Proposta da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi prevede di introdurre un’unica aliquota per le imposte sul reddito. Con la sua introduzione, chi guadagna 1.500 euro al mese e chi ne guadagna 50mila pagherebbero la stessa percentuale di tasse
La flat tax è la principale proposta economica presentata fino a questo momento dalla coalizione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Consiste nel sostituire le attuali imposte sul reddito, che sono più alte mano a mano che si sale nella scala dei guadagni, con un’imposta unica che abbia un’aliquota valida per tutti. Chi guadagna duemila euro al mese e chi ne guadagna 500mila pagherebbe quindi la stessa percentuale.
Le proposte
Il leader della Lega Matteo Salvini ha parlato di una flat tax al 15 per cento da implementare entro cinque anni. Silvio Berlusconi ha proposto invece un’aliquota al 23 per cento. Giorgia Meloni non ha ancora formulato il suo piano e, in generale, appare un po’ più prudente sul tema.
Né Lega né Forza Italia hanno ancora messo nero su bianco le loro proposte, che per ora sono solo di annunci da parte dei leader. Di flat tax però si parla da oltre cinque anni e varie proposte sono state avanzate nel tempo. Si possono quindi già fare delle ipotesi sui meccanismi di questo nuovo regime fiscale.
Il primo: la proposta dovrà includere esenzioni per chi ha guadagni più bassi. Entrambe le aliquote proposte da Lega e Forza Italia sono più alte di quanto pagano attualmente. Secondo le principali stime, chi guadagna fino a 23mila euro l’anno, si troverebbe a pagare di più con il sistema proposto da Berlusconi.
Per questa ragione, la proposta di flat tax sarà probabilmente accompagnata dall’estensione della cosiddetta “no tax area” e di altri strumenti per evitare che sia tramuti in un aumento di imposte per i più poveri.
Può funzionare?
Da anni tutti i principali economisti avvertono che la flat tax si può fare solo in due modi, entrambi molto complicati. Il primo è quello “a costo zero”, o quasi, che si tradurrebbe nel far pagare molte meno tasse ai più ricchi, finanziando questi sconti alzando le imposte ai più poveri. In sostanza, si tratterebbe di lasciare che tutti paghino la stessa percentuale, senza correggere il fatto che oggi chi guadagna meno paga un’aliquota più bassa del 15 per cento. Non serve specificare che questo sistema sarebbe molto impopolare.
Il secondo modo di implementare la flat tax, e quello preferito almeno a parole dai leader del centrodestra, è quello di introdurre abbastanza correttivi da far sì che nessuno si trovi a pagare più tasse di prima. In questo scenario, secondo stime di qualche anno fa, la flat tax potrebbe arrivare a costare fino a 80 miliardi di euro l’anno.
Una cifra enorme, per intendersi: superiore al costo di tutti gli interessi che l’Italia paga ogni anno sul debito pubblico. Per affrontare questa riforma ci sarebbe quindi bisogno di dolorosi tagli ai capitoli più costosi della spesa pubblica: pensioni, sanità o scuola, ad esempio.
E la costituzione?
Non ci sono solo i costi, l’altro ostacolo alla flat tax è la costituzione italiana che all’articolo 53 specifica che il sistema italiano «è informato a criteri di progressività». La progressività fiscale è esattamente l’opposto della flat tax. Significa che al crescere del reddito, i contribuenti devono pagare le imposte in modo più che proporzionale. Per questa ragione, l’Irpef, la principale imposta sul reddito, ha una serie di aliquote che crescono al crescere del reddito e che vanno dal 23 al 43 per cento.
Ma le proposte di flat tax che circolano non sono automaticamente anti costituzionali. L’articolo 53 infatti precisa che il sistema fiscale, nel suo complesso, deve essere «informato» a criteri progressivi. Cioè complessivamente il contribuente che guadagna di più deve pagare imposte in modo più che proporzionale, ma non viene stabilito in maniera assoluta che l’imposta sul reddito deve essere progressiva.
Negli scorsi anni, i sostenitori della flat tax hanno proposto vari meccanismi per rendere leggermente più progressiva la loro proposta e quindi ridurre i rischi di bocciatura costituzionale. In ogni caso, questo è un secondo problema a cui andrebbe incontro la flat tax, anche se si dovesse risolvere quello ancor più pressante di trovare i soldi per finanziarla.
In quali paesi è prevista una flat tax?
Le difficoltà economiche di implementare una flat tax e il suo fondamentale squilibrio (ricchissimi che pagano la stessa percentuale dei più poveri) fanno sì che questo tipo di imposta non sia molto diffusa. Nessuno dei paesi del G7 utilizza una flat tax come principale imposta sul reddito, né lo fa alcuno dei principali paesi industrializzati.
La lista di chi ha adotta questa forma di imposizione dipende da quanto si restringe la definizione, ma in generale si può dire che la flat tax è tipica dei paesi ex comunisti che l’hanno adottata subito dopo la caduta dell’Unione sovietica. Si tratta di paesi come Armenia, Georgia, Romania e Kazakistan.
© Riproduzione riservata