- Mentre i governi fanno scivolare la riforma dei trattati europei fuori dalle loro priorità, gli eurodeputati di cinque famiglie politiche – tutte tranne l’estrema destra – si ritrovano nell’isola di Altiero Spinelli per rivitalizzare le idee del manifesto e rilanciare il progetto di un’Europa federale. Un’opera decisamente controcorrente.
- I sovranisti l’hanno boicottata. Leghisti e meloniani l’hanno osteggiata. I governi ungherese e polacco lavorano in direzione contraria. Ma dall’altra parte, chi è rimasto, a battersi davvero per un’Unione politica, più coesa e più democratica? La grande liturgia della “conferenza sul futuro dell’Europa” è durata oltre un anno. La Francia di Macron ha dimenticato le grandi promesse. La Germania di Scholz si concentra su qualche proposta pragmatica.
- «Se non rilanciamo il progetto europeo sin dalle fondamenta, i problemi democratici non faranno che aumentare», dice l’eurodeputato socialista spagnolo Domènec Ruiz Devesa. È il promotore della “Proposta di manifesto per un’Europa federale, sovrana, sociale ed ecologica”, appena siglata proprio sull’isola, da eurodeputati del gruppo Spinelli ed esponenti della società civile.
Mentre i governi fanno scivolare la riforma dei trattati europei fuori dalle loro priorità, gli eurodeputati di cinque famiglie politiche – tutte tranne l’estrema destra – si ritrovano nell’isola di Altiero Spinelli per rilanciare il progetto di un’Europa federale. Ed è un’opera decisamente controcorrente.
L’Unione dimenticata
I sovranisti l’hanno boicottata. Leghisti e meloniani l’hanno osteggiata. I governi ungherese e polacco lavorano in direzione contraria. Ma dall’altra parte, chi è rimasto, a battersi davvero per un’Unione politica, più coesa e più democratica? La grande liturgia della “conferenza sul futuro dell’Europa” è durata oltre un anno. Nel frattempo tutti i leader europei, a turno, hanno citato pandemia, guerra, crisi climatica, energia, come buone ragioni per unire le forze. Ma alla prova dei fatti, sono rimasti in pochi a battersi fino in fondo per cambiare la governance dell’Unione europea. La Francia di Emmanuel Macron ha dimenticato le grandi promesse per strada. La Germania di Olaf Scholz, che pure aveva inserito una ventata federalista nel programma di coalizione, si concentra su qualche proposta pragmatica. Ieri da Praga il cancelliere ha detto che bisogna decidere più spesso a maggioranza.
Rileggere Spinelli
Chi immagina un’Europa federale, pensa a molto di più: più competenze, un ruolo centrale dell’Europarlamento, una governance più democratica. Chi immagina un’Europa federale si dà appuntamento in questi giorni a Ventotene. A Ventotene due oppositori del regime fascista, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, durante il loro confinamento hanno teorizzato «un’Europa libera e unita», come recita il titolo del loro Manifesto. Ed è in quest’isola – dichiarata ad aprile dall’Europarlamento «capitale storica, morale e intellettuale d’Europa» – che si dà appuntamento chi vuole rilanciare l’Unione politica. «Se procediamo con piccole modifiche dettate dalle emergenze, e non rilanciamo il progetto europeo sin dalle fondamenta, i problemi democratici non faranno che aumentare», dice l’eurodeputato socialista spagnolo Domènec Ruiz Devesa. È il promotore della “Proposta di manifesto per un’Europa federale, sovrana, sociale ed ecologica”, siglata ieri, proprio sull’isola, da eurodeputati del gruppo Spinelli che intende rivitalizzare il progetto federalista: ci sono popolari, socialdemocratici, liberali, rappresentanti dei verdi e della sinistra. E la sottoscrivono anche sindacalisti ed esponenti della società civile. «Ci sono due cose che un federalista ha sempre in mente: la guerra, e il fascismo. La guerra in Europa è tornata, e con queste elezioni italiane potrebbe tornare anche il fascismo», dice senza mezzi termini l’eurodeputato verde Daniel Freund, che presiede il gruppo Spinelli.
