Le piogge torrenziali e la tensione ai massimi livelli, la gente seppellita sotto il fango dei parcheggi e i rappresentanti delle istituzioni presi a badilate, l’ennesima allerta rossa e Pedro Sánchez che si trincera in macchina mentre gli si scagliano contro ragazzi con bastoni, donne con le pale. Ultras e attivisti di estrema destra mischiati alla popolazione frustrata.

E poi quell’immagine del fango che cola assieme al fondotinta dal volto della regina Letizia, presa a palle di fango come suo marito Felipe: la Spagna è alle prese con i «fenomeni estremi» del nostro tempo, cambiamento climatico e polarizzazione politica.

Questa domenica, mentre l’Agenzia meteorologica spagnola (Aemet) tornava a segnalare «allerta rossa» per le «piogge torrenziali nella provincia di Almería», si infuocava intanto Paiporta.

La rabbia di Paiporta

«Se sabía! Si sapeva per tempo quello che sarebbe successo!». Le telecamere seguono re Felipe e quindi il capannello di persone che pretendono risposte.

È domenica mattina, la cifra ufficiale delle vittime è già lievitata a 214 ma non tiene conto della cifra assai più alta dei dispersi; sono passati cinque giorni da quel martedì in cui l’agenzia Aemet ha segnalato «pericolo estremo» nel valenciano. Re Felipe e la regina Letizia, assieme al presidente della comunità autonoma valenciana, Carlos Mazón, e al premier Sánchez, arrivano in visita nell’epicentro del disastro.

La Spagna non è più la stessa; esiste un prima e un dopo Dana. Il comune di Paiporta, ventimila anime a un pugno di chilometri da Valencia, ora è ribattezzato «il chilometro zero»: è diventato il luogo finora a più alta intensità di danni e vittime. «Puente de la solidaridad», ponte della solidarietà: così viene chiamato in questi giorni il tratto che collega Valencia a Paiporta, il capoluogo della comunità autonoma ai territori più martoriati da Dana. Quando gli aiuti, per giorni, non sono arrivati, o non a sufficienza, è sul ponte della solidarietà che si sono affollate le persone per raggiungere gli alluvionati con cibo e acqua potabile, dei quali si è sentita la grave mancanza, o semplicemente con pale: «Soldi non ne ho, ma mani sì», come ha raccontato una 16enne ai media spagnoli.

Questa domenica mattina al «chilometro zero» di Paiporta – dove la gente si è sentita abbandonata dalle istituzioni – sono arrivati col codazzo di guardie del corpo e cronisti i reali, il premier, il presidente della generalitat. Quel che ne è risultato è sui media, e social, di tutta Europa: cori carichi di frustrazione e furia, urla («asesinos, assassini!»), lanci di fango, bastoni e badili. Col passare delle ore, la possibilità di individuare nella massa anche ultras e attivisti di estrema destra che fomentavano la folla.

La regina Letizia è scoppiata in lacrime; «questo non fa per lei», le ha detto un abitante. La coppia di reali, a dispetto del lancio di fango contro di loro, si è trattenuta per un’ora. Felipe imperterrito ha dialogato con capannelli di persone, mentre su di lui volava fango e ai lati furia e urla. Solo alla fine i reali hanno rinunciato all’ulteriore tappa, Chiva.

E Sánchez? «È rimasto chiuso nella sua auto, altrimenti chissà come sarebbe finita», hanno raccontato due ragazze ai cronisti. Il premier era già stato nella comunità valenciana giorni fa, al fianco di Mazón, ma ancora non era montata l’esasperazione. Questa domenica invece è stato attaccato verbalmente e fisicamente dalla gente in collera, un bastone è arrivato a toccarlo alla schiena, e pure quando si è rifugiato in auto, è stata presa a calci e bastonate. «Ripudio la violenza, l’importante è salvare vite», ha detto poi.

Dana e il circolo vizioso

Mazón in tutto questo ha dichiarato: «Capisco l’indignazione ed è mio compito riceverla»; poche ore dopo ha fatto partire i messaggini per annunciare l’allerta rossa nel sud della provincia di Valencia. Oltre ai fischi, i fastidi nel suo stesso Partido Popular devono avergli fatto capire che l’ennesima sottovalutazione del rischio sarebbe fatale anche alla sua carriera politica.

Nel martedì del disastro più estremo, il presidente della generalitat ha dato l’allerta con ore di ritardo, sottostimando pubblicamente il rischio fino a metà giornata; poi non ha dichiarato il livello più alto di emergenza, che avrebbe dato il comando al governo, per non assumersi le responsabilità legali e operative della gestione della crisi; ha aspettato a chiedere aiuti, e solo quando ormai le sue mancanze erano conclamate, sabato sera ha chiesto ad alcuni ministri di partecipare alla gestione (tuttora senza che il governo assuma la guida). Quando la gente è scesa in strada per aiutare, ha intimato ai volontari di tornarsene a casa; dopodiché li ha convocati lui, tenendoli ore in attesa senza organizzazione.

Ma il colmo è pure un altro: Mazón, diventato presidente nel 2023 grazie a un’alleanza tra Popolari e Vox, partito negazionista del clima, ha sùbito smantellato la Unidad valenciana de emergencias (Uve). Dopo la pessima gestione dell’emergenza, cosa fa la destra estrema? «Solo il popolo salva il popolo», dice; e fomenta la collera contro le istituzioni.

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