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Anche se la comunicazione ufficiale del leader continua a definire Forza Italia il baricentro moderato della coalizione, la fine della legislatura ha strappato al partito anche gli ultimi connotati di centrismo
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Il triumvirato che ha in mano le liste, composto da Tajani, Ronzulli e Fascina punta a escludere la minoranza contraria all’avvicinamento alla Lega. I posti in tutto saranno a meno di 50.
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Berlusconi correrà in cinque collegi plurinominali (il massimo possibile secondo la legge elettorale) e nell’uninominale per il Senato di Monza; Tajani farà coppia con Fascina probabilmente in altri cinque collegi plurinominali, oltre che in un maggioritario in Campania.
Le liste complete di Forza Italia alle elezioni politiche del 25 settembre arriveranno con tutta probabilità alla fine della settimana, dopo un ultimo giro sulla scrivania di Silvio Berlusconi in Sardegna.
Ieri, però, l’alleanza di centrodestra si è riunita per le ultime limature sui collegi uninominali e per calibrare le alternanze di genere secondo le ripartizioni già concordate di 98 a FdI, 70 alla Lega, 42 a FI e 11 al centro. I nomi saranno disponibili a breve, ma gli emissari dei leader si sono incontrati per arrivare al quadro finale che poi verrà approvato dai rispettivi partiti.
Il maggioritario, infatti, è un gioco a incastri importantissimo, visto che le simulazioni elettorali danno la destra vincente in più del 70 per cento dei collegi. L’attenzione è massima soprattutto da parte di Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi è in allerta per le ultime proiezioni, che lo collocano tra l’8 e il 10 per cento e dunque con pochi posti da poter strappare nei listini proporzionali.
Dunque quelli maggioritari sono decisivi per decidere chi andrà a comporre il prossimo parlamento. Il coordinatore nazionale, Antonio Tajani, ha già messo le mani avanti: «Ci saranno sacrifici». Tradotto: dagli attuali 123 parlamentari si passerà a meno di una cinquantina. Con una ulteriore novità rispetto alle liste del 2018: la quasi sparizione dei candidati moderati e liberali.
La fine dei moderati
Anche se la comunicazione ufficiale del leader continua a definire Forza Italia il baricentro moderato della coalizione, la fine della legislatura ha strappato al partito anche gli ultimi connotati di centrismo. Il partito ormai in declino rispetto al 25 per cento dei primi anni Duemila, nell’ultima legislatura si è polarizzato su due anime: da un lato i liberali che considerano necessario un polo autonomo nell’alleanza di centrodestra; dall’altra i molti eletti al nord con la sponda della Lega, che invece ritengono che la strada maestra sia una sempre maggiore stretta tra i due partiti con la guida di Matteo Salvini. Quest’ultima posizione, pur se più pagante dal punto di vista elettorale, mette in discussione l’orientamento atlantista ed europeista radicato nel Ppe che aveva caratterizzato la FI delle origini, e proprio su questo si è consumato lo scontro interno.
La frattura, sempre più crescente, è esplosa con la crisi del governo Draghi, che è coincisa con l’addio al partito dei tre ministri moderati Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini e con loro del nucleo di parlamentari contrari allo scioglimento nella Lega. Questo ha fatto sì che la componente “filo-leghista”, guidata in particolare da Licia Ronzulli (protagonista di un durissimo scontro in aula con Gelmini) egemonizzasse il partito, forte di un filo diretto con Berlusconi e del suo personale appoggio.
Proprio questo si riverbera nella composizione delle liste, saldamente nelle mani del trio composto da Antonio Tajani, Licia Ronzulli e Marta Fascina, che è anche compagna dell’ex Cavaliere. Sono loro a scremare, escludere e confermare i nomi e, nel procedere al doloroso taglio anticipato da Tajani, i primi a cadere sono stati i nomi dei parlamentari vicini ai tre ministri traditori e quindi della minoranza interna.
Sicuramente non ci saranno, quindi, i parlamentari Roberto Caon, Giuseppina Versace, Claudia Porchietto, Carlo Giacometto, Anna Lisa Baroni e Roberto Novelli, Paolo Russo, Luigi Casciello, Marzia Ferraioli, Rossella Sessa, Antonio Pentangelo, Andrea Cangini e Laura Stabile, molti dei quali si sono trasferiti in Azione insieme alle ministre Carfagna e Gelmini. Una parte consistente della “quota” moderata di FI, poi, è passata con altre forze della coalizione: per citare solo due nomi, l’ex Dc, Gianfranco Rotondi, sarà con tutta probabilità candidato nei collegi lasciati ai centristi tra quelli di FdI; Gaetano Quagliariello è da tempo confluito nel progetto centrista di Giovanni Toti.
Ai rispettivi collegi hanno rinunciato anche parlamentari moderati di lungo corso come Renato Schifani – candidato presidente in regione Sicilia – e Adriano Galliani, che ha scelto di dedicarsi solo al Monza in serie A. In bilico per la riconferma per l’ottava legislatura è anche l’ex ministra Stefania Prestigiacomo. Nelle chat di Forza Italia, infatti, circola la paura soprattutto tra i parlamentari di lungo corso, fedeli al Cavaliere già nel 1994 e che ora temono di ricevere la richiesta di passo indietro dal nuovo triumvirato.
Se in questo momento è più facile stilare un elenco degli assenti, alcune conferme già ci sono: Berlusconi correrà in cinque collegi plurinominali (il massimo possibile secondo la legge elettorale) e nell’uninominale per il Senato di Monza; Tajani farà coppia con Fascina probabilmente in altri cinque collegi plurinominali, oltre che in un maggioritario in Campania.
Posti certi agli uninominali sono previsti per i capigruppo Paolo Barelli e Anna Maria Bernini, un altro sarà dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Ronzulli, che ora è anche coordinatrice in Lombardia, ha un collegio assicurato nella sua regione. Pochissime le altre certezze, che dovranno concretizzarsi nelle prossime ore, in cui l’epurazione della vecchia guardia moderata sarà portata a termine in vista del prossimo parlamento.
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