- A grande richiesta, di oltre un milione di cittadini, l’Ue prova ad alleggerirci dai sensi di colpa per la cioccolata di troppo. In futuro il cacao, e un ventaglio di altri prodotti, non saranno più light per le calorie, ma più leggeri per il loro impatto sull’ambiente.
- La perdita di foreste legata ai consumi europei è in gran parte dovuta alle importazioni. Perciò Bruxelles vuol obbligare chi fa entrare nel mercato prodotti come soia, caffè, cacao, olio di palma, a tracciare quanto la produzione ha messo a rischio le foreste.
- Il fronte ambientalista, dai Verdi a Greenpeace, ritiene la proposta della Commissione lacunosa. La strada per il consumo etico è ancora lunga.
A grande richiesta, di oltre un milione di cittadini, l’Unione europea prova ad alleggerirci dai sensi di colpa per la cioccolata di troppo. In futuro il cacao, e un ventaglio di altri prodotti, non saranno più light dal punto di vista calorico, ma saranno più leggeri per il loro impatto sull’ambiente e sui diritti.
Ieri la Commissione Ue ha presentato la sua proposta contro la deforestazione; riguarda olio di palma, soia, cacao, caffè, carne bovina, legno, ma non la gomma. Non protegge ecosistemi come savane e ambienti umidi, e pure dal lato dei diritti umani è giusto un assaggio. La strada per il consumo etico è ancora lunga. Il fronte ambientalista, dai Verdi europei a Greenpeace, ritiene la proposta Ue lacunosa. Quella di ieri è solo una tappa.
Un passo avanti
La deforestazione comporta sia la perdita di biodiversità che il surriscaldamento globale. Negli ultimi trent’anni è andata persa una quantità di ettari di foreste – 420 milioni, stando ai dati Fao – che è superiore alla superficie dell’intera Ue. La proposta di regolamento avanzata ieri dalla Commissione parte da un presupposto: «Il principale fattore di deforestazione è l’espansione dei terreni agricoli per allevare bestiame, per ricavare legna, per produrre olio di palma, soia, cacao, caffè».
Tutti beni che l’Ue consuma. Siamo consapevoli della responsabilità europea nel problema delle foreste già da anni: è del 2013 un report tecnico stilato dalla Commissione per soppesare l’impatto dei nostri consumi sulla deforestazione globale. Il dossier valuta quante foreste vanno perse per produrre e quindi consumare un bene, e conclude che «la perdita di foreste legata ai consumi europei è dovuta quasi interamente alle importazioni».
Ora Bruxelles vuol obbligare chi fa entrare prodotti nel mercato europeo a segnalare quanto quel bene ha contribuito a deforestare, per poter agire di conseguenza. Le regole sono per carne bovina, legno, olio di palma, soia, caffè, cacao, e per prodotti derivati: cioccolata, pellami, mobili. Le imprese dovranno tracciare la provenienza; solo le merci a deforestazione zero entreranno.
I passi mancanti
La proposta arriva anche grazie alle pressioni dal basso. La consultazione pubblica avviata dalla Commissione sul tema è stata tra le più partecipate di sempre: oltre un milione e duecentomila feedback. Per evitare che l’Ue continui a contribuire al dieci per cento della deforestazione globale, oltre un centinaio di ong si sono coalizzate in “Together for Forests”.
Martina Borghi di Greenpeace, che ne fa parte, accoglie con favore il passo di Bruxelles ma segnala le mancanze: nella lista di prodotti «non sono incluse gomma, mais, carne di maiale e pollo». Anche sugli ecosistemi da proteggere, la Commissione si limita alle foreste «ma vanno tutelate anche savana e zone umide: in Brasile, il cerrado, campione di biodiversità, è a rischio per la soia, e il pantanal è consumato dalle fiamme».
A metà 2022 Europarlamento e Consiglio negozieranno sulla proposta, e i verdi sono pronti a dar battaglia per renderla più ambiziosa. La lacuna più grave resta sui diritti umani: «Nel suo testo la Commissione si accontenta che la produzione non violi le norme del paese di provenienza; dovrebbe chiedere il rispetto delle norme internazionali».
Sul tema dei diritti, la partita chiave si gioca con un’altra proposta che Bruxelles dovrebbe presentare entro fine anno: quella sulla “corporate due diligence”, che dovrebbe vincolare le corporation, e quindi le catene del valore globali, ai diritti di persone e ambiente.
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