La prevenzione dei disastri climatici, l’equità delle transizioni verde e digitale e il coinvolgimento democratico dei territori: questi sono tre temi chiave nel dibattito in corso sul futuro delle politiche di coesione. Ne discutiamo con Maciej Berestecki, il portavoce della Commissione europea con delega a Coesione e riforme.

Alla luce della riforma del bilancio Ue e del dibattito in corso sulle politiche di coesione, quali novità possiamo immaginare circa il ruolo dei fondi di coesione nella prevenzione (non solo nella mitigazione) dei disastri climatici?

Gli stati membri e le regioni dell’Ue stanno fronteggiando gli effetti di disastri legati al cambiamento climatico, i quali sono sempre più frequenti e più intensi. I fondi di coesione supportano già soluzioni basare sulla natura, infrastrutture resilienti al clima, e strategie regionali e urbane per la riduzione del rischio di disastro. In confronto ai precedenti archi di finanziamento, in quello attuale sono state accresciute le risorse allocate per questi obiettivi, riflettendo così l’aumentato rischio di disastri legati al clima.

A ottobre di quest’anno inoltre la Commissione Ue ha intrapreso passi ulteriori per supportare gli stati membri colpiti da disastri climatici. La Commissione ha proposto di emendare tre regolamenti Ue così da assicurare che i fondi Ue possano essere mobilitati in gran rapidità così da sostenere la ripresa post disastro. Gli emendamenti riguardano i regolamenti che reggono il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e il fondo di coesione, il Fondo sociale europeo plus (FSE+) così come il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (EAFRD).

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Cosa comporta tutto ciò nella pratica? Implica che gli stati membri dell’Ue colpiti da disastri legati al clima possono mobilitare rapidamente fondi per fronteggiare direttamente l’impatto finanziario di questi disastri.

La proposta è al momento al vaglio dei co-legislatori perché possa essere adottata. Il prossimo arco di programmazione potrebbe enfatizzare ulteriormente la prevenzione integrando le valutazioni del rischio climatico nella parte saliente della concezione dei progetti.

Esistono vincoli sociali o di altro genere (ad esempio predilezioni per il coinvolgimento di realtà locali) nell’utilizzo dei fondi di coesione? Sarebbe possibile ad esempio che per implementare la connettività nelle aree interne su scala europea il commissario Fitto decidesse di coinvolgere Starlink di Musk, come si è valutato di fare a livello nazionale anche tramite fondi Pnrr?

La politica di coesione comprende il coinvolgimento di attori locali per assicurare che i progetti rispondano alle esigenze regionali e siano aderenti al principio di sussidiarietà. Per attori - in inglese “stakeholders” - intendiamo enti locali e regionali pubblici, ma anche sindacati, aziende e rappresentanze imprenditoriali, università, centri di ricerca e ong. 

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Soluzioni innovative che coinvolgano fornitori esterni potrebbero essere integrate in questo contesto qualora forniscano un valore unico. Qualsiasi coinvolgimento di tal genere dovrebbe essere in linea con le norme Ue sugli appalti, con gli obiettivi climatici dell’Unione e con gli obiettivi territoriali degli stanziamenti della coesione.

Durante l’audizione in commissione Regi tutti gli attori – commissario designato ed eurodeputati – hanno sottolineato l’importanza di coinvolgere regioni, città ed enti locali nella concezione e attuazione delle politiche di coesione. In che modo è stato interpretato finora il principio di sussidiarietà, e le cose potrebbero cambiare? Qual è il dibattito a riguardo? Che strumenti ha l’Ue per intervenire direttamente in caso di inefficienze a livello locale nell’implementazione delle politiche di coesione, e – viceversa – che tutele hanno i territori riguardo al loro coinvolgimento democratico nel processo?

Nella politica di coesione, il principio di sussidiarietà fa sì che le decisioni possano essere assunte al livello più appropriato - che spesso è quello regionale o locale - mentre viene mantenuto un allineamento con le priorità Ue. Questo approccio assicura una governance multilivello onnicomprensiva. I fondi di coesione funzionano con una gestione condivisa; gli stati membri sono primariamente responsabili per l’implementazione dei programmi e per la selezione dei progetti inquadrati sotto i vari programmi. Ciò di cui è responsabile la Commissione è assicurarsi che ciò avvenga in un modo rispondente alla legislazione Ue di riferimento.

La Commissione e gli stati membri gestiscono insieme il finanziamento per assicurare che i fondi portino risultati sui loro obiettivi chiave, a beneficio dei cittadini europei e delle regioni. Perciò il principio di cogestione assicura che gli attori locali siano coinvolti sia nella programmazione che nella implementazione dei fondi relativi alla politica di coesione.

La Commissione ha la responsabilità di assicurare l’efficacia dei fondi, di sovrintendere al fatto che siano investiti in modo appropriato, e di intervenire in caso di errori o irregolarità. Qualora si presenti una non conformità, la Commissione può intervenire con svariate misure, tra le quali l’imposizione di aggiustamenti finanziari, la applicazione di sanzioni amministrative e la sospensione o l’interruzione dei pagamenti agli stati membri.

Questo contenuto giornalistico fa parte del progetto “#CoesioneItalia. L’Europa vicina”, che è finanziato dall’Unione europea. I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia esclusivamente quelli dell’autore e non riflettono necessariamente quelli dell’Ue. Né l’Ue né l’autorità che eroga il finanziamento possono essere ritenute responsabili per tali opinioni.

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