale volto a proteggere i diritti individuali contro gli abusi degli stati, un principio innovativo in un’epoca segnata da profonde divisioni ideologiche e politiche. La Convenzione rappresentava una sfida diretta ai regimi totalitari, offrendo un baluardo legale a protezione delle minoranze e della dignità umana.
Il Consiglio d’Europa e la Convenzione sui diritti umani erano concepiti per rafforzare la democrazia in Europa attraverso la promozione di un governo basato su regole chiare e giuste, un elemento vitale per la prevenzione di conflitti e repressioni future. Attraverso il suo lavoro, il Consiglio ha promosso la democratizzazione degli stati europei, supportando transizioni politiche e riforme legislative in linea con i principi democratici e lo stato di diritto.
Nonostante alcune difficoltà iniziali e la resistenza da parte di alcuni governi, la crescente accettazione dei principi stabiliti nella Convenzione e il riconoscimento del ruolo della Corte di Strasburgo hanno evidenziato la capacità dell’Europa di unirsi intorno a valori condivisi. Questi sforzi hanno facilitato la costruzione di un’Europa più unita e giusta, dove i diritti umani non sono solo aspirazioni ideali, ma diritti concretamente protetti e promossi.
In questi settantacinque anni il Consiglio d’Europa ha svolto così un ruolo cruciale nella ridefinizione politica e giuridica del continente europeo. Attraverso il suo impegno nella difesa e nella promozione dei diritti umani, ha contribuito non solo a mitigare le tensioni politiche, ma anche a costruire una base solida per la cooperazione e la pace in Europa. Ai giorni nostri continua a essere un pilastro fondamentale per la salvaguardia della dignità umana e della libertà di tutto il continente, testimoniando l’importanza di una governance basata sui principi della legalità e del rispetto reciproco.
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