- Anche questa volta, in Europa, è anzitutto Berlino che disegna il perimetro delle misure sull’energia, i confini del possibile e dell’impossibile. Possibile è per la Germania metter mano alle casse pubbliche, impossibile è per l’Ue un tetto al prezzo del gas subito, e pure rivedere radicalmente il mercato.
- Questo venerdì i ministri dell’Energia europei si riuniscono per discutere le misure da intraprendere. E proprio alla vigilia del Consiglio Ue il governo tedesco annuncia lo stanziamento di 200 miliardi come scudo nazionale ai prezzi del gas. Questa opzione, del disborso dai bilanci pubblici, viene ipotizzata timidamente nell’ultima versione preparatoria del regolamento Ue.
- Il fatto che Berlino si avvii da sola ha innescato nel pomeriggio di giovedì una telefonata tra il premier Draghi e Meloni, che si posiziona come successora. I due hanno poi lanciato un segnale univoco sulla necessità di «misure comuni», dando così due messaggi in uno: cercare di portare in Consiglio un’Italia non indebolita dalla fase di transizione, e rivendicare misure a favore di tutti. Ecco cosa ha deciso Berlino, cosa deciderà l’Ue, e cosa invece Bruxelles tuttora non decide.
Anche questa volta, in Europa, è anzitutto Berlino che disegna il perimetro delle misure sull’energia, i confini del possibile e dell’impossibile. Possibile è per la Germania metter mano alle casse pubbliche, impossibile è per l’Ue un tetto al prezzo del gas subito, e pure rivedere radicalmente il mercato.
Questo venerdì i ministri dei vari stati membri si riuniscono per discutere le misure concrete, quel «regolamento del Consiglio» che la Commissione propone, che i governi devono sdoganare, e sul quale gli eletti dell’Europarlamento non possono mettere bocca. L’archeologia delle varie bozze preparatorie, la cui stratificazione riflette i negoziati politici in corso tra i governi, offre una chiave di lettura interessante. Tra la bozza di lunedì e l’ultima versione di giovedì, infatti, fa capolino il riferimento alla possibilità, per gli stati membri, di «usare risorse di bilancio». E proprio alla vigilia del Consiglio Ue, il governo tedesco ha annunciato un piano inedito che prevede lo stanziamento di 200 miliardi, uno scudo ai prezzi del gas.
Questa opzione, del disborso dai bilanci pubblici, viene ipotizzata timidamente nell’ultima versione preparatoria del regolamento Ue. Il fatto che Berlino si avvii da sola ha innescato nel pomeriggio di giovedì una telefonata tra il premier Mario Draghi e Giorgia Meloni che si posiziona come successora: i due hanno non a caso lanciato poi un segnale univoco sulla necessità di «misure comuni». Hanno dato così due messaggi in uno: cercare di portare in Consiglio un’Italia non indebolita dalla fase di transizione, e rivendicare misure a favore di tutti i paesi.
Il punto sul quale Berlino aveva frenato, e cioè il tetto al prezzo del gas, resta tuttora escluso venerdì dal dossier, nonostante le ripetute pressioni di una dozzina di stati membri, e dell’Italia in testa. La Commissione, che lo ha rinviato, gli farà fare un giro al prossimo vertice dei capi di stato e governo, con una versione addolcita della proposta: un tetto al solo gas importato dalla Russia, il che è paradossale visto che quelle forniture sono già tagliate, e pochi margini per altro.
Un presupposto fragile
Il nodo dei prezzi dell’energia in crescita risale a un anno fa, ed è dall’autunno 2021 che le istituzioni europee sono sollecitate ad affrontare il punto cruciale, ovvero il funzionamento del mercato dell’energia, con tutte le distorsioni che questa crisi ha messo in evidenza. Lo stesso regolamento mette nero su bianco che «prezzi molto alti nel mercato dell’elettricità sono stati osservati sin da settembre 2021».
