- Il 15 luglio scorso Bruno Tabacci ha detto degli investimenti pubblici nello spazio: «Sono soldi da spendere con grande efficacia, trasparenza ed onestà, senza seguire i precedenti esempi cattivi».
- Pochi giorni dopo Domani ha illuminato il buon esempio che Tabacci contrapponeva a quelli cattivi. Il 1 luglio aveva preso servizio proprio in Leonardo suo figlio Simone, assunto come quadro.
- Le sue dimissioni a metà, in realtà una bocciatura che gli ha tolto il grosso del potere, sono solo uno dei casi che stanno mettendo in difficoltà Draghi, alle prese con diverse nomine inopinate.
Il 15 luglio scorso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Bruno Tabacci ha messo agli atti dichiarazioni incaute che, alla luce degli sviluppi successivi, spiegano l’imbarazzo del premier Mario Draghi. Parlando degli investimenti pubblici in rampa di lancio per l’industria dello spazio – 6,6 miliardi equamente divisi tra Agenzia spaziale italiana (Asi), Agenzia spaziale europea (Esa) e Pnrr – Tabacci ha affermato: «Sono soldi da spendere in maniera accurata, con grande efficacia, trasparenza ed onestà, senza seguire i precedenti esempi cattivi». L’ex governatore della regione Lombardia, politico di lungo corso che sta per compiere 75 anni, non ha detto quali fossero i cattivi esempi ai quali alludeva. Ma in Italia notoriamente i soldi per lo spazio li spendono l’Asi e la Leonardo-Finmeccanica, colosso delle armi di cielo mare e terra controllato dallo stato. E pochi giorni dopo Emiliano Fittipaldi sulle colonne di questo giornale ha illuminato il buon esempio che Tabacci contrapponeva a quelli cattivi.
Il 1° luglio aveva preso servizio proprio in Leonardo suo figlio Simone, assunto come quadro. Nel frattempo Tabacci stava trattando con l’Asi l’assegnazione di un contratto di ricerca per il suo capo delle segreteria tecnica Carlo Romano (da molti anni anche suo portavoce e tesoriere del suo partito, il Centro democratico) che avrebbe dovuto occuparsi del monitoraggio della spesa dei fondi assegnati dal governo. Dopo alcuni giorni di serrate polemiche, Tabacci è stato costretto a rimettere nelle mani di Draghi la delega allo spazio, che adesso verrà girata a un ministro senza portafoglio, forse il titolare dell’Innovazione Vittorio Colao.
Dimissioni a metà
Le dimissioni a metà di Tabacci, in realtà un’umiliante bocciatura che gli ha tolto il grosso del potere connesso a quella poltrona, sono solo uno dei casi che stanno mettendo in difficoltà Draghi, alle prese con una raffica di nomine inopinate fatte da suoi ministri e collaboratori. Come se non bastassero le rogne serissime istituzionalmente connesse alla carica di presidente del Consiglio.
Lo stesso Tabacci ha chiamato l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero a far parte del Consiglio d’indirizzo che dovrà aiutarlo a titolo gratuito a orientare la politica economica del governo. In realtà Tabacci non orienterà granché, come vedremo, ma la nomina della competentissima economista, che firmò la riforma delle pensioni del governo Monti ed è per questo da dieci anni nel mirino della Lega, non ha certo oliato i già accidentati rapporti tra il governo e Matteo Salvini. Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha scelto come consigliere giuridico (modicamente retribuito) il giornalista Renato Farina, alias agente Betulla, celebre per i servizi (modicamente retribuiti) resi ai servizi segreti all’epoca di Niccolò Pollari e del suo braccio destro Pio Pompa. Notevole anche lo scivolone della scelta di Ugo De Carolis come nuovo amministratore delegato dell’Anas. L’ex numero uno degli Aeroporti di Roma ha dovuto rinunciare “spontaneamente” ancora prima della nomina, travolto dalle polemiche sulla sua provenienza: è universalmente considerato uomo dei Benetton e soprattutto di Giovanni Castellucci, l’ex numero uno di Atlantia a sua volta universalmente considerato il responsabile per antonomasia del crollo del ponte Morandi.
