- L’idea che la sonnacchiosa politica italiana non abbia ancora realizzato la vicinanza delle europee 2024 è presto smentita se ci si trattiene nei corridoi dell’Europarlamento.
- Da qui arriva lo scenario di uno Stefano Bonaccini con un destino europeo: candidato come eurodeputato, anzi di più.
- Capolista, nella circoscrizione del Nord Est, la stessa che elesse nel 2019 l’ormai divorziato dal pd Carlo Calenda.
L’idea che la sonnacchiosa politica italiana non abbia ancora realizzato la vicinanza delle europee 2024 è presto smentita se ci si trattiene nei corridoi dell’Europarlamento. Da qui arriva lo scenario di uno Stefano Bonaccini con un destino europeo: candidato come eurodeputato, anzi di più. Capolista, nella circoscrizione del Nord Est, la stessa che elesse nel 2019 l’ormai divorziato dal pd Carlo Calenda.
Nella galassia piddina europea e nazionale lo scenario è dato per assodato da molti, ma nessuno lo dichiara a microfono acceso: i tempi sono prematuri per un annuncio. E Bonaccini? Interpellato da Domani, si trincera dietro un «non commento», e fa passare il messaggio più rassicurante che ha in mano: è totalmente dedito al suo incarico di governatore emiliano.
Del resto per i malmostosi che gli contestano l’attitudine – come definirla – troppo costruttiva nel dopo primarie con Schlein, la notizia di una catapulta europea per il leader d’area suonerebbe come un innesco micidiale, verrebbe usata a mo’ di controprova. Quindi dovremo aspettare ancora perché lo scenario appaia nel suo nitore; le elezioni europee sono a giugno 2024, le liste vanno presentate quella primavera.
Non vuol dire certo che le si pensi all’ultimo: Elly Schlein ci sta già ragionando. È più che un semplice pensiero, il suo: è il vero rompicapo del momento, perché saranno proprio le europee il suo banco di prova da segretaria. È lei in persona a gestire il passaggio, a tenere le redini: l’operazione Bonaccini in Ue non è intesa a suo discapito. E smuove le dinamiche nella terra di battesimo politico di Schlein: l’Emilia.
Lo scenario Bonaccini in Ue
Stefano Bonaccini è stato eletto presidente di Regione in Emilia-Romagna la prima volta alla tornata del 2014, passata alla storia anche per il crollo di votanti (solo il 38 per cento).
Dopo il suo primo mandato, arrivati al nuovo voto per le regionali 2020, la storica regione rossa è stata attraversata dallo spauracchio di una vittoria della destra, nonostante Lucia Borgonzoni – la competitor proveniente dalla Lega – fosse già stata sconfitta in precedenza, da candidata a sindaco di Bologna. Tra ondate di sardine e furore di popolo, l’avanzata a destra è stata arginata e Bonaccini si è garantito anche il secondo mandato.
L’Emilia-Romagna deve tornare al voto a inizio 2025. Ma un terzo mandato in regione per Bonaccini, allo stato delle norme, è escluso. Qui subentra lo scenario europeo, del quale vanno chiariti i connotati.
Anzitutto, non si tratta di un esilio politico – non è un promoveatur ut amoveatur – ma semmai di un piano che circolava come nobile pure se Bonaccini fosse stato eletto segretario. Al momento, il governatore è presidente del partito, incarico certamente di prestigio, ma che gli lascia margine di manovra. Inoltre lo spirito dell’operazione non sarebbe quello di ostacolare Schlein da Strasburgo o Bruxelles. La segretaria punta sulle europee – e quindi tantopiù su capolista attrattivi sul territorio – per passare a pieni voti il primo grande test elettorale.
Certo, nel giorno di una ufficializzazione della candidatura bonacciniana, verrebbero a galla con ogni probabilità i malumori di chi – tra coloro che hanno sostenuto il governatore alle primarie – gli hanno poi recriminato posizioni troppo cedevoli con Schlein: un «accordo al ribasso» era stato lamentato, come raccontato da Domani, sia da componenti di base riformista che da giovani turchi.
Cosa succede in Emilia
C’è una interessante modifica legislativa che è stata introdotta guarda caso proprio di recente, nel secondo mandato di Bonaccini, e che garantisce – in caso di sue dimissioni prima del termine – che la giunta possa procedere senza il bisogno di elezioni anticipate.
Nell’estate 2022 il consiglio regionale ha modificato all’unanimità la legge 21 del 2014 in modo da stabilizzare il quadro per il futuro: mentre nella versione precedente, sciolta l’assemblea, si andava al voto entro due mesi, ad oggi in caso di dimissioni di Bonaccini – magari proprio per le europee 2024? – la regione verrebbe traghettata dalla vice, che è Irene Priolo, impegnata sul territorio da ormai un ventennio (ha cominciato coi Ds nel 2005), sposata col deputato Andrea De Maria, come lei maggiorente dem emiliano.
E poi, una volta arrivati al 2025 delle regionali? L’eurodeputata Elisabetta Gualmini pareva aver già lanciato la candidatura oltre l’ostacolo: a fine marzo, presentando il suo libro “Mamma Europa” a Bruxelles, era finita sull’Ansa; l’agenzia recitava così: «Annuncia che si candiderà alla guida della regione a patto che la piattaforma non sia radicale e includa i moderati».
Non è affatto detto – né probabile – che Schlein voglia puntare su un profilo così “moderato” nella sua regione. La mossa è parsa prematura a molti, ed evidentemente poi a Gualmini stessa: oggi, interpellata da Domani, l’eurodeputata conferma l’impostazione – «serve una coalizione larga, aprirsi ai moderati è essenziale» – ma su tutto il resto esibisce ora prudenza. «In verità non ho lanciato alcuna campagna con un tale anticipo da Bruxelles», dice. «Fra due anni vedremo cosa succederà».
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