Ma dopo un anno l’Ue ancora non arriva al punto, e cioè ripensare il funzionamento del mercato. Quando snocciola le varie misure da intraprendere, si concentra sul pericolo esterno: il mercato dell’energia elettrica è andato in tilt a seguito delle mosse belliche della Russia, e in particolare della «riduzione delle forniture nel contesto dell’aggressione all’Ucraina». Come la stessa presidenza di turno ceca ha ammesso questo mese, ormai con le forniture tagliate il ruolo di Mosca è solo una parte del problema.
Taglio all’elettricità
Con eccezioni per Cipro e Malta, il resto dei paesi dell’Unione si prepara all’introduzione di misure concrete, anzitutto per quel che riguarda il taglio della domanda di elettricità. C’è quindi un salto rispetto al “piano di inverno” già approvato in estate: non si parla più solo di gas, ma di mercato elettrico in generale. I paesi Ue «devono provare a ridurre il loro consumo di elettricità del dieci per cento», una quota che viene calcolata su base mensile facendo un raffronto con i consumi medi in quel periodo.
È previsto che il regolamento resti in vigore per un anno e le sforbiciate per ora sono previste dal principio di dicembre fino a fine marzo. Il testo preparatorio prevede che ciascuno stato membro debba anzitutto individuare gli orari di picco dei consumi, e poi in quella fascia tagliare almeno del cinque per cento; sono previste eccezioni, ed eventuali compensazioni.
Tetti e contributi
Va avanti anche l’opzione che Bruxelles porta avanti da settimane, e cioè quella di limitare il prezzo delle fonti diverse dal gas, visto che per come è congegnato finora il mercato dell’energia elettrica, il costo esorbitante del metano si proietta anche sulle altre fonti. Nella bozza di regolamento, il paniere definito dall’Ue comprende, almeno in bozza, energia eolica, solare, idroelettrica, geotermica, nucleare, lignite, torba, greggio, combustibile da biomassa escluso il biometano, e da rifiuti. La soglia oltre la quale queste fonti non possono costare è di 180 euro per megawattora di elettricità prodotta. Il tetto sui ricavi può essere fissato anche più in alto, in alcuni casi, negli stati membri. Nella stratificazione delle bozze a un certo punto viene spazzato via un passaggio che riguarda gli incentivi alle rinnovabili.
Si passa poi ai superprofitti nell’ambito del gas naturale, del greggio, della raffineria: è previsto che il «surplus» di ricavi generati con queste attività sia soggetto a un «contributo di solidarietà», sempre che i singoli stati non abbiano già provveduto con misure analoghe.
Bilancio pubblico
«Davanti alle minacce comuni, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali», è il messaggio partito questo giovedì pomeriggio da Draghi. «Serve compattezza e una risposta immediata a livello europeo a tutela di imprese e famiglie», ha incalzato poco dopo Meloni. Il messaggio era rivolto anzitutto a Berlino.
Poche ore prima, Olaf Scholz ha presentato il suo piano nazionale. Si tratta di metter mano a duecento miliardi del bilancio pubblico per temperare i prezzi dell’energia, e pure il recalcitrante alleato liberale – il ministro delle Finanze Christian Lindner – ha dovuto abbozzare: lo “scudo” è stato presentato con la forza di un accordo della coalizione semaforo alle spalle. «Siamo in una guerra energetica per la prosperità e la libertà. Una sana politica fiscale è anche una forma di politica di libertà», ha detto Lindner ammonendo che sorveglierà sull’uso delle risorse.
Il pacchetto di aiuti è il più ampio che Berlino abbia stanziato finora per la crisi energetica, ed è rivolto a famiglie e imprese. Nell’ultima versione della bozza che venerdì i ministri Ue affronteranno, compare un riferimento al fatto che «gli stati membri dovrebbero essere autorizzati a utilizzare risorse di bilancio qualora gli introiti generati dal tetto si rivelino insufficienti».
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