«Solo la lisca»
Nelle stesse ore, giovani da ogni paese d’Europa erano radunati a Ventotene per il seminario federalista. «Vale la pena ricordare qui un apologo di Hemingway. Racconta del vecchio pescatore che ha catturato il pesce più grande della sua vita, ma mentre rientra a riva se lo vede divorato dai pescecani. Anche a noi, del grande pesce resta solo la lisca. Bisogna tornare in mare aperto, e proteggerlo dagli squali». Questo è il discorso che Altiero Spinelli pronuncia, da europarlamentare, nel 1986: all’epoca bisogna rilanciare, nelle sue intenzioni, il progetto federalista, dopo una conferenza intergovernativa che culmina nell’adozione dell’Atto unico europeo. Non è solo storia, perché i giovani europeisti radunati a Ventotene tornano proprio su quelle parole. «Se non ci resta che la lisca, bisogna tornare in mare aperto, per ottenere la riforma dei trattati. La pandemia e la guerra ce lo urlano, che serve la riforma!»: così Antonio Argenziano, che è presidente dei Giovani federalisti europei (Jef Europe), parla ai coetanei assiepati nella sala polivalente per il seminario. «Non dobbiamo soltanto reagire alle crisi, ma prevenirle. I pescecani di cui parlava Spinelli non sono soltanto i nazionalisti, ma anche chi difende lo status quo!»
Destre e altri ostacoli
«Annuncio a nome dei conservatori europei che abbandoneremo i lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa». È il 30 aprile 2022 e la famiglia politica europea di cui fa parte Fratelli d’Italia, che ne ha anche la presidenza, sceglie l’indagato Carlo Fidanza per smarcarsi dal percorso partecipativo iniziato l’anno prima. Il 9 giugno, quando l’Europarlamento difende con un voto l’idea di avviare una convenzione per riformare i trattati europei, Lega e Fratelli d’Italia (i sovranisti di Id e i conservatori di Ecr) votano contro. Anche una dozzina di governi si esprime contro un percorso di riforma. Ma la speranza di assecondare le spinte dei cittadini per un’Unione più democratica, in quel punto della storia, è ancora viva. Poi però anche Macron tradisce le promesse. Inizialmente la stessa conferenza era stata concepita anche come rito preparatorio per garantire alla presidenza di turno francese un trofeo. Invece Macron, alle prese con le elezioni in Francia, fa agli eurodeputati una promessa sulla quale non investe il suo peso politico: nel vertice europeo del 23 e 24 giugno, i leader dicono sì allo status di candidata per l’Ucraina, ma ignorano del tutto la richiesta di convenzione fatta dagli eurodeputati.
Quale comunità
Tutti gli sforzi di Macron si concentrano ora sul progetto di «comunità politica», che infatti – a differenza della convenzione e della riforma dei trattati – va avanti. È nelle conclusioni del vertice di giugno, e come ha detto lo stesso presidente francese ieri, «ne discuteremo ancora, a Praga, quest’autunno». Mentre l’Eliseo punta sul lancio della communauté, intesa come «un campo politico più ampio» per far sentire subito in famiglia paesi come l’Ucraina, intanto anche a Berlino si pensa all’espansione del campo europeo. Ieri a Praga Scholz ha fatto riferimento al processo di allargamento – Kiev, ma anche i Balcani occidentali cari al suo governo – e ha detto che bisogna prepararsi al nuovo scenario. L’idea del governo tedesco è quella di fare alcuni adattamenti: ripensare la composizione dell’Europarlamento, prendere più decisioni a maggioranza invece che all’unanimità. «Questo richiede la riforma dei trattati, dunque è un primo passo nella giusta direzione», dice da Ventotene l’eurodeputato liberale Guy Verhofstadt. «Tuttavia – dice il testo firmato ieri da lui e da tanti altri – ci impegneremo per una Convenzione che vada oltre l'attuale quadro istituzionale, compreso un progetto di patto costituzionale di natura federale».
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