Le impronte di Giavazzi
Alcuni osservatori attenti giurano di aver visto nel caso De Carolis le impronte digitali di Francesco Giavazzi, famoso economista e grande amico di Draghi che in questo momento siede a palazzo Chigi come consigliere economico. Accademico di vaglia poco avvezzo alla navigazione nei marosi romani, Giavazzi sembrerebbe non aver considerato a dovere l’effetto boomerang di quella designazione che qualsiasi edicolante del centro di Roma gli avrebbe potuto tempestivamente segnalare. Così come Tabacci, stranamente per un uomo della sua abilità ed esperienza, non ha vagliato a dovere l’ipotesi che destasse scandalo l’assunzione nel colosso industriale pubblico dell’aerospazio del figlio del sottosegretario con delega allo spazio.
Anche Tabacci è amico per la pelle di Draghi dai primi anni Ottanta. Il primo era capo della segreteria tecnica di Giovanni Goria, ministro del Tesoro nel governo Craxi (1983-1987), il secondo era consigliere economico. Questo dettaglio aiuta a capire il grottesco svolgimento e la singolare conclusione della vicenda. Quando Domani pubblica la notizia dell’assunzione di Simone Tabacci ci sono reazioni stravaganti. Il ministro del Tesoro, Daniele Franco, azionista di controllo di Leonardo, chiede spiegazioni all’azienda. La quale fa sapere di aver selezionato Tabacci figlio attraverso una società di cacciatori di teste.
Curioso dover notare che un gruppo che ha in portafoglio decine di società acquistate in tutto il mondo e 50mila dipendenti di cui oltre 6mila quadri non è stato in grado di individuare al suo interno un quadro tra i 6mila che avesse esperienza nel cosiddetto merger & acquisition (fusioni e acquisizioni). Ancor più curioso che uno dei 6mila quadri, Tabacci junior appunto, che ha sopra di sé 1.237 dirigenti, fa dichiarazioni alla stampa come se fosse un amministratore delegato: «Nello svolgimento delle mie funzioni presso Leonardo naturalmente mi asterrò dal partecipare a qualsiasi attività connessa alle materie concernenti la delega di governo attribuita a mio padre relativa allo spazio».
Non è un fatto da poco. Pensate se tutti i 6mila quadri di Leonardo facessero comunicati stampa per dire che cosa faranno e che cosa si asterranno dal fare nelle loro giornate lavorative.
Ma è proprio questo dettaglio paradossale a illuminare il pasticcio in cui Tabacci senior ha ficcato non solo il governo ma anche il numero uno di Leonardo, Alessandro Profumo. Il quale sta da tempo antipatico alla Lega che infatti ne ha subito chiesto le dimissioni, non invocando quelle di Tabacci come ha fatto invece la deputata Silvia Fregolent a nome di Matteo Renzi.
La conclusione scelta da Draghi va dunque interpretata come segnale per tutto il governo. Ufficialmente Tabacci ha preso la decisione “irrevocabile” di rimettere la delega allo spazio, e Draghi gli ha confermato «fiducia e stima, invitandolo a proseguire nel lavoro di delegato al coordinamento della politica economica e alla programmazione degli investimenti pubblici di interesse nazionale e di segretario del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess)».
Un segnale per tutti
Considerando che un coordinamento di qualcosa non si nega a nessuno e che il Cipess, nuovo nome dell’un tempo potentissimo Cipe, ha perso ogni competenza sui miliardi del Recovery plan, Tabacci ha salvato faccia e poltrona, ma non il potere.
L’impressione è che Draghi non perdoni chi fa fare brutte figure al suo governo, anche se è amico da una vita.
© Riproduzione riservata