- La presidente della Commissione ha consegnato a Zelensky il questionario per l’ingresso nell’Unione europea, spiegando che «Se lavoriamo assieme potrebbe essere anche una questione di settimane».
- Resta l’imbarazzo dell’Unione europea sulla decisione di procedere verso un embargo sul petrolio russo. Non c’è unanimità, necessaria per parlarne lunedì prossimo com’era originariamente previsto.
- Ci sono poi diverse linee sulla consegna di altre armi a Kiev, con la Germania più titubante mentre Regno Unito e Stati Uniti continuano a sostenere gli ucraini.
Ursula von der Leyen vede l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue molto vicino. La presidente della Commissione europea lo ha detto dopo aver incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: con l’occasione gli ha consegnato una busta con le domande a cui Kiev dovrà rispondere nella seconda fase delle trattative per l’ingresso del paese nell’Unione.
«In questa busta c’è il questionario per l’adesione all’Unione, che andrà compilato, poi si dovrà fare la raccomandazione al Consiglio Ue. Se lavoriamo assieme potrebbe essere anche una questione di settimane» ha detto la presidente che ha sottolineato anche la sua convinzione del fatto che «l’Ucraina vincerà questa guerra».
Von der Leyen si è anche recata a Bucha, dove, ha detto l’«umanità è andata in frantumi». Intanto, però, manca l’unanimità per discutere l’embargo sul petrolio russo già lunedì prossimo al Consiglio europeo degli Affari esteri, come aveva invece anticipato Borrell.
L’alto rappresentante per gli Affari esteri ha però anticipato che l’Unione europea investirà 7,5 milioni di euro per sostenere la raccolta di dati sulle persone scomparse e aiuterà Kiev a raccogliere prove e impostare l’indagine del procuratore generale ucraino.
I due rappresentanti dell’Unione hanno anche annunciato che l’ambasciata europea tornerà a Kiev. Hanno preso la stessa decisione le rappresentanze diplomatiche dei paesi baltici, sulla via del rientro nella capitale.
Il problema delle armi
Intanto, resta incertezza su come i paesi occidentali continueranno ad assistere l’Ucraina. Bruxelles e i governi nazionali si sforzino a sottolineare la portata del nuovo pacchetto di sanzioni europee, che riguardano 18 entità e 217 persone, tra cui le figlie di Putin, Katerina Tikhonova e Mariya Vorontsova, ma il punto più importante per Kiev è un altro. «Ho incontrato il segretario Nato Jens Stoltenberg a Bruxelles. Sono venuto a discutere le tre cose più importanti: armi, armi e armi» scriveva in un tweet già ieri serra Dmytro Kuleba, il ministro degli Esteri.
Il premier del Regno Unito, Boris Johnson, oggi ha annunciato di voler fornire 100 milioni di sterline e altre armi anticarro e antiaeree a Kiev, ma a restare più in imbarazzo è Berlino. Il cancelliere Olaf Scholz, che pure ha definito Putin «responsabile di crimini di guerra» sta temporeggiando sull’invio di veicoli leggeri e pesanti che gli hanno chiesto gli alleati di governo, soprattutto per voce dei Verdi. Una posizione che, dopo tutti gli altri tentennamenti dall’inizio della guerra ad oggi gli sta attirando molte critiche, interne ed estere.
La posizione ufficiale del governo è che si vuole attendere una posizione condivisa con il resto dei paesi occidentali e che bisogna prendersi il tempo di scegliere le armi più utili, considerato che alcuni sistemi sono complessi e avrebbero bisogno di ulteriore tempo per essere spiegati ai militari ucraini.
Non ha invece dubbi il presidente americano Joe Biden, che condanna l’attacco missilistico alla stazione di Kramatorsk come «un’altra orribile atrocità commessa dalla Russia, che ha colpito civili che cercavano di evacuare» e assicurando di aver dato indicazioni di «non risparmiare alcuno sforzo per identificare e fornire alle forze ucraine le armi di cui hanno bisogno per difendere il loro paese».
© Riproduzione riservata