- Davanti a un gruppo di media internazionali, Orbán fa dichiarazioni di lealtà all’occidente. Ma non ha chiuso le porte né a Putin né tantomeno a Xi Jinping. «Se Putin vuole che paghiamo in rubli, pagheremo in rubli», dice. Più delle parole, a Budapest sono i luoghi a raccontare chi è davvero Orbán. Al ministero degli Esteri c’è una porta molto speciale che è rimasta aperta al Cremlino: è il sistema informatico del governo. Da lì Putin ha potuto aprirsi un varco sull’Ue.
- A meno di cinquecento metri dall’ex monastero dove Orbán si è fatto intervistare, c’è la International investment bank: è un avamposto finanziario russo in Europa, e l’Ungheria vi partecipa nonostante la guerra. Vale anche per il progetto nucleare condiviso con la Russia, Paks II: per il premier ungherese si esce dalla dipendenza dal gas di Mosca con il nucleare di Mosca.
- Intanto la guerra rende i rapporti con Pechino sempre più validi agli occhi di Orbán, che punta a una «alleanza di regimi illiberali». La città porta i segni anche di questo: 10mila posti letto per gli studenti verranno cancellati per far spazio a una università cinese, Fudan, e a tal fine il governo ungherese è pronto a indebitare le prossime generazioni.
Viktor Orbán trasforma Budapest nel varco di Russia e Cina in Europa


07 aprile 2022 • 06:00Aggiornato, 07 aprile 2022 • 13:35